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La giustizia a Casale (1)

di Aldo Timossi - Guglielmo costituisce a Casale, nel 1470, un “reverendus ac magnificus” Senato

Dalla “cognizione e punizione di varii misfatti” fatta direttamente dal Marchese di Monferrato nel 1300, a “dotti, avvocati e uomini di specchiata onestà” del Senato casalese di fine ‘400, passando per il nuovo Senato del 1837 (inaugurato con grandi feste nell’aulica sede del Palazzo Langosco), fino alla realtà odierna che vede a Casale il solo Ufficio del Giudice di Pace. E’ la storia degli uffici giudiziari nel Casalese. Alti e bassi, accompagnati in tempi più recenti dalla perdita di altre realtà, dal Collegio senatoriale Casale-Chivasso, al Catasto, alle linee ferroviarie; dall’azienda sanitaria all’archivio notarile distrettuale (soppresso a decorrere dal 1998 e sostituito da quello di Novara, trasformandosi in “sussidiario” e aperto alcuni giorni al mese solo per consultazioni di atti già depositati), fino all’eliminazione nell’Ottobre 2022 dei Servizi di Pubblicità Immobiliare alias Conservatoria Registri Immobiliari (già Conservatoria delle ipoteche).

Partiamo da fonti documentarie del ‘200/’300, dove, esattamente il 1295, si trova notizia di un Senato o Curia Marchionale, definito anche Parlamento o Consiglio, co-reggitore dello Stato, costituito già per autorità addirittura dell’imperatore Rodolfo I d'Asburgo, nella linea della “curia feudalis” diffusa con nomi e livelli diversi in tutta l’Europa medievale. Al suo interno operano anche “spettabili giureconsulti”, ma ciò non significa si occupi di amministrare la giustizia. In realtà, quando nel 1357 i Casalesi ottengono diritti e privilegi dal marchese Giovanni, questi riserva per sé l’indagine e la punizione di alcuni reati ben specificati, mentre gli altri delitti o contravvenzioni dovranno essere giudicati dal Podestà, cui compete comunque la giurisdizione nelle cause civili.

Esiste un grado di appello, rivolgendosi con “suppliche” direttamente al Marchese e al suo Consiglio per appellarsi contro le sentenze di primo grado, emanate da autorità locali (“magistratus, iudices, delegati ordinarii, castellani, clavarii, commissarii et alii”), vicari e giudici, castellani e podestà. Vien spontaneo pensare che nel giudicare tali istanze, non poco possano far premio ragioni di opportunità politica piuttosto che il rispetto di codici e codicilli: improbabile che il Marchese dia torto ad un proprio nobile vassallo, a discapito del povero contadino!

Qualcosa cambia nella seconda metà del ‘400. Defunto il marchese Giovanni IV nel 1464, gli succede il fratello Guglielmo VIII. E’ definito come “uno de' più savi ed illuminati Principi della stirpe Paleologa”, e tanta saggezza gli viene a taglio allorché decide sia giunta l’ora di scindere il potere giudiziario da quello politico. Non è forse estranea al suo progetto la necessità di occuparsi meno di delitti e guardare maggiormente alle fortune politiche del Marchesato, cui l'imperatore Federico III sta per confermare i territori sottratti nel 1435 da parte di Amedeo VIII Savoia, ciò che gli darà modo di legarsi con gli Sforza di Milano (tra l’altro a cinquant’anni si risposa con Elisabetta Maria Sforza, figlia appena tredicenne di Francesco).

Dunque Guglielmo costituisce a Casale, nel 1470, un “reverendus ac magnificus” Senato composto da “dotti, avvocati e uomini di specchiata onestà”, con nomina a vita. Tale magistratura o “maestrato” ha sia la funzione di giudicare direttamente le cause civili e penali, sia la specifica competenza di tribunale d’appello. La Corte ha un presidente, il primo è nome molto noto tra gli storici e, oggi, tra chi passa per il centro città: Benvenuto Sangiorgio dei conti di Biandrate. Sarà vicario generale del primo vescovo di Casale, Bernardino de Tebaldeschi (1474 - 1517), quindi incaricato di importanti missioni dal marchese Bonifacio III presso il pontefice Alessandro VI (Papa Borgia) e l’imperatore Massimiliano I d'Asburgo, infine reggente del Monferrato dal 1494 allorché il nuovo marchese Guglielmo IX ( futuro sposo di Anna d’Alençon) ha solamente otto anni. Tra un impegno e l’altro, troverà il tempo di scrivere una preziosa “Cronaca del Monferrato”, edita ad Asti nel 1515 nella stesura in italiano, assai dopo in italiano (oltre 400 pagine), fondamentale storia del Monferrato e delle famiglie notabili dalle origini al 1490.

Il Senato cresce con i Gonzaga di Mantova, che per sentenza imperiale dal 1536 reggono, maldigeriti, il Monferrato, in procinto di essere elevato alla dignità di Ducato. Un’esposizione storica redatta ad inizio ‘800 da Alberto Nota ce ne da la composizione: “un Presidente, due Vicepresidenti , un Senatore capitano di giustizia pe' criminali , quattro altri senatori , tre segretarii, all' uno de' quali era affidata la cura de' confini ; inoltre sei cancellieri co' loro sostituti , i quali avevano il deposito degli atti e delle scritture , con l'incarico di darne copia a' litiganti . Era pure provvigionato un officiale vicegerente di giurisdizione per le terre di oltre Tanaro, ed erano stipendiati un medico e due chirurghi per la cura de' carcerati, e salariati messi, bargelli e birri”. A testimoniarne l’importanza, l’inserimento nel Consiglio Ducale di Governo, cui il duca Vincenzo I concederà l'alta prerogativa di reggere in sua assenza lo Stato.

Si arriva “con dignità e costanza”, alle soglie del ‘700. Senza novità, almeno per il Senato, mentre per Casale e il Monferrato sono decenni difficili, dall’occupazione francese della città nel 1555, alle guerre per la successione tra sabaudi e mantovani, al 1708, quando Vittorio Amedeo II di Savoia riceve l’investitura ufficiale dall’Imperatore, con l’assegnazione dei territori monferrini, feudo imperiale, ratificata nel 1713 dal trattato di Utrecht. Anche stavolta i monferrini non fanno salti di gioia per il cambio di padrone, l’unico entusiasta è il vescovo Radicati che incoraggia i fedeli ad esultare! Il 18 agosto di quello stesso 1708, Vittorio Amedeo II firma un “ordine” che conserva il Senato del Ducato di Monferrato, con le sue competenze e attribuzioni, modificandone solo la composizione, probabilmente per un maggior controllo da parte sovrana, con l’aggiunta del conte Giuseppe Amedeo Armano di Grosso, designato presidente.

Inizia comunque un periodo difficile per Casale, che viene progressivamente depotenziata.

Lo storico del diritto Alberto Lupano elenca non poche soppressioni: la Zecca, il Consiglio di Stato ordinario, il Consiglio segreto, il Maestrato camerale alias la Camera casalese. Il Senato sopravvive, ma sta finendo l’estate 1730, quando si sparge la voce che il nuovo sovrano, Carlo Emanuele III, dal popolo chiamato “Carlin” per via del fisico gracile e gobbino (ho bene in memoria il grande ritratto a cavallo, nel Salone aulico della Regione Piemonte e ora alla Reggia di Venaria; N.d.A.) voglia sancirne la cancellazione.

aldo timossi (1 – segue)

FOTO. Carlo Emanuele III