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Prelati monferrini di Aldo Timossi -70-
Bernardino Morra, casalese, collaboratore del Borromeo, vescovo ad Aversa
L’entourage sacerdotale di san Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano a fine ‘500, figura tra le più significative della riforma conciliare post-tridentina, è stato definito quale vero e proprio “seminario di cardinali, nunzi, vescovi”. Fa questi ultimi, di tutto rilievo un casalese, monsignor Bernardino Morra, a lungo collaboratore del Borromeo, quindi prelato presso la Santa Sede, infine vescovo ad Aversa.
Nasce a Casale nel 1549. Famiglia patrizia, trasferitasi dalla zona di Chivasso-Caluso. Avviato a studi giuridici, poco dopo il 1569 - anno in cui Casale è inglobata nel Marchesato di Monferrato, prossimo a diventare ducato - entra al servizio dei Gonzaga, quale responsabile degli uffici finanziari. La vocazione non è però alle cause civili, e ben presto intraprende la carriera ecclesiastica. Nel 1575 lo troviamo a fianco dell’arcivescovo di Milano, durante la visita pastorale alla diocesi di Bergamo; di quella visita esiste un corpus di documenti in cinque volumi, raccolti a partire dal 1908 da un giovane sacerdote, Angelo Roncalli, all’epoca segretario del vescovo bergamasco Radini Tedeschi, editi dal 1936 al 1959, allorché quel presbitero era già eletto come Papa Giovanni XXIII.
Nominato da Borromeo auditore generale della diocesi di Milano, con funzioni equiparate a quelle di vicario, inizia ad assimilare il magistero del cardinale e i suoi metodi di governo della Chiesa. Nella cerchia cardinalizia ha modo di conoscere un giovane concittadino, don Guglielmo Vidoni, che nel 1567 Borromeo ebbe ad incontrare in occasione di una visita a Frassineto Po, al tempo enclave casalese nella diocesi ambrosiana, e convinto a lasciare - parole dell’attuale arcivescovo milanese, Mario Delpini - la “tristezza di essere un orfano, di vivere in un paese modesto, come un uomo qualsiasi, per guardare più in avanti, mirare più in alto, chiamato ad un servizio più glorioso di quello di accudire le sue cose, di custodire i propri beni, chiamato a guardare più in alto, alla pienezza della vita”. In effetti Vidoni sarà rettore del Seminario arcivescovile di Milano, oblato di San Carlo, canonico e poi prevosto della basilica Apostolorum (San Nazaro Maggiore) di Milano, mantenendo sempre il legame con Frassineto Po, finanziando opere e facendo donazioni di molti oggetti di grande valore storico e artistico.
Nell’autunno 1583, Morra e al fianco del Borromeo che, in qualità di cardinal protettore della Svizzera, svolge una missione pastorale e diplomatica nella Val Mesolcina, area inquieta per motivi politici e religiosi: le tensioni dovute alla presenza di numerosi calvinisti sono acutizzate da alcuni casi di stregoneria femminile. Mentre il cardinale predica tra le popolazioni della valle, monsignor Bernardino è inviato a Coira, sede vescovile, per incontrare i governanti cantonali “congregati per fare una Dieta”. Suo compito è quello di chiedere che “ non si accettassero più apostati, ne religiosi forestieri malviventi, essendo questi tali la rovina del paese, e la perdizione delle anime, per la loro mala vita; ma lasciassero libertà a' Popoli di potersi provvedere di buoni Sacerdoti”. E’ una trasferta durante la quale Morra rischia di concludere anzitempo il cammino terreno, tra le montagne del valico di San Bernardino, ad oltre 2000 metri.
La disavventura è narrata dallo storico Giovanni Pietro Giussano nella “Vita di san Carlo Borromeo”. Ad un certo punto - scrive - la molta neve copre ogni sentiero, “freddo intollerabile, manca ogni orientamento, pericolo grandissimo”; l’accompagnatore locale fa fermare Morra con l’interprete in un piccolo riparo e scende a valle, con la neve che gli arriva alla cintura. Nel primo paesino che incontra “prese alcuni uomini, con pale per far la strada della neve, e cibi, con che cavò monsignor Morra da quella montagna”. L’impegno da frutti. “Giunto a Coira il Morra compiè la sua legazione con i Signori Grigioni congregati nella Dieta, i quali l'accolsero, e lo sentirono benignamente, e l'onorarono assai, contuttoche fossero la maggior parte di religione contraria; e mostrarono quanto stimassero S. Carlo: conciosiache non solo diedero volontieri orecchie alle sue proposte, ma eseguirono ancora quanto egli ricercava da loro; eccetto che nell'ammettere nello Stato loro Sacerdoti forestieri, volendo che fossero del paese, o di quello de' Signori Svizzeri”.
Alla morte del cardinale (1584) Morra continua a seguirne le orme, con esemplarità e zelo pastorale, tanto da conquistare posizioni di prestigio nella Curia pontificia. Nel 1586 ottenne la nomina a vicario generale della diocesi ambrosiana, che svolge fino al 1592, quando è promosso protonotario apostolico. Nel 1595 assume l’incarico di segretario della Congregazione dei vescovi, e poco dopo è presidente della Riforma apostolica, chiamatovi da Papa Clemente VIII che lo annovera tra i suoi coadiutori nella riforma disciplinare della Chiesa. Negli stessi anni, in virtù dell’amicizia con il vescovo di Novara, Carlo Bascapè, ottiene l’incarico di amministratore dei seminari diocesani, e lo svolge per due anni, riformando e razionalizzando l'intera struttura preposta alla formazione del clero locale, e proponendo un nuovo tipo di prete, esemplare per i laici e più vicino al modello tridentino.
A coronamento del lungo cursus honorum, il 9 ottobre 1598 arriva la nomina a vescovo di Aversa. Consacrato due settimane dopo, dal cardinale Ottavio Bandini, titolare di Santa Sabina, co-consacrante il vescovo di Gubbio Andrea Sorbolonghi. La sua prima lettera pastorale ha in allegato copia degli “Avvertimenti generali per il vivere cristiano”, che Borromeo aveva rivolto ai fedeli milanesi; in tal modo anticipa quello che sarà il suo programma di governo episcopale, che in tutto ricalca il modello borromaico.
Gli anni di attività pastorale lo vedono fino alla primavera del 1600 ancora a Roma, avendo mantenuto, per espressa volontà del Pontefice, incarichi presso la Santa Sede. Non manca però di seguire con attenzione le problematiche della cattedra aversana, attraverso l’opera del vicario, Padre Giovanni Leonardi, futuro santo, impegnato anzitutto in una “riforma ne' costumi”, per ridare ad “ogni classe del ceto ecclesiastico secolare esatta disciplina, edificante contegno, e giusto zelo pel culto della casa di Dio”.
Tra le altre iniziative, la riforma del capitolo della cattedrale, il riordino delle parrocchie in zone territoriali al posto della vecchia aggregazione per famiglie, fonda la “Fraternitas della Dottrina cristiana” quale prima vera scuola di catechesi, riordina i monasteri femminili e ne risana le “difficoltà finanziarie causate dal mancato pagamento di molte delle doti e dei vitalizi delle monache”. Sistema i conti anche della mensa episcopale, ciò che consente lavori di ampliamento e ristrutturazione del palazzo vescovile. E’ fondatore della Congregazione degli Oblati della Missione Aversana.
Domineddio lo chiama a sé il 17 marzo 1605, ad appena 56 anni Viene sepolto nella cattedrale di Aversa, la tomba segnata da una grande lapide in marmo bianco con stemma (tre stelle su banda trasversale), oggi collocata nel Deambulatorio della Cattedrale, come ci notizia l’Archivio storico-Ufficio Beni Culturali di quella diocesi, cui dobbiamo la cortesia delle immagini. Lascia in dono alla città un’ampolla contenente parte del sangue di Carlo Borromeo (che sarà canonizzato nel 1610), conservata in una teca nella Cappella delle reliquie della stessa cattedrale.
A Casale, come ricorda Gaspare De Gregori nella “Istoria della vercellese letteratura ed arti” (1819), “a sue spese aveva fatto edificare una magnifica cappella di s. Tommaso nella chiesa dei Barnabiti, ove fu posta la seguente lapide: "Bernardini Morrae condomini Candiae, Castillionis, Cellae, et Rossignani, episcopi Anversae, ac fratrum, et eorum descendentium haeredum”. Il De Conti con meno enfasi parla di un “altare nella chiesa di San Paolo”, di fronte all’attuale Palazzo Gozzani di San Giorgio, sede del municipio.
aldo timossi - 70 - continua, ultimo pubblicato martedì 30 sett.
FOTO: Lapide in marmo bianco di Bernardino Morra, duomo di Aversa






