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Passeggiando per Gian Giacomo Francia

Cella Monte, sabato 13 maggio, alle ore 15.30

Da Cella Monte, sabato 13 maggio, alle ore 15.30, partono le iniziative per il 250° anniversario della nascita di Gian Giacomo Francia, aristocratico del Monferrato, giacobino dopo la Rivoluzione, politico di spicco dell’Italia napoleonica, capo politico della città e della provincia di Casale durante i moti del 1821, Sindaco di Cella e Sindaco di Casale.

Sabato è in programma il primo evento: una passeggiata a Cella Monte sui luoghi legati a Gian Giacomo Francia. La partecipazione è libera e la promenade storico-letteraria si snoderà attraverso tutto il paese, con partenza alle 15.30 dalla centrale Piazza Vallino (Piazza del Comune). In caso di pioggia, la passeggiata sarà riproposta venerdì 16 giugno.

Accompagneranno il pubblico tre relatori d’eccezione: Roberto Coaloa, Enrica Pugno e Dionigi Roggero. L’evento è anche un preambolo al convegno internazionale del prossimo 17 giugno, presso l’Ecomuseo della Pietra da Cantoni, dal titolo: «Gian Giacomo Francia (1773-1858) e l’Albero della Libertà».

Racconta Coaloa le novità: il convegno di giugno, tra i tanti importanti patrocini, si avvale anche di quello del Museo Nazionale del Risorgimento italiano di Torino, che ha apprezzato la scoperta di questo personaggio, giudicato dal suo direttore, Ferruccio Martinotti, «formidabile». L’intesa con il Museo di Torino è dovuta anche al tema del convegno di Cella Monte: Francia e l’Albero della Libertà. Non a caso la prima sala del museo è contraddistinta dalla ricostruzione dell’Albero della Libertà eretto in Piazza Castello a Torino l’11 dicembre 1798. La sala racconta il mondo nuovo delle rivoluzioni del Settecento, che spesso sono definite la porta d’accesso al mondo contemporaneo. Al centro della Dichiarazione d’indipendenza dalla Gran Bretagna dei Tredici Stati Uniti d’America, 4 luglio 1776, vi erano ideali generali condivisi dai filosofi moderni: l’uguaglianza di tutti gli uomini, i diritti della libertà e della realizzazione personale, la legittimazione per i governanti derivante solo dal consenso dei governati. Anche in Francia si affermò il principio che tutti gli uomini nascono liberi e uguali, e sono portatori di diritti inviolabili alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza, alla resistenza all’oppressione. La sovranità era così trasferita dal re per grazia di Dio alla totalità dei cittadini, non più sudditi ma portatori di diritti e di doveri.

«Gian Giacomo Francia nel Piemonte sabaudo, diventò giacobino, per antipatia verso l’assolutismo dei Savoia, soprattutto per bibliofilia e culto della letteratura dei Lumi», ricorda Coaloa.

Nell’autobiografia, Gian Giacomo ricorda: «Io fui notato a Casale come l’uno de’ principali Giacobini, se non come corifeo de’ medesimi, essendo il solo Casalese che abbia dovuto espatriare per le sommosse del 97. Per verità la mia condotta non poteva non essere sospetta al governo vedendomi legato in amicizia coi sospetti di tutti i paesi vicinissimi, anzi sapendo che l’avvocato Testa di Asti e Fagiano di Moncalvo tutti e due giustiziati, erano stati miei amici, e aveva sempre parlato alla libera molto a Casale, ed a Vercelli, e pertutto ove andava, che frequentemente mi assentava da Casale praticando con sospetto di altri luoghi, e che il Conte Gian Battista Sannazzaro ed io, ci eravamo procurati mezzi di avere scritti francesi e Cisalpini, e gli leggevamo in compagnia di altri giovani, commentandoli in modo da scaldar la testa loro, siccome già lo erano le nostre».

Carlo Emanuele IV abdicava il 9 dicembre 1798 e lasciava Torino per andare a Parma e poi in Sardegna. Al passaggio da Casale, dove pernottava l’11 dicembre 1798 nella casa del marchese Grisella, il re era salutato ma anche deriso dai cittadini; fra questi c’era anche Francia, con il rivoluzionario berretto frigio.

Quello che avvenne «nella Strada di Sant’Ilario» è sminuito da Francia, che cinquant’anni dopo, nella sua autobiografia, ricorda che il re non fu offeso con le parole né insultato con atti. Riconosce, però, che aver «ostentato il capo coperto alla Giacobina, indispettì il Governatore».

Con l’occupazione francese da parte delle truppe del generale Vigne, fu piantato nella piazza grande l’Albero della Libertà e Gian Giacomo scriveva il testo dell’inno a quest’albero depositario di così tante speranze tra tanti europei. Francia fece parte della Municipalità provvisoria di Casale e ricorda il momento: «Seguirono grandi feste col piantamento dell’Albero della Libertà innalzato al canto di un inno, che io eccitato da miei colleghi, distesi, mi sia lecito il dirlo quasi improvvisando, e che fu stampato in una raccolta di inni patriottici in Torino, nella quale brilla come astro maggiore quello di Evasio Leone».

«Enrica Pugno e Dionigi Roggero, spiega Coaloa, ci racconteranno anche la società dell’epoca di Francia», dove a Cella, in particolare, nacquero le prime scuole, si coltivavano i gelsi per la seta e le comunicazioni erano rese difficili da strade impercorribili. «Come Sindaco di Cella, che contava allora, come è indicato dall’Archivio Comunale, nel 1824, 714 persone, Gian Giacomo Francia fu un buon amministratore, realizzando le prime strade percorribili. Molti gli aneddoti da ricordare, tali da rendere la riscoperta di Francia cosa bella e necessaria. Alcuni libri della rivoluzione dello spirito, i lumi, furono murati a Casa Francia quando arrivarono i cosacchi di Suvorov e lì furono lasciati anche dopo la Restaurazione dei Savoia. Napoleone, dopo la battaglia di Marengo, liberò Francia da un lungo periodo di carcere. Fu arrestato dai cosacchi nel 1799 e solo nel giugno 1800 rivide l’amata Cella».

FOTO. Gian Giacomo Francia