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La giustizia a Casale (6)

Contentino nel 1926 con il Tribunale militare territoriale

Il robusto sfoltimento delle Corti d’Appello deciso nel 1923, ha coinvolto anche Casale, che vede svanire le glorie dell’antico Senato. C’è un ultimo tentativo per recuperare qualcosa. La nuova Giunta comunale appena eletta, sindaco Edoardo Oddone e maggioranza fascista che ha scalzato i socialisti, rivolge al Ministro “vivissima preghiera” perché al Tribunale si aggiunga la competenza sul mandamento di Trino e mantenga in città, pur non essendo capoluogo di provincia, un “Circolo di Assise”, in sostanza una Corte d’Assise, pur se alle dipendenze di quella di Torino. Nessun riscontro!

Il 31 agosto ’23 cessano le udienze della Corte d’appello casalese, il tempo di organizzare il passaggio di poteri, e dal 30 settembre la Corte non esiste più. Intanto, nel clima ormai di regime, in città si fa più tiepida l’opposizione ai provvedimenti governativi.

Rischioso fare il Bastian contrario, meglio pensare che la soppressione sia stata “un fatto inevitabile di fronte al nuovo Codice di Procedura che le Corti di Appello svuoterà di almeno i tre quarti del loro primitivo contenuto. “Se la nostra Corte non fosse stata soppressa, non ne sarebbe rimasta che l’ombra” scrive “Il Monferrato” poche settimane più tardi. Con ironia, ci si chiede cosa ci sta a fare il monumento con Carlo Alberto che tende il braccio “di benigna protezione per la Corte… a Torino”! C’è pur qualche rituale tentativo di recuperare la situazione, chiedendo che, in caso di revisione della legge, non si favorisca Alessandria a discapito del “passato gloriosissimo” di Casale. “Palazzo Langosco è tutt’ora disponibile per allogare la Corte”! Ci si riprova nel ’25, quando si muove anche Alessandria, con un documento degli avvocati e procuratori, portato a Roma dal loro presidente, il senatore a vita Augusto Battaglieri. Niente da fare.

Un contentino arriva nel dicembre 1926, con il regio decreto 2111 che fissa a Casale la sede del Tribunale militare territoriale per la giurisdizione del nuovo Corpo d’armata di Alessandria, creato con lo stesso provvedimento.

Avrà sede a Palazzo Langosco. Non è paragonabile al glorioso Senato, ma la decisione è vista come “lietamente augurale” dopo aver “sofferto con senso di profonda disciplina il sacrificio” della Corte d’Appello.

Quella magistratura in divisa durerà appena cinque anni. Nel frattempo, a dispetto delle lacrime, ci si preoccupa in qualche modo di far dimenticare il “sacrificio”, cambiando il nome alla strada, che dal ’29 diventa “Via Dalla Valle di Pomaro già via Corte d’Appello”, dall’omonimo palazzo di fronte al Langosco, e tale resterà fino agli anni Ottanta, salvo una brevissima parentesi dal ’43 come Via Ettore Muti.

Alla partenza dei militari, il palazzo dei Langosco (già dei Cocconito di Montiglio) non resterà vuoto, diventando dal novembre 1932 Casa del Fascio, trasferita dalla vecchia sede di via Mellana 5: “alle pareti delle ampie sale sono appesi, in file ordinate e sapientemente disposte, i cimeli dello squadrismo casalese”.

Si rimaneggia intanto (1930) il vecchio Palazzo di Giustizia, ex monastero delle Orsoline. Demolito un brutto capannone in quello che oggi è il giardino su Piazza Rattazzi, restaurato “l’antico portico del convento, ora signorile atrio e disimpegno della rinnovata sala di udienze del Tribunale”.

Tutto tace fino alla metà degli anni Cinquanta, quando il Parlamento delega il Governo ad emanare nuove norme sulle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari, consistenti anche “nell’aumento o nella diminuzione del territorio” delle sedi già esistenti, nonché nella modifica della geografia delle preture.

Nell’ambiente forense cittadino circola voce che possa essere sottratto alla giurisdizione del Tribunale di Casale tutto o parte del territorio sottoposto alla Pretura di Moncalvo. Ai parlamentari locali viene data la sveglia dal Consiglio dell’Ordine, presieduto da Giovanni Tommaso Caire, con segretario Vittorio Gatti e tesoriere Ernesto Boverio. In sostanza, la perdita di Moncalvo “oltre a costituire un nuovo colpo al prestigio della città, già privata della Corte d’Appello, risulterebbe di grande scomodità per la popolazione della zona interessata, che pur trovandosi in provincia di Asti è orientata per abitudini e tradizioni su Casale, con la quale ha maggiori possibilità di collegamenti ed intensi rapporti commerciali”. Il primo a muoversi è il senatore di Asti, Giuseppe Bosia, però coglie la palla al balzo per suggerire, pro domo sua. che, spostando ad Asti la Pretura di Moncalvo, si debbano far rientrare in quella provincia (è giovane, creata nel 1935, il 1° Aprile) i Comuni della zona di competenza, tutti nel territorio di Alessandria, tranne Calliano, Cunico, Penango, Scandeluzza, Montiglio, Tonco!

In conclusione, nessuna revisione immediata. Moncalvo resta nei confini territoriali del ’35 e giudiziari del 1941. Una brutta novità arriva però a inizio ‘64, quando la Pretura di Vignale diventa semplice sezione, dipendente da Casale, ed in quella revisione perde alcuni Comuni che passano ad Asti: Montemagno, Viarigi, Montiglio, Castagnole, Grana, Casorzo. “Ci hanno portato via un poco di casa nostra e nessuno ha protestato. Vergogna, tre volte vergogna” commenta sul giornale l’avvocato Renato Bagnera. Si prende atto della situazione, ma non è finita, dopo una quindicina d’anni, arriveranno nuove, brutte notizie anche per il Tribunale, che nel frattempo (Marzo 1973) vedrà congedarsi uno storico presidente, Giacomo Porta, Consigliere di Cassazione, originario di Brozolo, per 37 anni a Casale, dove ha diretto prima l’Ufficio Requirente e quindi quello Giudicante (giovane cronista di giudiziaria, ebbi a conoscerne le doti di simpatia e fermezza non disgiunta dalla necessaria umanità). Al vertice del Tribunale, la nomina di Paolo Velletri.

aldo timossi (6 – continua)

FOTO. Il ritaglio è del 28 marzo 1964