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Alessandria: la mostra a Palazzo Cuttica

Coaloa illustra la battaglia di Waterloo e la storia dei giochi di guerra napoleonici

Di Guido Crepax, fino al 1° aprile, a Palazzo Cuttica di Alessandria, si possono ammirare le battaglie e i soldatini di carta, veri e propri capolavori dell’artista milanese, papà della celeberrima Valentina, nella mostra «Crepax + Napoleone. Marengo e altre battaglie di carta»: Marengo, appunto, Trafalgar, Waterloo e l’eccezionale schieramento per la battaglia di Solferino e San Martino del 1859. A impreziosire la mostra c’è anche un filmato che emoziona: le scene di vita privata di Guido Crepax, mentre gioca a «La Battaglia del lago ghiacciato», con un sorridente Claudio Abbado, amico del papà di Valentina per una sorta di atavismo familiare e musicale: Michelangelo Abbado, il padre di Claudio, era violinista e insegnante al Conservatorio di Milano, dove Gilberto Crepax, il padre di Guido, era insegnante di violoncello. I soldati di carta, dal punto di vista estetico, erano ispirati al celebre film sovietico Aleksandr Nevskij, diretto, nel 1938, da Ėjzenštejn, con le musiche di Prokof’ev (tra l’altro interpretate magistralmente da Abbado con la London Symphony Orchestra).

Chi scrive ama molto l’originale esposizione di Alessandria, davvero superba nell’elegante allestimento. Sono felice che gli amici Paolo Palumbo, Marco Zatterin, Rosa Maria Delli Quadri, Luigi Mascilli Migliorini e Nicoletta Marini d’Armenia abbiano accettato di partecipare agli eventi da me curati sotto il titolo di “Giocare con l’Imperatore”, che sono iniziati domenica 25 febbraio a Palazzo Cuttica nella Sala Napoleonica, dopo un confronto con gli eredi di Crepax: i figli Antonio, Caterina e Giacomo. A questi incontri, grazie all’impegno del comune di Alessandria e di asm costruire iniseme, si sono aggiunti dei laboratori di Inchiostro Festival.

In questo periodo di nuove guerre, ricordare il passato, giocando con i soldatini di carta, può far riflettere sulle atroci follie dell’uomo, nel sovvenire di Solferino e di Dunant.

Guido Crepax passava intere giornate in biblioteca per documentarsi sui campi di battaglia, la consistenza degli eserciti, le divise e le armi. Poi realizzava centinaia di soldatini di cartoncino, ognuno dei quali era disegnato e colorato fronte retro, ritagliato e incollato su piedistalli di balsa e infine lucidato con la nitro e bilanciato con un quadratino di piombo. Non si tratta di un divertimento solo estetico; le battaglie sono soprattutto un gioco vero e proprio dove gli eserciti si affrontano su grandi mappe, minuziose, del campo di battaglia e, muovendosi a turno con velocità diversa a seconda del tipo di soldato e di terreno, cercano di prevalere utilizzando i dadi (la sorte) per spararsi, cannoneggiarsi e combattere corpo a corpo, nella classica scaramuccia. Una specie di wargame avant la lettre e dei successivi giochi di ruolo al computer che Guido Crepax non ha avuto tempo di conoscere. Pur non essendo un amante della guerra, né della competizione, si divertiva così a realizzare questi giochi, dove l’esito finale poteva rovesciare quello della Storia. La sua ultima creazione in ambito “guerresco” risale al 1982 e si tratta di un bellissimo gioco dell’oca con scontri tra paladini e saraceni ispirato al poema di Ariosto “Orlando Furioso”.

Anche senza voler prendere in considerazione i giochi usati nelle scuole militari per esercitazioni di strategia e tattica, ed i giochi di guerra messi in atto a livello estremamente complesso, il wargame rimane un passatempo che richiede, oltre ad una particolare attitudine, applicazione, ragionamento e capacità di analisi. Le norme che regolano la tecnica, la meccanica del gioco, sono numerosissime, con molte varianti, ma, proprio per questo, il gioco entusiasma, soddisfa e non fa rimpiangere il tempo che assorbe. Inoltre, per le sue stesse motivazioni d’origine e per le indispensabili esigenze di riferimento alla realtà e di verismo, richiede e sollecita studio e approfondite ricerche, ed è giusto riconoscergli perciò degli innegabili aspetti culturali.

Il wargame è un gioco inventato nel 1780 da Johann Christian Ludwig Hellwig, entomologo, autore di giochi e Maestro di Corte del duca di Braunschweig (Carlo Guglielmo Ferdinando, acerrimo nemico dei francesi, che fu colpito gravemente agli occhi nelle battaglie napoleoniche di Jena e Auerstadt, morendo a seguito delle ferite riportate).

Hellwig pubblicò la prima edizione del suo kriegspiel nel 1780 con il titolo Versuch eines aufs Schachspiel gebaueten taktischen Spiels von zwey und mehreren Personen zu spielen, che possiamo tradurre in italiano come: Tentativo di costruire sugli scacchi un gioco tattico che due o più persone potrebbero giocare.

Lo scopo di Hellwig era la creazione di un gioco simile agli scacchi che riflettesse meglio la scienza militare dell'epoca, specialmente il comportamento della fanteria, cavalleria e artiglieria.

Il suo kriegspiel era giocato su una scacchiera di grandi dimensioni (di solito di 49 colonne per 33 file, per un totale di 1617 quadrati, ma sono riportate anche scacchiere di 40 per 66 quadretti o di scacchiere con 1666 posizioni e 120 pezzi) con variazioni al movimento dei pezzi e l’aggiunta di nuovi. L’innovazione più radicale, rispetto ad altre modifiche degli scacchi, fu l’introduzione di nuovi tipi di terreno, ogni casella della scacchiera era colorata in modo da indicare un tipo di terreno (montagne, paludi, fiumi, case e recinti) a cui erano associate regole che restringevano il movimento o davano vantaggi in combattimento. La disposizione iniziale dei pezzi non era determinata, la scacchiera era divisa in due da un confine e ogni giocatore poteva disporre a piacere i propri pezzi entro il pertinente territorio, purché non troppo vicino al confine. Ai pezzi degli scacchi sono associate le unità militari reali, pedoni e cavalli per il loro movimento limitato vengono associati alla fanteria, mentre Regina, alfieri e torri vengono associati alla cavalleria a causa del loro movimento limitato solo dall'estensione della scacchiera. Pezzi aggiuntivi introdotti sono l’Elefante (un misto di alfiere e cavallo), l’Alfiere saltante (un misto di alfiere e cavallo) e la Regina saltante (un misto di regina e cavallo). I pezzi vengono catturati come negli scacchi normali, ma a ogni pezzo è anche conferito un valore (Stärke) da uno a tre, pari al numero di tipi di movimento che possiede (un cavallo vale uno, una Regina vale due, una Regina saltante vale tre), per determinare la conquista di una fortezza, il totale del valore dei pezzi assedianti viene confrontato con il totale del valore dei pezzi dei difensori. Lo scopo del gioco è per l’appunto la conquista della fortezza, anziché la cattura del Re (scacco matto).

Nel 1803, in una successiva edizione del gioco, Hellwig abbandonò del tutto la comoda astrazione dei pezzi degli scacchi e utilizzò miniature rappresentanti le varie unità militari (granatieri, cavalleria pesante e leggera e artiglieria). In questo gioco, sia le unità di fanteria, che quelle di cavalleria possono muovere come una Regina degli scacchi, ma sono limitate nella distanza mossa a seconda del tipo. La possibilità di effettuare una presa dipende anche dall'orientamento della figura, un’unità di fanteria può catturare solo le unità nelle tre caselle di fronte. Cattura e movimento sono separati, un giocatore può muovere un singolo pezzo per turno, ma può eseguire tutte le azioni di presa che gli sono possibili, viene inoltre aggiunta per la fanteria e l’artiglieria la possibilità di eliminare unità a distanza (per simulare il fuoco dei fucili e dei cannoni). Successive regole contemplano la gestione delle linee di rifornimento e quelle di comunicazione.

Un punto importante da tener presente in tutti i giochi di guerra è che essi differiscono in modo fondamentale dagli scacchi, dove l’interesse risiede nella competizione puramente astratta tra due giocatori. Negli scacchi ciò che conta è la capacità di ragionare in termini logici, quasi matematici. Nei wargames notiamo che se l’agonismo ha indubbiamente un ruolo, la competizione, tuttavia, non rappresenta l’elemento predominante, che consiste, invece, nella sensazione di ricreare il passato. Questo è l’aspetto affascinante. Il giocatore di wargames “fa finta che…” la storia militare sia tra le sue mani. Insomma, certe forme di realismo e di immedesimazione nei confronti dei personaggi dell’epoca napoleonica sono essenziali e qualunque cosa possa aiutare in questo senso sarà di utilità per i giochi di guerra. Addirittura ci possiamo anche muovere come il maresciallo di Napoleone che più ci rassomiglia: Paolo Palumbo, ad esempio, sostiene che chi scrive rammenti, per via soprattutto della montatura degli occhiali, decisamente old style, il maresciallo dell’impero Louis Nicolas Davout, il grande vincitore della battaglia di Auerstädt il 14 ottobre 1806. In questo gioco di flânerie, sotto il segno del realismo e della simulazione, l’amico Palumbo non sfigurerebbe nei panni del coraggioso maresciallo dell’impero Andrea Massena.

Il wargame è una sorta di macchina del tempo, il solo mezzo che consente di spostarsi nel tempo e nello spazio fino a rivivere quasi con un processo di identificazione, le azioni dei protagonisti delle battaglie. La tecnica del gioco impegna intellettivamente l’appassionato, mentre lo scenario ed i fatti d’arme che vi si svolgono e che egli stesso sviluppa lo soddisfano sul piano visivo e psicologico, permettendogli di partecipare, quasi di persona, all’avvenimento. Egli diventa, in definitiva, come uno sciamano, un punto d’unione magico fra la guerra vera e la storia della guerra. Combattendo con i soldatini su un tavolo da gioco, possiamo rovesciare gli esiti di una battaglia già nota.

Questa ucronia o “modificazione della storia” può trovare giustificazione nel desiderio sofisticato di svolgere un’acuta indagine tecnico-militare per analizzare gli eventuali errori commessi dallo sconfitto, o l’influenza di circostanze particolarmente negative (al di fuori cioè delle componenti militari vere e proprie) che hanno svolto un ruolo più o meno importante nel risultato della battaglia. In pratica il wargame, così come quello realizzato da Crepax, consiste nel ricostruire con soldatini le varie unità combattenti, che possono essere interi eserciti o semplici reggimenti a seconda del tema che si intende sviluppare.

Ad ogni modo, il realismo dei wargames è dato, come nei capolavori di Crepax, dall’aspetto estetico. Segue poi l’aspetto tattico: noi giocatori, ad esempio, faremo marciare, sparare e combattere i nostri modelli di reggimenti sottoponendoli alle stesse limitazioni e alle stesse probabilità che essi avevano nella realtà. Per procedere in questo modo sarà necessario conoscere in dettaglio le tattiche del periodo napoleonico e utilizzare le varie tecniche dei giochi di guerra per tradurle in un insieme di regole funzionali. Infine, è fondamentale studiare il problema del comando e del controllo, ovvero poter riuscire a elaborare un gioco che simuli le tecniche per raccogliere le informazioni, emettere ordini e per controllare l’andamento della battaglia. Un gioco che, in definitiva, ci costringa a prendere lo stesso tipo di decisioni che, nella realtà, un comandante dell’epoca sarebbe stato portato a prendere. Non saremo più simili, quindi, ai giocatori di scacchi, che possono muovere a loro completa volontà i vari pezzi, ma ci sentiremo come comandanti in battaglia, costretti a misurarsi contro le informazioni fuorvianti, subordinati recalcitranti, messaggeri che non giungono a destinazione e una miriade di altre difficoltà, tutto questo prima ancora di mettere in moto i nostri pezzi.

Da notare che il gioco di guerra inventato da Hellwig precede di qualche anno il famoso trattato del generale prussiano Carl von Clausewitz, Vom Kriege. Il gioco di Hellwig e il volume di Von Clausewitz compaiono in un’epoca di cesura netta con il passato delle guerre degli incantati reami dell’Ancien Régime. La Rivoluzione francese e Napoleone portano in Europa la levée en masse. Il colpo di grazia era stato dato dai primi generali della Rivoluzione, nella battaglia di Valmy, con Goethe inviato al seguito della coalizione antifrancese guidato dal duca di Braunschweig. La guerra diventava bifronte come Giano, in quanto era conflitto internazionale, ma anche guerra civile e non era più solo affare dei sovrani, dei diplomatici e dei militari.

Il trattato di Carl von Clausewitz sfida ancora oggi il tempo per l’acume della teoria e della strategia militare. La guerra è la «prosecuzione della politica con altri mezzi». La guerra è «un atto di violenza per imporre all’avversario la nostra volontà». La guerra, infine, è soprattutto «un gioco di interazioni» tra incertezze, frizioni, casualità. È un atto di intelligenza politica, calcolo di probabilità e disponibilità al rischio.

Dopo il gioco di Hellwig, il merito di aver dato un decisivo impulso al wargame spetta all’esercito prussiano e in particolare al tenente Georg Heinrich Rudolf Johan von Reisswitz. Il suo gioco fu ammirato dal capo di stato maggiore prussiano Karl von Müffling e fu adottato dal futuro capo di stato maggiore Helmuth Karl Bernhard von Moltke, all’epoca ufficiale del corpo topografico. A metà Ottocento il gioco fu progressivamente sviluppato e modificato, seguendo una tendenza che lo allontanava dalle regole precise e ferree dell’originale, conferendo sempre più responsabilità a un arbitro. La guerra franco-prussiana dimostrò che la chiave della vittoria di Moltke era stata proprio la simulazione di un’eventuale guerra dei tedeschi contro l’impero di Napoleone III. Da quel momento tutti gli eserciti del mondo cominciarono a studiare attentamente i metodi di addestramento dei prussiani. I wargames hanno poi contribuito, ad esempio, alla vittoria dei giapponesi sui russi nel 1904-5, perché i soldati del Mikado avevano accuratamente preparato e simulato la campagna a tavolino avvalendosi di giochi di guerra.

Nella Seconda guerra mondiale furono ancora i tedeschi i principali utilizzatori di wargames. Dopo la caduta della Francia, un wargame dimostrò che molti ostacoli, probabilmente insuperabili, si opponevano all’invasione dell’Inghilterra, giudizio che oggi viene ampiamente confermato. Quando si decise di invadere l’Unione Sovietica, l’operazione fu spesso e attentamente simulata a tavolino.

Oggi, nel caso del conflitto tra Ucraina e Russia, è ancora attuale il moderno gioco di simulazione strategica? Questo sarà il tema di un prossimo incontro, dove torneranno utili le considerazioni di Von Clausewitz sulla guerra, oltre a diversi giochi più sofisticati rispetto all’antico kriegspiel prussiano, come Diplomacy, wargame che si può giocare in sette. La crisi internazionale, infatti, può essere considerata come il territorio elettivo e deputato all’analisi sperimentale della «formula» di Von Clausewitz, che è fatta di un insieme di politica e di diplomazia.

Roberto Coaloa



I prossimi incontri della rassegna “Giocare con l’Imperatore”, a margine della mostra di Guido Crepax a Palazzo Cuttica di Alessandria, proseguiranno domenica 17 marzo, alle ore 17.00, con Rosa Maria Delli Quadri e Marco Zatterin su “La battaglia di Trafalgar (21 ottobre 1805) e Roberto Coaloa su “Solferino e San Martino” (24 giugno 1859) e domenica 24 marzo, alle ore 17, con Roberto Coaloa e Paolo Palumbo su “I giochi di simulazione strategica oggi e il modo in cui è cambiata la guerra”.

FOTO. Coaloa illustra la battaglia di Waterloo realizzta da G. Crepax