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San Paolo: torna a nuova vita dopo i restauri

Venerdì (scorso) a mezzogiorno è un momento storico per la chiesa di San Paolo Apostolo, lo splendido edificio di via Mameli di fronte al Municipio (dove una telecamera di Bebbe Rovera è già al lavoro per il ‘‘caso Eternit’’). I muratori stanno infatti togliendo il ponteggio esterno alla chiesa che segna la conclusione di un lungo ciclo di interventi per una spesa complessiva di quasi un milione di euro. Per la facciata in particolare la spesa è stata di 35 mila euro con un contributo di seimila dal Comune cui si aggiungono altri 2.500 da famiglie casalesi. Come ci spiega, appena arrivato a cavallo della sua bici don Paolo Busto prima amministratore poi rettore di San Paolo (era la chiesa dei Camilliani) i lavori hanno interessato tutta la chiesa e le sue pertinenze. Tra l’altro è forse il primo edificio sacro casalese dotato di impianto energetico fotovoltaico. I lavori per la parte artistica sono stati eseguiti da Luca Pagella sotto attento controllo della Soprintendenza. Le statue in facciata sono tornate all’antico splendore, in particolare quella della Madonna di Loreto nella parte più alta. Sono state usate malte speciali e fissativi grigliati. La parte muraria è stata affidata all’impresa di Sergiu Strisca (’’moldavo che ha lavorato benissimo’’, commenta il rettore) progettista e direttore dei lavori l’ing. Umberto Coppo. A lavori completati (‘‘ci sono ancora centomila euro da pagare ma c’è la Provvidenza...’’, una raccolta verrà effettuata nel corso della Messa di Natale officiata dalle 22 di sabato) il rettore ha ancora un piccolo sogno: quello di dare alle stampe una Guida con la storia dell’edificio sacro e dei suoi beni preziosi. Iniziata nel 1586 su disegno dell’architetto milanese Lorenzo Binago, padre barnabita, la chiesa a croce greca, fu consacrata il 12 novembre 1595 e officiata con l’annesso collegio, ora scuola elementare di Stato, fino al 1802, anno della soppressione napoleonica dai padri Barnabiti. Sulla facciata oltre alla Madonna di Loreto, statue di San Pietro, San Paolo, San Carlo Borromeo e Sant’Alessandro Sauli. L’altar maggior in marmo e ornamenti in bronzo dorato è opera di Vincenzo Pelagatta di Viggiù (1744). All’interno opere pittoriche di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (sec. XVII): Decollazione di San Paolo, Assunta, San Matteo e l’Angelo e la Vocazione di Matteo; del casalese Giorgio Alberini (sec XVII): la Conversione di San Paolo con stemma araldico della famiglia Gonzaga e ritratto del donatore, duca Vincenzo II Gonzaga; del bolognese Ercole Graziani: San Carlo Borromeo che consegna la nomina a vescovo di Aleria a Sant’Alessandro Sauli (1745). Citazione per la Vocazione di San Paolo (1598) opera del fiammingo Francesco Van Casteel. Dietro all’altar maggior formella in marmo bianco la Vergine con il Bambino, ricorda Raffaello. Sempre all’interno della chiesa, sul lato destro, vi è la Casa di Loreto, aperta nel 1645. Nella sacrestia i mobili preziosi e soffitto con stucchi restaurati e indorati dal Vignoli. L’organo è un Franzetti di Ivrea (1859). Un patrimonio prezioso è dato da una serie di lapidi (v. altro articolo) che ricordano personaggi importanti della storia cittadina, tutte sono corredate da una scheda didattica, un piccolo suggerimento con poca spesa sarebbe il caso di renderle più leggibili con un piccolo restauro. Archivi di pietra Spargere qualche fiore sopra la tomba di coloro fra i Medici Piemontesi, i quali coll’opera o con gli scritti si resero in particolar modo benemeriti della patria, dell’umanità, e della repubblica letteraria: difendere o porre in più chiara luce i sacri loro diritti all’estimazione dei dotti, ed alla riconoscenza nazionale, diritti troppo finora o ingiustamente negletti o male apprezzati: presentare coll’appoggio di una concisa analisi delle principali opere loro un quadro ragionato dei progressi delle scienze Mediche e naturali in questi Regii Stati; e porgere così alla ben nata e studiosa gioventù ampio argomento di nobile emulazione; tale si è lo scopo della Biografia Medica Piemontese”. Così scriveva Giovanni Giacomo Bonino nell’introduzione del primo volume della sua “Biografia medica piemontese” dedicata al celebre Michele Buniva di Pinerolo, suo insegnante alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino e propugnatore della vaccinazione antivaiolosa in Piemonte. Terra ricca di ingegni letterari e scientifici, la regione subalpina annovera tra i suoi figli più cari anche illustri medici che non temono il confronto con i paesi d’oltralpe, anche se la negligenza dei padri nella raccolta e nella trasmissione delle loro notizie biografiche ha reso difficile il compito degli studiosi, in particolare per quanti esercitarono a lungo la professione in paesi stranieri. E’ questo il caso del medico casalese Pietro Mattia Morone (1594-1646), originario di Ponzone, antico castello dell’Alto Monferrato, la cui biografia è indicata da Giovanni Bonino in questi termini: “Protomedico nel ducato di Casale, uomo dotto e di molta esperienza, meritò di essere eletto a Medico di Lodovico XIII Re di Francia. Egli ottenne probabilmente questo titolo nel 1640, epoca in cui il conte d’Harcourt si rese padrone delle piazze principali del Monferrato. Morì nel 1646, in età di 52 anni, lasciando le opere seguenti: Modo di preservarsi dalla peste, Casale 1630 e Directorium medico-praticum, Lugduni 1647 in 8; Ibidem 1659 in 8; Francofurti 1663 (con alcune aggiunte di Sebastiano Scheffero)”. Nell’ultima edizione dell’opera pubblicata a Francoforte sono ricordati alcuni nomi della bibliografia storica sul diabete, tra cui il celeberrimo chirurgo fiorentino Guido Guidi (1508-1559), medico a Parigi di Francesco I e primo docente di medicina al “Collége de France”, e del marchigiano Orazio Augenio (1527-1603) docente in molti atenei italiani. Mattia Morone morì a Casale e fu sepolto nella chiesa di San Paolo Apostolo, a destra della porta d’ingresso, dove riposa sotto un elegante epitaffio con lo stemma gentilizio della famiglia (la pianta di gelso che in latino suona “morus”, termine rimasto anche nel nostro dialetto) e il seguente elogio sepolcrale: “Fermati o viandante. Piangi il destino di Mattia Morone eccel[lentissi]mo protomedico del Monferrato, che i Serenissimi Principi difensori amarono, che il Re Cristianissimo nominò suo medico e consigliere. Anche l’Europa desiderando questi consegnato a sé nel tempo, piange di non potersi gloriare dello splendore del Morone. Morì nell’anno 1646 ai 6 di novembre, cinquantaduesimo dell’età sua”. In chiesa, “all’ombra degli altari e dentro l’urne”, altri archivi di pietra ricordano la dimora estrema del senatore mantovano Marco Aurelio Camurati, deceduto nel 1637; del marchese Antonio Gozzani di San Giorgio che aveva sostenuto per metà la spesa dell’altare maggiore e del figlio Giovan Battista; della nobildonna Violante Bobba di Provana, deceduta nel 1585, sepolta con il figlio Emilio Provana; di Giacomo Natta, marchese d’Alfiano, scomparso nel 1714; del conte Angelo Francesco Suardo, oriundo di Fubine, morto cinquantenne nel 1692; di Felice Pesio da Arignano, presidente del Tribunale di Casale, morto nel 1759 ed infine dei marchesi Giovanni e Francesco Mossi sepolti accanto alle rispettive mogli, Fulvia Fassati e Paola Cristina Maria Falletta-Barolio, matrone della Regina di Sardegna. Riportare alla luce queste importanti testimonianze storiche del passato, che appartengono a tutti i casalesi indipendentemente dalla loro fede religiosa, significa realizzare un fine da condividere e incoraggiare.

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Marco Imarisio

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