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Aldo Timossi e i 'suoi' presidenti

Una superstrada nasce "d’incarico del Presidente..." - Pontefice e duchesse

Il giornalista moranese Aldo Timossi è stato al servizio di sette presidenti ne pubblichiamo la testimonianza (gli abbiamo chiesto di privilegiare ricordi 'locali') in tre articoli; il primo è apparso martedì- 

Ezio Enrietti, presidente dal 1980, ha un piglio più “politico”, si circonda di consiglieri legati al partito, è meno aperto ai rapporti umani, aldilà del costante sorriso. Anche con lui mi trovo comunque bene, considerato che nel lavoro in Regione - concluso nel 2008 - non ho mai ovviamente guardato ai colori politici. A parte una missione nel novembre ’80, nell’Irpinia terremotata (tirata unica da Torino, mille chilometri alla guida di una Panda “rustica”), mi occupo un poco di più del lavoro per il quale sono stato assunto, addetto stampa, cui si aggiungono però le incombenze del cerimoniale, quindi la continua presenza di accompagno del Presidente durante incontri ufficiali/istituzionali. Sull’auto di servizio arriva il radiotelefono, cornetta a tastiera, mega-apparecchiatura radio nel bagagliaio.

La Regione è giovane, anche sul cerimoniale bisogna crescere e affrancarsi dal baliatico di chi segue da tempo la materia, specie per la Città di Torino. Vedo oggi addetti stampa e cerimonialisti spesso a fianco del loro Capo, non è mai stato il mio stile, sempre un passo indietro, nessuna preoccupazione se non appari nella foto, ne ho poche e bruttine a dispetto delle tante occasioni: a Torino marzo ’81 il presidente Pertini, e a novembre il premier Spadolini (sul tavolo anche il progetto dell’autostrada Voltri-Casale-Sempione), a Varallo novembre ’84 San Giovanni Paolo II, già ospite di Torino nel 1980! Ho riferimenti esperti al Quirinale (Sandro Gori e Francesco Natale, al fianco di sei Capi di Stato, ai quali succede Filippo Romano, “di nome e di fatto”, già Vicesegretario generale, ancora oggi caro amico), e a Palazzo Chigi (Massimo Sgrelli, autore del più diffuso manuale di protocollo contemporaneo, “Il Cerimoniale”). 

L’esperienza di Enrietti si chiude nella primavera del 1983, tempi del cosiddetto scandalo tangenti. Il Presidente non è coinvolto, ma vengono arrestati o ricevono comunicazioni giudiziarie tre assessori, e la questione morale lo induce alle dimissioni. Rammento bene il giorno di quella decisione, seduti sulle poltroncine beige intorno al tavolo tondo della sala riunioni, a commentare le ultime notizie di giudiziaria, fino al momento di dire “basta, chiudiamo”.

Il 15 luglio ’83 rientra nel Palazzo Aldo Viglione, destinato a guidare il Piemonte fino all’autunno ‘85. Su problematiche ambientali e per questioni che toccano da vicino il Casalese, come nella precedente legislatura trova indicazioni anche nella consigliera Anna Maria Ariotti, in Regione dal 1975. Ancora curve difficili, per i guai occupazionali soprattutto in casa Fiat. Tante discussioni sul tema energetico (c’è l’impegno per il progetto “Ignitor” del professor Bruno Coppi, che a Villa Gualino di Torino presenta un modello della sua macchina, e c’è il progetto di una seconda centrale nucleare da 2000 MW a Trino, area Po1).

Dall’agosto 1985, il Piemonte cambia nuovamente colore. La sinistra cede il governo al “pentapartito” di Vittorio Beltrami, democristiano, stretto legame con il futuro Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro. 

Per questi cinque anni di legislatura, i ricordi si fanno più densi, avendo l’incarico di Capo Gabinetto, in qualche misura quasi un vice, il braccio destro del presidente. Nell’ufficio di fianco al suo, porta intercomunicante sempre aperta, condividerò spesso incontri, problemi, tanti nodi da risolvere e che Beltrami definisce “gambe storte da raddrizzare”! In sua assenza, mi firmo “d’incarico del Presidente”. Rammento il mattino in cui mi chiama da Roma l’onorevole Giuseppe Botta, radici pontesturesi, dicendo che in Commissione lavori pubblici (di cui è presidente, ndr) stanno decidendo le opere connesse ai mondiali di calcio 1990: “c’è in ballo la superstrada fra la 31bis-Verolengo, e l’autostrada A4, manca il parere regionale”. Mando al brucio un fax di assenso con poche righe “d’incarico”, la bretella si può fare, e oggi quando la percorro, la sento un poco mia.

Anni non facili, con qualche assessore irrequieto da tenere a bada e pesanti guai, che Beltrami affronta con tanto lavoro, senza protagonismi. Lo accuseranno di essere andato poco sui giornali, di gestione grigia, in realtà il ricucire con pazienza qualche inizio di strappo, lo stare defilato sul palcoscenico, gli consentono di evitare crisi. Star fuori dal clamore gli appartiene: un giorno mi confida “se dovessi morire, niente ufficialità, una Messa al mattino presto, ad Omegna”. Quasi profetico! Morirà nel novembre 2012, dopo una banale caduta per strada, nel convalescenziario-eremo di Miazzina, annuncio ad esequie avvenute, nella chiesetta del paese. 

Chi sta fuori del Palazzo immagina che un presidente se la spassi, onori e buone prebende, auto blu, pranzi e cene. Beltrami vive tutta la settimana fuori della famiglia, alloggia in una stanzetta sopra la chiesa di Santa Cristina, in piazza San Carlo. Ogni mattina ci si trova alle 8 in San Lorenzo, per la Messa, celebrata spesso dal futuro vescovo di Acqui, monsignor Micchiardi. Pranzo in mensa, con i collaboratori, magari accompagnato da una bottiglia della cantina personale. Si è fatto dare le chiavi del palazzo, la sera resta in ufficio fino a tardi per lavorare, da solo, poi spegne le luci, esce, s’incammina per i portici di via Roma, e se non l’accompagna l’amico direttore del Museo di Scienze, recita il Rosario (è uomo di robusta fede, chi conobbe la sua partecipazione alla Resistenza a soli 18 anni, gli dedicherà nel 2013 un libretto intitolato “Un partigiano in Paradiso”). 

Scrupoloso all’eccesso, scorre personalmente molta della posta in arrivo. Annota sui singoli plichi usando matite colorate, suggerisce di “riscontrare così…”, ogni istanza deve avere risposta immediata pur se interlocutoria. Spesso segna “copia a me”, ad Omegna ha un archivio bis. Attenzione quasi maniacale alle spese, controlla le delibere assessorili prima delle sedute di Giunta, centinaia a settimana, teme gli sprechi (certo esagerata una reprimenda proprio al direttore del Museo di Scienze, per l’acquisto di qualche migliaio di spilli, essenziali per le raccolte entomologiche).

Tanti guai per il Piemonte (“mancarono solo le cavallette”, ricorderà Beltrami) specie nel 1986, che vede spesso il Presidente a colloquio con i ministri dell’ecologia, Valerio Zanone, e della Protezione Civile, Giuseppe Zamberletti. Nel marzo il vino al metanolo nel Cuneese, oltre venti morti per aver bevuto vino cui erano state aggiunte dosi elevatissime di metanolo per alzare la gradazione alcolica. Negli stessi giorni, mentre si comincia a sospettare che gli erbicidi (atrazina, molinate e bentazone in primis) possano danneggiare la falda potabile, ecco l’inquinamento provocato da una discarica abusiva a Santa Maria del Tempio, che rende inservibile l’acquedotto di Casale e costringe ad un tour de force per collegare il Casalese all’acquedotto del Monferrato. Poche settimane dopo, la nube radioattiva di Chernobyl....

Preoccupazione per l’eternit a Casale, una prima coraggiosa risposta arriva dal sindaco Riccardo Coppo, con l’ordinanza che vieta la produzione nel territorio comunale. Quando si tratta di problemi riguardanti il Casalese-Alessandrino, ci sono il supporto e il sollecito di Piero Genovese, valenzano, assessore all’industria e lavoro (con la seconda Giunta Beltrami, dall’estate ’87, reggerà l’Urbanistica), carattere problematico, tribolato, sempre però compagno di governo leale, amministratore di grande intelligenza politica.

A fine agosto ’87, una disastrosa alluvione nelle Valli Antigorio e Formazza, confine svizzero. Paesi allagati, ponti crollati, alta valle isolata. Proprio a Formazza avevo conosciuto Beltrami, pronube l’editore di questo giornale, l’amico Vanni Giachino. Il sindaco Antonietti è persona di grande impegno.....

2-continua

ARTICOLO COMPLETO SUL MONFERRATO IN EDICOLA VENERDI

FOTO. Timossi (secondo da sinistra) all'Alenia Spazio (oggi Leonardo) con il presidente Beltrami (al centro) il sottosegretario Gianfranco Morgando (a sin.), il prefetto (Lessona) e il questore di Torino.