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Mario Pastorello

Disoccupato a 49 anni, ora promettente vignaiolo

Dalla vigna del padre all’incontro con Donato Lanati

Succede che dopo anni di lavoro, ci si ritrovi a 49 anni, a doversi reinventare, non solo un lavoro, ma uno stile di vita e una prospettiva di futuro. Mario Pastorello, operaio nel settore metalmeccanico per 30 anni è, ora, titolare, insieme alla moglie Donatella, di professione portalettere, della  Pastorello Vini.

Mario, qual è stata la condizione psicologica di quando ha perso il lavoro? «Devastante. Mi sono sentito destabilizzato e impaurito, in uno scenario pieno di incognite e privo di certezze».

Come ha maturato la decisione di avviare un’azienda agricola?  «Papà Nello era stato agricoltore e, tra Fubine e Cuccaro, mi aveva lasciato circa un ettaro di terreno. Decisi così di dedicarmi ai vigneti e di impiantare un noccioleto, consapevole che l’impegno sarebbe stato grande e, i risultati, sarebbero arrivati col tempo, la passione e la dedizione. Poi, un giorno, un incontro cambiò tutto».

Ci spieghi meglio: «Pochi mesi dopo aver avviato l’azienda agricola, con mia moglie ero intento a controllare le vigne, valutando, con difficoltà, il grado di maturazione delle uve. Entrambi eravamo ancora inesperti: stavamo per intraprendere la nostra prima esperienza di vinificazione. Passando tra i filari, notammo una macchina ferma nella sommità del vigneto, adiacente alla strada, e dopo qualche secondo scorgemmo una persona che ci stava osservando da lontano. Ci avvicinammo per capire di chi si trattasse e riconoscemmo il dottor Donato Lanati».

Quale incontro migliore per il buongiorno della vostra attività? «In effetti, tutto iniziò da lui e con lui. Entrando in vigna, Lanati osservò le nostre uve, spiegandoci le caratteristiche che l’acino maturo deve avere. In questo modo, dedicandoci parte del suo tempo, ci permise di imparare alcuni segreti del mestiere».

Come mai Lanati si interessò della sua piccola azienda? «Tutto partì con promessa che fece a mio papà. Lanati, tanti anni fa, gli chiese la possibilità di realizzare un pozzetto d’acqua nel nostro terreno, per favorire il collegamento presso la sua abitazione. Per la cortesia, papà non volle nulla in cambio, ma gli disse “quando mio figlio farà il vino, lei lo aiuterà”. Il dottore non si dimenticò della promessa fatta al papà, dimostrando grande disponibilità verso di noi, pur essendo, la nostra, una piccola azienda. Sembrerà un episodio banale ma, per noi, ha avuto un impatto importante nel percorso di crescita professionale. Lanati non è solamente l’inossidabile scienziato del vino che tutti conoscono: dietro alla sua corazza, nasconde grande sensibilità e un animo gentile».

Qual è la vostra filosofia aziendale? «Produzioni limitate, vendemmia manuale solamente dopo che l’uva ha raggiunto la sua piena maturazione, massima cura dei dettagli nella vinificazione e affinamento delle uve, rispetto della naturalità e di tutto ciò che ci circonda. Ci piace interrogare la terra ed esaltandone la vocazione, far parlare il vino».

Quali sono state le difficoltà maggiori nell’intraprendere questa nuova attività? «La conoscenza e l’esperienza della produzione dell’uva e della sua vinificazione, l’aspetto burocratico e l’impegno finanziario. Spesso mi sono chiesto, ma chi me lo ha fatto fare. Ma ora sono soddisfatto. Donatella è stato lo sprone più grande. A noi ho dedicato “Mado”, l’etichetta che riporta la nostre iniziali».

Una storia di amore a tutto tondo? «Sì. La vita, alle volte, riserva sorprese inaspettate che, se dapprima spiazzano, disorientano e spaventano, con il tempo, possono rivelarsi rinnovate occasioni di vita. Grazie a Lanati abbiamo scoperto, e stiamo continuando ad esplorare, questo affascinante mondo, la passione e l’amore per la terra, le nostre origini. Il sentimento che mi lega a Donatella, ha fatto tutto il resto. Con il senno del poi, mi sento felice di questa nuova vita».


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