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Stagione e passione per i  funghi

di Elio Gioanola - Dai boschi di Superga i nobili boleti

 Sono stato fino a quando ho potuto un appassionato cercatore di funghi.

Ho cominciato, quando ero ragazzo, ad aggirarmi alle prime brume autunnali per le valli in fondo al paese a raccogliere prataioli, con ai piedi scarpe di gomma che erano state di mia madre giovane, e riportando a casa cestini di quei bianchi prodotti della stagione. Ricordo due favolose raccolte di quel tempo lontano, la prima in una riva mentre scappavo perché si era messo a piovere: in una riva nascosta tra i rovi intravidi delle cose bianche, troppo grosse per essere funghi.

Invece lo erano, prataioli giganti mai visti prima né dopo, tanto da farmi pensare di stare sognando. Non era un  sogno, ma quasi, se penso alla sorpresa che provai: tanti erano già vecchi ma di nuovi e freschi ce n’era anche di più, e riempii il mio cesto correndo a casa bagnato e agitato. I miei non fecero buon viso al ritrovamento di quello che a me sembrava un tesoro, ma un vecchio cliente del Caffè li rassicurò, erano erano prataioli molto rari, che vengono solo ogni tanto, bianchi come il latte e rosa sotto. L’altro fortunato ritrovamento mi capitò qualche tempo dopo nei prati verso Valenza, e questo volta fu davvero sorprendente: c’era in mezzo all’erba di un prato un semicerchio letteralmente gremito di piccoli ovetti bianchi, una meraviglia mai più vista: non riuscii a raccoglierne che una parte, rinviando al giorno dopo il bottino completo: l’indomani ero là al mattino presto, ma di funghi c’erano solo  sparse tracce,  qualcun altro era stato più pronto di me. 

Ma i veri re dei funghi, come si sa, sono i porcini e quelli li vidi la prima volta quando, nel dopoguerra, andai dalla madrina a Santo Stefano Belbo: lei era una vera esperta della materia e mi portò nei boschi di Superga, dove feci in primo incontro con i “garei”, come lei chiamava i nobili boleti, e con gli ancora più nobili ovoli: ero incantato di quell’autentica meraviglia, di fronte alla quale gli umili prataioli scomparivano.

Fu quello l’evento che fece di me un fungaiolo appassionato: da anni i porcini sono scomparsi dai boschi della mia favolosa madrina, ma da allora ho scoperto altri luoghi in cui sfogare la mia passione, che per poco non mi costò molto cara.

In un soggiorno  nel Trentino, per motivi di studio, mi lasciai trascinare dalla solito richiamo e un pomeriggio mi avventurai nei boschi del luogo, alla ricerca della mia preda. Infatti ebbi subito fortuna e, lasciandomi vincere da essa finii ad un certo punto per smarrirmi: intanto veniva sera e presto, molto presto, fu buio. In preda all’angoscia crescente, mi trovai sull’orlo, a quanto potevo intuire nell’oscurità, di un precipizio, che non potevo sapere dove portava. Mi stavo abbandonando a quell’invisibile  burrone, quando sentii il clacson abbastanza vicino di una macchina: dunque ero nei pressi di una strada e allora senza pensarci troppo mi lasciai andare nello scoscendimento  sconosciuto e in qualche modo mi ritrovai a pochi passi dalla statale sottostante. 

La macchina che stava salendo si fermò al mio cenno e il guidatore mi assicurò che eravamo sulla statale della Mendola, a una decina di chilometri dagli alberghi del passo.

Di tanto mi ero allontanato nel mio girovagare nei boschi e ora potevo ritrovare il respiro che avevo temuto di perdere per sempre. Potevo immaginare che la mia passione per i funghi si sarebbe arrestata a quel punto, ma non fu così.

L’insegnamento ottenuto in un liceo genovese mi mise a due passi dall’Appennino ligure, ricco quando l’annata è buona, dei più apprezzati frutti del bosco e presto mi ritrovai, quasi a caso, in una valletta detta della Maddalena, dove in una casetta lontana dal traffico del passo del Torchino c’era un vecchio cascinale abitato da una vedova con due figli gemelli, scapoli trentenni, veri maghi dei funghi,  principale fonte dei loro magri proventi.

Con loro per tanti anni ho potuto dare sfogo alla mia passione principale, provando la gioia di fantastiche trovate di porcini, che loro erano in grado di scovare con sicurezza come fossero telecomandati, lasciandomi la soddisfazione di qualche scoperta da loro fintamente lasciata al mio entusiastico stupore. 

Elio Gioanola

(rubrica Tempi supplementari, pubblicata venerdì 30 agosto)