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L'Organo Bruna, oggi quasi Marzi

Se il castello domina la sommità del colle del colle con tutto l’abitato, ai piedi della collina sorgeva l’antica pieve di San Pietro, in luogo di sicura origine romana, come attesta il rinvenimento di una colonna miliaria conservata al Museo Leone di Vercelli. Poi passata al monastero di Breme Lomellina, il nuovo insediamento dei monaci della Novalesa, la chiesa restò isolata dopo il trasferimento del villaggio fortificato più in alto, intorno al castello. Tranne la torre campanaria, unica parte della struttura originaria, la parrocchiale di San Pietro, ricostruita alla fine del Seicento, si arricchì nel 1827 di un nuovo organo in sostituzione di quello più antico, costruito da Giacinto Bruna (1764-1836), di Miagliano. Avendo sposato nel 1798 Caterina, la nipote di Giovanni Lorenzo Ramasco Fagnani, divenne erede della celebre famiglia di organari di Sagliano Micca. Con il fratello Giovanni, geniale interprete dell’arte organaria e fantasioso creatore, Giacinto fu abile costruttore di strumenti: insieme, con praticità tutta biellese, riuscirono ad avvicinare i nuovi stilemi al gusto piemontese, senza rinnegare le comuni radici artistiche. Accettavano tutti i lavori, piccoli o grandi, studiando soluzioni innovative da realizzare talvolta con la tecnologia degli organari lombardi, ma sempre reinventando in chiave diversa le loro invenzioni. Questi i dati desunti dalla scheda preparata per il restauro, che riportiamo di seguito. Lo strumento è ubicato sulla tribuna sopra il portale d’ingresso racchiuso in cassa lignea ancorata alla parete di controfacciata. Ha mantenuto la fisionomia orginaria. Non è più agibile da diversi decenni per il cedimento della tribuna. La tastiera ha 54 tasti, quelli diatonici sono ricoperti d’osso, quelli cromatici di noce placcati d’ebano; la pedaliera a leggio ha 19 pedali. Le canne di facciata di stagno sono 35, disposte in un’unica campata di forma a cuspide con ali, il profilo è piatto, le bocche allineate col labbro superiore segnato a forma di mitria. Le canne di metallo interne sono di omogenea fattura costruite con lastra di spessore limitato. A causa dell’inclinazione in seguito al cedimento e per mancanza di adeguati sostegni molte si sono piegate e schiacciate, mentre quelle di legno si presentano in discreto stato. Il somiere maestro è del tipo a vento con 22 pettini, la chiusura della parte superiore dei canali avviene con un’unica striscia di pelle, la chiusura della secreta con antine pressate da farfalle imperniate al centro. La trasmissione originale è del tipo sospesa per la tastiera, la cui catenacciatura in ferro forgiato fissata da strangoli e a rulli di legno per la basseria. La manticeria è formata da quattro mantici di forma a cuneo collocati sul basamento dentro l’organo e sollevati esclusivamente da impianto a funi ancora presente. La registrazione avviene a manetta con incastro dotato di combinazione libera alla lombarda e tirapieno. E’ in corso il restauro dell’organo da parte dei fratelli artigiani della ditta Italo Marzi di Pogno, in provincia di Novara, che prevede il mantenimento della disposizione originale. Dionigi Roggero SULL'ORGANO COI FRATELLI MARZI- Inseguivamo da prima di ferragosto gli organari della ditta Marzi impegnati, con il “patronato” di Idea Valcerrina nel recupero di ben tre strumenti storici in Monferrato. Quando finalmente con l’ausilio di Gian Paolo Bardazza li blocchiamo a Gabiano capiremo il perchè: in questo momento sono al lavoro per riportare a nuova vita meglio dire musica ben dieci organi in Piemonte, un lavoro che a quanto pare è richiestissimo e si trova di fronte a pochi tecnici validi (e forse a pochi giovani che vogliono fare il tirocinio artigianale...). Ci aprono la porta della chiesa parrocchiale di Gabiano (dopo un po’ di bussare erano andati a “spolverarsi,” sapevano delle foto?) due dei tre esponenti della Ditta Marzi di Pogno (paese del novarese che guarda il lago d’Orta). Stefano 42 e Giovanni 22 anni. Manca Marco 40 anni. Sono figli d’arte, nonno Giuseppe iniziata 1928, poi tocca al padre Italo prematuramente scomparso. Così a memoria si ricordano per la nostra zona di aver costruito l’organo della parrocchiale di Oltreponte e restaurato il Serassi di Balzola e gli organi delle parrocchiali di Giarole e Trino. Dice Stefano: “Il primo lavoro in assoluto l’ho eseguito a Crea con mio padre, avevo 14 anni, si mangiava nel refettorio dei frati e al termine si brindava con il vino di padre Alberto” In questo momento oltre a Gabiano lavorano alle parrocchiali di Pozzengo di Mombello (un Grisanti-Salina del 1870) e Murisengo, tutto sotto l’egida di Idea Valcerrina il cui presidente Bardazza ci ricorda i contributi oltre che della popolazione della Fondazione Crt e della Cei. L’organo di Gabiano è datato 1826-27 ad opera di Giacinto Bruna di Migliano (Biella) un costruttore tradizionale che si sta molto rivalutando. Mentre noi entriamo, sono le 17 di mercoledì e arriva poi anche il parroco don Pavin, i due fratelli stanno iniziando l’accordatura delle canne legno di basseria (pedaliera), poi ci fanno ascoltare il suono (basta soffiarci dentro...) di altre canne. Bello anche il gioco dei mantici coi vecchi contrappesi che si gonfiano lentamente come le gote di un ciclope. Lavoro delicato, ma appasionate questo restauro. C’è l’impegno (“scrivetelo”, dice Bardazza) di finire in un mese, poi trenta giorni per l’assestamento e l’inaugurazione che avverrà con un grande concerto ma ultimati tuttci i lavori si pensa a un ciclo organistico che affianchi le ormai collaudate Armonie in Val Cerrina. Luigi Angelino FOTO. Gabiano, parrocchiale e organo, tastiera, mantici (sullo sfondo i restauratori)

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