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"Rosso Vivo": pittori monferrini al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino

“Rosso Vivo” è un progetto d'arte coordinato dall’Ecomuseo della Pietra da Cantoni, terzo episodio nell’ambito di “ARTE & NATURA”, e sostenuto dalla Tenuta Santa Caterina e dalla Tenuta la Tenaglia; è stato ipotizzato come trait d'union fra il "ROSSO",  vino principe per eccellenza del Monferrato, e alcuni artisti che hanno dimora tra i vigneti di questa terra. Il legame con questo territorio si identifica attraverso diverse sensibilità che si ritrovano intorno ad un tema che li accomuna, il convivio di diverse specificità nello spirito di un costante dialogo in evoluzione. Dopo i suggestivi allestimenti a Moleto, frazione di Ottiglio e a Casale Monferrato nel prestigioso Palazzo Vitta lo scorso settembre,  la mostra approderà a Torino nelle sale del Museo Regionale di Scienze Naturali in via Giolitti 36 con inaugurazione giovedì 17 gennaio alle ore 17 30. Conoscere il ROSSO, non solo assaporandone un calice, ma anche scoprendolo attraverso il racconto pittorico di Lucia Caprioglio, Ilenio Celoria, Piero Ferroglia, Michelle Hold, Andrea Massari, Davide Minetti, Piergiorgio Panelli, Petra Probst, Bona Tolotti, Daniela Vignati, Alessandra Winterberg e scultoreo di Giò Bonardi e topylabrys. In questo caso la positiva interazione tra espressione artistica e territorio viene sottolineata dalle parole introduttive del Prof. Francesco Tedeschi: “L’uso del colore rosso come motivo caratterizzante di opere pittoriche e fotografiche che guardano alla natura dei luoghi, che risentono dei caratteri di un paesaggio e delle sue qualità di storia, di bellezza, di vitalità, come si può riconoscere nell’insieme delle realizzazioni degli autori raccolti in questa mostra, uniti dalla passione per le colline del Monferrato, non può essere unicamente segno di aspirazione all’impossibile, di devozione a un’idea astratta, ma uno dei modi per riportare l’immediato piacere della creazione ai suoi istinti più profondi, verso quel tanto di passione, di scavo, di condivisione con la natura e con lo spirito che l’azione artistica sempre impone. Le diverse tonalità e soprattutto le diverse condizioni attraverso le quali il colore rosso prende forma, si anima, diventa filtro per osservare le cose, centro di un’attrazione visiva e percettiva, sono esplorate con sensibilità e libertà.” Tra gli altri relatori dell’iniziativa segnaliamo l’intervento dell’Assessore alla Cultura del Comune di Ozzano Laura Beccaria, rappresentante dell’Ecomuseo della Pietra da Cantoni per il  progetto “ARTE & NATURA”, Francesca Liotta con “Sublimazioni del rosso” e  i suoi testi critici per ogni artista ed Elisabetta Raviola, autrice di un testo particolare dalla duplice lettura, “ROSSO” per l’appunto. Nel complesso ne nasce una visione mai univoca, dove il colore viene rappresentato con tonalità a volte inaspettate e le declinazioni più svariate. A rappresentare il trait d’union con il vino, eccellenza del Monferrato, ogni artista si è simbolicamente accostato ad una bottiglia di vino, scelto in base alle caratteristiche organolettiche tra quello dei produttori che sostengono l’iniziativa, Tenuta La Tenaglia e Tenuta Santa Caterina. Anche nel 2013 “ROSSO VIVO” manterrà, come per le passate edizioni,  le caratteristiche di un’esposizione itinerante, approdando successivamente a Milano, Napoli ed in seguito presso la sede dell’Istituto Italiano di Cultura a Colonia. Ma ecco gli artisti. Davide Minetti “Kulu Sé MaMa” Con quest’opera ad olio, Davide Minetti torna ad un importante e noto ciclo della sua pittura – quella astratto-informale, in cui tanto ebbe a sperimentare i rossi – tralasciata negli ultimi anni per dar vita all’altrettanto importante ciclo delle Brume e delle Terre del limite, di natura figurativo-astratta. Nella sua mai venuta meno convinzione di quanto ancora abbiano da dire l’Informale e l’Astrazione, nella sua personale ricerca in seno ad essi del rapporto potente tra musica e pittura, tra vibrazione e segno, presenta per il progetto Rosso Vivo, un lavoro dedicato ad un padre spirituale del jazz, John Coltrane. Si fondono concetti essenziali nella poetica di questo artista alessandrino:  l’Africa (di Coltrane, del jazz) come radici; il rosso come terra e linfa vitale; il tempo come musica. Ecco che la pittura diventa allora pittura di radici, mentre il tempo diventa musica vermiglia, rossa, scarlatta. L’arcaico ritorna nella rappresentazione soggettiva della realtà, che è propria della pittura astratta. La luce inaspettata che irrompe costantemente nei dipinti di Davide Minetti (così in quest’ultimo, una piccolissima campitura gialla) e che caratterizza il suo lavoro dalla prima giovinezza, è la resa perfetta della nota improvvisata propria del jazz.   Piero Ferroglia “Nel vento” Nelle caratteristiche pitture di Piero Ferroglia, dove il colore svolge la sua narrazione tra interiorità e natura, non svilito dai frequenti inserimenti lignei o metallici, ravvisiamo quasi sempre accompagnarsi possenza e leggerezza. Un’opera ossimorica la sua (lo abbiamo visto perfettamente nel lavoro presentato nel progetto precedente) che obbedisce però ad un’equivalenza di considerazioni scaturenti la poetica: l’interrogazione sulla natura equivale all’interrogazione sull’uomo. Indagando essa, indaghiamo noi stessi. Nel vento presenta al massimo grado quella levità di cui abbiamo accennato, quasi la ricerca fosse tenue e silenziosa. E’ un’opera che fa dimenticare l’impiego dei materiali pesanti utilizzati dall’artista torinese, la quale addirittura ricorda la grazia e la purezza della migliore scuola pittorica giapponese. Troviamo anche una sorta di  naturalismo alla Juaquin Vayreda, quando affidava ai colori terrosi la sua descrizione del paesaggio. Ferroglia affida al rosso il legame con l’esperienza climatica, lascia che rosso e lembi di natura volteggianti e rincorrentesi – personalissime foglie –alleggeriscano l’umanità nell’aria. Tapylabrys "L'orto della sensualità" L’eclettismo dell’artista milanese tapylabrys, tra pittura astratta, scultura, installazione, approda da alcuni anni al singolare progetto Arte da mangiare, di cui è creatrice e responsabile e per cui, con l’associazione omonima, dà vita ad iniziative e mostre in cui affronta, attraverso l’arte, il rapporto (spesso travagliato) tra corpo e spirito, cibo come vivanda e come nutrimento spirituale. Aderendo a Rosso Vivo, porta avanti il tema dell’Orto della Bellezza, qui nello specifico, Orto della sensualità. Sintesi del rapporto corpo-spirito, cibo-mente è il rosso, accolto dal nero come ingerenza e nuova forma di vita insieme. La polisensorialità elaborata dall’artista all’anagrafe Ornella Piluso -  centrale in avvenimenti importanti quali La Giornata Mondiale dell’Alimentazione (Milano, 2011), l’ultima Triennale di Milano, piuttosto che le varie ed internazionali iniziative dell’Accademia del Profumo – rientra in qualche modo, nell’opera qui proposta. Un’astrazione in grado di trasmettere, con la vista, implicazioni proprie degli altri sensi. Tra etica e fashion, tapylabrys non demorde. Michelle Hold “Passionately” Non è stato difficile per Michelle Hold caricare il rosso di uno dei suoi significati più condivisi quello di passione (impulso), travaglio (sofferenza). Platone collocava nell’anima concupiscibile le passioni che fanno tale anima esposta a spinte pericolose e a sofferenze. Nell’opera astratta acrilica di pigmenti su tela per Rosso Vivo, la Hold si pone subito con una presa di posizione che affida al titolo. Anche nel suo studio-laboratorio nel Monferrato casalese, è facile imbattersi in numerosi esempi di rosso: non solo i pigmenti sulle tele, ma anche i vivaci tessuti da lei disegnati (la moda è stata la sua prima vocazione). Questo per Michelle è quello che Leibniz chiamò un desiderio cosciente. Ma vi è un’inquietudine, insita ne desiderio non ancora cosciente. E’ quel misterioso amore per l’arte, in Passionately: il velo del mistero reso dal bianco che aleggia sull’istinto all’arte, rappresentato dal rosso che si estende scuro, in qualche tratto debitore al nero, vivido dominante nella campitura centrale, quasi inspiegabile. Più che frequentemente l’astrazione della Hold è rilettura della natura. Come l’arte appartiene a quell’imperscrutabile sentimento, a quel misterioso amore di cui la passione è una delle anime possibili.   Piergiorgio Panelli “Terra Nuova” Piergiorgio Panelli, artista più che radicato nella terra del Monferrato - con una produzione pittorica, poetica e critica che si potrebbe sintetizzare in una sorta di sentimento del paesaggio -  per Rosso Vivo, è intervenuto creando una forma di straniamento in chi conosce e la sua cultura del territorio e il suo leitmotiv del blu. Con il blu ha caratterizzato e quasi letteralmente siglato centinaia di lavori. Vi ha compreso le sue astrazioni acriliche che tante volte sono apparse quali scene di anime (l’anima sempre presente all’autore, anche in quest’ultimo lavoro Rosso puro sul bianco dell’anima) e luoghi sottostanti ad uniformi ed estese campiture quando non interrotti da colature dello stesso colore.  Al blu ha sempre affidato quel “qualcosa di morlottiano” osservato per lui da Carlo Pesce. Aderendo al progetto sul Rosso, Piergiorgio Panelli compie tre apprezzabili defezioni: affida a quest’altro colore primario il compito di entrare in contatto con l’anima e con l’anima mundi; svolge insolitamente la sua rappresentazione nel cerchio; il cerchio diventa simbolo non del Monferrato o di una regione specifica, ma della terra. Terra che è nuova, all’autore stesso il quale ha individuato nel rosso la forza di un cambiamento.   Petra Probst “Vento solare“ a bruciarmi è stato il sole L’interpretazione dell’acqua da parte di Petra Probst in Le sorgenti sorelle mie (ne Il sogno dell’Acqua) quale primigenio elemento fraterno fa ben comprendere quanto la vasta cultura dell’artista, la sua apertura mentale resa ancora più possibile da una residenza davvero europea e dalla sua mission interculturale (ne sono prova gli importanti progetti che gestisce), la sua sete (ne è simbolo l’acqua) di mondo, confluisca nella sua opera. Con la nuova serie sul rosso, Vento solare, Petra va ad attingere nuovamente al remoto, alle origini più profonde: il Primo Poema del Cantico dei Cantici (con il tema a bruciarmi è stato il sole). Da qui il senso del fuoco, di cui il rosso ardente è vera e propria visualizzazione. Messaggio che il sole, nel vento, porta ai giorni nostri. Continuità e coerenza anche con il ciclo di lavori pittorici Kandahar, dedicato alle donne uccise in Afghanistan (stop femicide). Ritengo che Petra Probst stemperi e sublimi, in questi casi,  una lacerante sofferenza di genere. E/o tracci, una linea poetica, sempre di genere, anche in Vento solare, di cui ho avuto modo di vedere gli schizzi preparatori: il fondamento filologico è rintracciabile nel rosso; schizzo per schizzo, vi si possono leggere i versi del Cantico.   Andrea Massari “Passaggio” La storia che Kant definì ininterrotta geografia, si fa in quest’ultimo dipinto di Andrea Massari narrazione astratta dello spazio che diventa tempo e viceversa, del tempo che diventa spazio. Agli antipodi da un’elaborazione concettuale con riferimenti logico-semiotici, la ricerca di Massari si fonda invece su assunti letterari. Il dato biografico triestino che gli è proprio per parte di madre spiega meglio di ogni altro la fusione luogo- durata, nonché quello arte-letteratura. Le intellighenzie triestine del Novecento che componevano un mosaico perfetto di cultura europea, facevano di Trieste (luogo privilegiato per posizione geografica e bagaglio storico) il terreno più fertile di un dibattito fondamentale sulle arti tutte per gli sviluppi successivi. Andrea Massari trasferisce queste radici e gli sviluppi di queste radici nella sua pittura, dove il colore tra grumi (che ci appaiono come nodi del tempo) e distese campiture (libere ipotesi di spazio) è protagonista. Emblematico il titolo dell’opera presentata: Passaggio. Da Trieste (città di aperture e vi vediamo  il suo mare negli azzurri centrali) al Monferrato (dimora attuale di Massari, terra di tramonti almandini) attraverso il tempo che dilegua. Bona Tolotti “Chueca” Tutta l’opera di Bona Tolotti è fortemente evocativa. Vi hanno concorso le lunghe esperienze in ambito di comunicazione, design e antropologia. Il tutto ha prodotto una fluida energia, con cui l’artista va a caratterizzare il suo personale significato di rosso: la forza vitale, specificatamente secondo alcuni popoli studiati da Bona sul campo. Ad essi e ai loro simboli l’artista ha conferito un valore speciale. Da qui l’immediata percezione di forza totemica nei suoi lavori, pitture di tecnica mista, guazzi, talvolta misti a collage. Con Chueca, attraverso la scelta di una cromìa rubino scuro, Bona Tolotti, sembra compiere un passo esclusivamente “europeo” nei suoi viaggi esplorativi, un nuovo rito di passaggio, inteso come tappa di strutturazione, più che come rito di iniziazione, eleggendo il famoso quartiere di Madrid a totem dello svecchiamento, di una nuova, incalzante possibilità. Vi si nota un equilibrio notevole tra il rubino e i blu, leggibile come un equilibrio tra istanze diverse. Al centro un personalissimo mandala per rammentare agli astanti la ricerca della consapevolezza. Ancora una volta il lavoro di Bona Tolotti filtra leggi ancestrali ed insegnamenti che apparentemente sono lontani da noi, in realtà suggeriscono un ripensamento. Ilenio Celoria  “Vit(a)e, 01” Nella formazione, nella vita professionale e nella ricerca artistica di Ilenio Celoria ricorrono le fusioni architettura-fotografia; acqua- terra. Rigore dell’architettura unitamente alla suggestione della fotografia; fluidità dell’acqua e saldezza della terra, suadenti metonimìe del mare e del Monferrato. Ma anche la fusione di vita-morte e quella di naturale-artificiale. Nel titolo dell’opera fotografica presentata, Celoria pone l’accento sull’unità uomo-natura, ma anche sull’unità comunità-architettura. La vita rappresentata dalla vite. La collettività rappresentata dagli edifici (anche religiosi). Si sovrappongono, anche nella resa dei piani, immagini di un divenire: l’uomo che è cresciuto ed è  diventato pianta robusta e rigogliosa; l’uomo che ha interagito con gli altri uomini e ha edificato; l’uomo che ha accolto Dio e gli ha eretto chiese. Paesaggi immaginari  di un divenire già avvenuto, fermato ed eternato, dove l’uomo che compare negli elementi che lo caratterizzano non è presente, è scommessa di se stesso. Il rosso (che sia della Borgogna o del Monferrato) è colore, in quest’opera, dell’imago: relega le immagini nell’angolo di una visione della mente, se vogliamo un  sogno.    Lucia Caprioglio “Frammenti d’infinito” Si può frammentare l’infinito? No, ma si può pensare di registrarne l’attimo dell’intuizione dentro di noi. Quella registrazione diventa come il segmento del tempo (infinito) nel suo attimo preciso. Se la fotografia lo fa obbedendo alla sua stessa natura, la pittura lo può fare solo obbedendo all’ interiorità che si traduce su un piano estetico. Ne è prova quest’opera astratta di Lucia Caprioglio. Così l’incisione, la serigrafia, la xilografia (sue specializzazioni) riconducono a scelte poetiche in cui il segmento è manifesto del lavoro, dell’opera in essere, così la pittura a scelte poetiche dove il segmento (qui lo troviamo anche circolare) è manifesto del tempo. La lunga professione di insegnante di Discipline Pittoriche, ha portato l’autrice ad intensificare il rapporto costante tra le svariate forme di arte visiva e a condividerle con gli allievi e con il suo pubblico. L’opera in rosso luminoso esibita, richiama ad altre specialità della Caprioglio, quali gli arazzi, la carta. Al colore il compito di trasformare il supporto in una continua connessione con il tempo. Se è nell’attimo in cui percepiamo l’infinito che ci sentiamo vivi (sentimento del Romanticismo), si rinsalda l’opinione diffusa del rosso quale colore della vitalità. Daniela Vignati “Rosso 1” L’opera che Daniela Vignati -  artista milanese ormai monferrina che in questi anni ci ha regalato alcune mostre di sicuro interesse, sintesi e superamento della ricerca creativa di cui l’autrice aveva fatto la propria professione in ambito di insegnamento in laboratori e seminari, ma anche nel campo del design – ha proposto per Rosso Vivo, assolve perfettamente all’imput insito nel titolo del progetto. Essere pieno e quasi contagioso del rosso che la Vignati ha impiegato dando vita, ancora una volta, alla prima pagina di un racconto fiabesco (Rosso 1). Forse un prosimetrum dove il pigmento è prosa morbida e avvolgente ed i simboli sono versi armoniosi ed innocenti. E’ il mondo immaginifico dei sogni più rasserenanti (nella parte onirica positiva ci salviamo sempre), l’elaborazione visiva di una fiaba, addirittura di un meccanismo di difesa, se ciò che è rappresentato con tanta grazia e leggerezza protegge l’irrisolto. Questo non esclude lunghi momenti dell’io consapevole, che a lungo ha meditato e si è interrogato sullo scarto tra realtà ed irrealtà. Daniela Vignati ha scelto, con il linguaggio artistico, di creare archetipi per le sue premesse e per le sue conclusioni dell’interiorità. Alexandra Winterberg “Passione individuale” Presente questa artista tedesca in tutti i progetti promossi dall’Ecomuseo, ha proposto ancora una volta un’opera che mostra efficacemente gli assunti alla base dell’ideazione. Ipotesi di una fusione tra fotografia e pittura che sottendono l’osservazione tutta mentale delle due arti. L’intuito fotografico coglie, fissa ed anticipa ciò che la pittura medita, elabora e trascrive con il colore. Nel caso dei lavori di Alexandra Winterberg, così come nell’ultimo, ci troviamo davanti a grandi campiture, probabile resa dell’asserzione, che le è propria, dell’immensità della conoscenza, in cui l’autrice trova spazi unici per le sue personali osservazioni. Esse diventano le masse di colore più piccole, talvolta i segni; in questo caso rami, simboli di crescita e divulgazione. Passione individuale è un’opera astratta in cui rileviamo il paradosso del concreto, in cui si percepisce immediatamente una fermezza del pensiero, una tangibilità con la credenza dell’artista. Conoscenza che è ricerca e possibile spiegazione, mai mistero. Il rosso risulta punto d’incontro tra ricerca e spiegazione, legante fra intuìto e rivelato. Giò Bonardi “Zolle” Sono figure in terra rossa, quella terra rossa che caratterizza il Monferrato, la regione di questo artista, dove egli ha restaurato pievi e basiliche, dove ha trasferito l’arte classica costitutiva della sua formazione e della sua ricerca. L’Ellade antica, già filtrata dall’opera di Jean Baptiste Carpeaux (a sua volta filtrata da François Rude) vive in Giò Bonardi con la grazia neoclassica e la nuova tensione romantica di questo suo maestro spirituale ottocentesco, ma inevitabilmente con il grado di infinita nostalgia dell’artista contemporaneo. Da dolore dell’assenza a desiderio di ritorno: quella di Bonardi, è una nostalgia totale e minuziosa, come totale è la comprensione della cultura classica e minuzioso il suo studio. Le zolle lucenti sembrano riflettere un’interiorità fatta di dedizione e di culto. Il rosso ossido, il pigmento specifico di alcune terrosità di ossidi di ferro, conferisce a questo culto calore e al contempo ordine, per la sua uniformità. Uniformità di cromìa, ma impronta calligrafica dei rilievi: i corpi delle due figure non tacciono un certo barocchismo, però pacificato attraverso la consapevolezza della bellezza e del mito, che a ben pensarci sono poi la stessa cosa. Il rosso della terra impiegata è la felice mitologia del rosso comunemente inteso. Sede: Museo Regionale di Scienze Naturali, via Giolitti 36, Torino Mostra: ” ROSSO VIVO ” Inaugurazione: giovedì 17 gennaio 2013 ore 17.30 Periodo: 17 gennaio –10 febbraio 2013 Orario: tutti i giorni: 10 – 19 | Chiuso il martedì Biglietto museo: € 5,00 intero - € 2,50 ridotto Info Museo: tel. +39 011 432.6354

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Marco Imarisio

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