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Presentazione a Camagna

L'America Post Globale di Andrew Spannaus

Un'attenta analisi di pregi ed errori della globalizzazione

Schiettezza, analisi lucida, rigorosa e impassibile dei fatti, dei dati e delle cifre, luci e ombre del quadriennio Trump empiricamente descritte a prescindere dai giudizi e dalle valutazioni relative alla personalità del personaggio principale del volume: sono queste le caratteristiche salienti de "L'America Post Globale" del giornalista e analista americano Andrew Spannaus, attivo in Italia e a livello internazionale, ex Presidente dell'Associazione Stampa Estera di Milano, il quale domenica ha presentato pubblicamente il volume.

Una figura d'eccezione quella di Spannaus, balzato alla cronaca nel 2016 con il suo precedente lavoro "Perché vince Trump" per aver illustrato la vittoria (poi avvenuta) del tycoon alla corsa alla Casa Bianca contro la rivale Hillary Clinton in un periodo dove un suo trionfo era ritenuto - previsioni e proiezioni alla mano, a dir poco improbabile, ed ora di ritorno sugli scaffali con un resoconto "scientifico" del suo quadriennio presidenziale e degli innegabili mutamenti storici conseguenti a questo periodo.

"L'America Post Globale", edito da Mimesis e introdotta dallo storico Davide Rossi, non vuole - secondo le intenzioni dell'autore, soffermarsi sulla personalità di Trump - fra prepotenza, egocentrismo e manie di protagonismo, utilizzandola come metro di giudizio rigoroso ed empirico delle scelte effettive della sua Amministrazione e delle ricadute fattive sull'economia reale e sugli equilibri socio-economici internazionali: si tratta invece di un trattato - dati e risultati alla mano, su quanto realizzato dal Presidente, sulle opere fallite o mancate e sugli interventi con risultati dubbi o incerti, sempre rispettando il rigoroso criterio analitico di dati e cifre.

«Uno dei compiti ai quali dovrebbero attenersi i giornalisti - ha introdotto Rossi - è quello di narrare gli avvenimenti: molte volte questi non vengono raccontati o vengono raccontati in modo parziale. I lavori di Spannaus sono sempre libri che partono dai fatti e che con uno stile tipicamente anglosassone offrono sempre la possibilità delle molteplici modalità di interpretazione degli stessi. Spannaus, un vero maestro della scrittura, ci invita a riflettere su ciò che sta accadendo: nelle sue pagine ci spiega che il consenso di Trump sia nato da quei lavoratori danneggiati in quarant'anni di liberismo. Il resoconto di Spannaus definisce un compendio di quattro anni di rovesciamento del primato dell'economia sulla politica, del ritorno all'incentivazione della produzione e dello stravolgimento del significato del debito pubblico, nodo cruciale e spina nel fianco italiana del dibattito europeo da almeno un decennio. Negli anni '90, mentre la Cina seguiva la sua politica di espansione industriale e infrastrutturale - afferma Spannaus nel suo libro - Gli Stati Uniti e l'Occidente tutto si dedicavano alla creazione di bolle speculative sui mercati finanziari, creando una crescita economica drogata da capitali alla ricerca di profitti immediati, credendo fermamente che l'innovazione finanziaria fosse il volano della crescita economica. Un approccio che fece guadagnare tanti soldi agli strati alti della società, ma contribuì all'indebolimento dell'economia reale e all'aumento della precarietà delle classi medie e basse. Il mercato doveva creare sviluppo mentre le politiche di bilancio pubbliche dovevano essere restrittive con una riduzione del welfare e l'eliminazione del concetto della politica industriale. Chi proponeva un ritorno allo Stato e una ripresa della promozione dell'attività produttiva veniva bollato come "comunista", promotore di una politica anacronistica che non aveva posto nel nuovo mondo liberale. Seguendo questa strategia l'Occidente avrebbe perso potere reale, mentre la Cina lo avrebbe acquisito.

Una sintesi delle dinamiche mondiali degli ultimi trent'anni alla quale - illustra Spannaus, Trump si è contrapposto anche fronteggiando l'opposizione del cosiddetto "deep-state" ossia la fitta rete burocratico-amministrativa statunitense (dai dicasteri, con diversi ministri in disaccordo col il Presidente e anche dimissionari, alla CIA e al Pentagono).

L'autore ha pertanto elencato i motivi del successo elettorale di Trump nel 2006, riassumibili nel focalizzarsi sui temi più sentiti e vicini alle necessità del cittadino medio, esemplificato anche semplicisticamente nell'operaio del Midwest: lavoro, produzione, occupazione, protezione del tenore di vita di tutta la popolazione faticosamente ottenuto in molti decenni, rinuncia alle spese militari, avversione agli interventi diretti in conflitti, opposizione alla globalizzazione "totale".

All'ideologia della preponderanza del mercato e delle dinamiche della finanza internazionale sullo Stato, il tycoon ha schierato i fondamenti dell'economia reale, il ritorno all'incentivazione della produzione nazionale, nonostante la debole spesa per le infrastrutture. Trump è il primo presidente dai tempi di Carter a non aver mai "iniziato" una guerra, ma il suo non è un isolazionismo - ha proseguito Spannaus - Ha palesato il suo supporto nei confronto di Israele contro L'Iran, ha messo in atto una "pacificazione " con la Corea del Nord, ma soprattutto ha creato un diverso rapporto con la Cina, suggerendo non minacce di azioni militari contro la superpotenza asiatica ma un dialogo fruttuoso e collaborativo.

E proprio la nuova "visione cinese" dettata da Trump è, secondo Spannaus, una delle eredità storiche più significative del quadriennio dell'Amministrazione Trump assieme al ritorno all'incentivazione della produzione e, soprattutto, alla nuova visione della spesa pubblica: Il debito pubblico - spiega il giornalista e analista - è solo un numero e se gestito correttamente non ha peso sui conti dello Stato. Gli USA hanno aumentato il debito pubblico alzandolo nei primi due mesi della pandemia al 14% sul PIL, incoraggiando subito la spesa pubblica per la produzione, per creare ricchezza, per scongiurare la recrudescenza della povertà. Ma chi paga questi soldi? La Cina ha solo il 4% del debito pubblico americano, mentre il 40% è in mano alle istituzioni pubbliche americane, compresa la Banca Centrale. Quando lo Stato paga l'interesse sul debito alla Banca Centrale, questi interessi vengono resi allo Stato, una semplice partita di giro. In pochi mesi gli Stati Uniti hanno aumentato il debito pubblico di 4 miliardi senza nessun costo per lo Stato

Il mondo post Globale di Spannaus compone, quindi, un mondo dove si andranno a correggere gli errori più significativi della globalizzazione.


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Marco Imarisio

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