Notizia »

Storia: l'olio in Piemonte.... di Aldo Timossi

Rinascita dell'olivo in Monferrato - Il frantoio di Trino

 

Nella prima metà del primo secolo dopo Cristo, Lucio Giunio Moderato Columella, ex ufficiale dell’esercito romana, reinventatosi come agronomo, nella monumentale opera “De re rustica”, cose di campagna, cita il contemporaneo Saserna, agricoltore e autore di un trattato “de agri coltura”: “In quei paesi che in addietro per violenza continua dell’inverno preservar non poterono alcuna pianta, che fosse quivi posta, di vite o d'ulivo, or che s’è rattemprato e già intepidito l'antico rigore, d'olio e di vino ridondano”.

Luglio 2025, un quotidiano titola “L’olio di Alessandria presto sarà realtà - Il progetto nei prati ai piedi dell’arco di piazza Matteotti - All’Enaip c’è un corso per formare operatori qualificati”.

Tra le due date, una storia altalenante dell’ulivo e dell’olio in Piemonte, già in espansione nelle zone lacuali dopo la strage seguita al rigido inverno del 1929, e che ormai avanza nelle zone di collina, dal Canavese al Monferrato, passando per Roero e Langhe. In qualche zona l’ulivo accompagnava la vite in epoche antiche, forse addirittura nell’epoca del Bronzo; con più sicurezza, è presente al tempo dell’insediamento di comunità di Liguri, qualche secolo prima di Cristo. Trattando poi del Medioevo, la docente-storica Nada Patrone scrive che “colture di olivo si ritrovano nelle alte Langhe, ad esempio a Mango, come dimostrano gli statuti, nel Monferrato, nelle zone lacustri dove il clima è generalmente più mite e temperato, quali il Canavese intorno al lago di Viverone e di Candia o nelle coste più protette”.

In effetti, risale all'inizio del VI secolo il più antico documento che attesta la coltivazione di ulivi sulle Alpi: si tratta dell'atto di fondazione dell'abbazia di Saint Maurice d'Agaune, nella valle del Rodano, nel quale vengono elencate le proprietà dell'abbazia, tra le quali figurano vasti oliveti addirittura in Val d'Aosta. “La massima diffusione di questa coltivazione in Piemonte – leggiamo su “Piemonte Parchi” - si verificò nella seconda metà del XIII secolo proprio in concomitanza con l'innalzamento delle temperature, durato circa 500 anni, fenomeno noto come "periodo caldo medievale" o "ottimo climatico medievale"”.

Scorrendo con pazienza archivi dell’epoca, s’incontrano non pochi documenti utili. Nell'Archivio Capitolare di Asti, una carta redatta nel 1193 cita un “campus de Oliva”. Dal cartario del monastero di Rocca delle donne: il 30 ottobre 1251, Bonifacio, marchese di Monferrato, e Margherita, contessa, sua moglie, investono Elisa, priora della Rocca, delle alluvioni in riva al Po, “a bruxascho de subtus ad monasterium usque at caput oliverij”, da Brusasco al capo dell’Oliveto, probabilmente riferito alla vecchia isola Oliveto, illo tempore contesa tra Gabiano e Palazzolo perché le divagazioni del Po l’avevano un paio di volte trasferita da una sponda all’altra.

Addirittura a Torino il 7 febbraio 1369 viene emesso un ordinato che impone di piantare olivi e mandorli a chiunque abbia vigne. Gli Statuti criminali di Chieri, dello stesso periodo, prevedono gravi multe, fino a 25 lire astesi, a chi furtivamente estirpi, rubi o danneggi piante di olivo; e se non può pagare “sia posto alla berlina senza remissione per tre giorni consecutivi”. Negli “Statuta Campariae” dello stesso Comune, si stabilisce poi la pena di 60 soldi e il ristorno del danno, per chi avrà rubato olive dall’albero. Si direbbe che gli olivi fossero più consueti (e preziosi) nel paesaggio agricolo del Piemonte del passato che ai giorni nostri.

Conferma di quanto reperibile nei documenti, la toponomastica di molti luoghi testimonia la presenza dell'olivicoltura in Piemonte: da San Marzano Oliveto nell’Astigiano, a Monte Oliveto di Cortemilia (CN) e a Ponzano Monferrato, Regione Ulivi a Canelli, Olivola, Strada degli Ulivi tra Patro di Moncalvo e Grazzano Badoglio, Cascina Oliva a Fabiano di Solonghello, Strada Oliva a San Giorgio Monferrato (prosecuzione di Salita Sant’Anna).

E come non citare il “vecchissimo, superbo ulivo in un cascinale fra Solonghello e Fabiano, fornitore di ramoliva pasquale e abbondanti olive”, descritto su Il Monferrato del dicembre 1911; e quello “rigoglioso che – ricorda il giornale nel 1985 -ombreggia il cortile della Tenuta Tenaglia a Crea”.

Perché tanta tradizione andò persa! Il naturalista casalese padre Giovanni Agostino de Levis, scrivendo nel 1795 ne attribuisce la scomparsa “del pari a Marte ed Eolo: lo schiantamento di molti attribuir si dee alle guerre devastatrici, che tutta lacerarono la fiorente Italia; della morte degli altri non si può che accagionare i venti freddi, le brine, le nevi, i geli”, con episodi pesantissimi nel 1494 e nel 1709. Su questo secondo inverno conferma il De Conti nelle sue “Notizie storiche della città di Casale e del Monferrato”: “1709 addi 10 gennajo cominciò un gelo così crudele, che durò quaranta e più giorni, e fu cagione che anche alla marina mancarono le olive e gli agrumi, e cagionò tanto male che a ricordanza d'uomini non si vide il simile; in quest'anno, il gelidissimo verno fece perire tante vigne nel Monferrato”.

Trascorrono oltre due secoli e mezzo, da quel “gelidissimo verno”, durante i quali il Piemonte non è presente nelle statistiche sulla produzione olearia italiana da olive. C’è qualche minima eccezione di piante solitarie in qualche cascina, non mancano giardini con ulivastri cespugliosi decorativi. In compenso, da una relazione sulla presenza piemontese all’Esposizione universale di Vienna, nel 1873, sappiamo che si sono fatti “progressi immensi nella lavorazione di semi oleiferi di sesamo e arachide”. Buona produzione anche per l’olio di noci.

Occorre arrivare all’inizio anni Ottanta del secolo scorso, per trovare in Piemonte un rinnovato interesse all’ulivo, complice il variare delle condizioni climatiche: negli ultimi 60/70 anni - dati ARPAP - le temperature massime giornaliere mostrano un incremento di 2 gradi, accelerato negli ultimi quarant’anni, e le temperature minime sono aumentate di circa 1,5 gradi. Nel 1995 Il Monferrato cita il nuovo uliveto di Francesca Campagnola, alla cascina Belvedere tra Casale e la Valle Ghenza.

Tra il 2001 e il 2005 l’Istituto Agrario Luparia di Rosignano mette a dimora poco meno di 200 ulivi, suddivisi in circa 30 varietà, scelte tra quelle maggiormente resistenti al freddo. In quegli stessi anni, nasce a Vialfrè (TO) l'Associazione Piemontese Olivicoltori (ASSPO); dal sito web, alcuni nomi di fondatori e presenze monferrine: Anita Aquilino di Olivola, , Giancarlo Durando di Altavilla Monferrato, Valentino Veglio di Moncalvo (oggi presidente), Azienda Casa Carucci di Casorzo.

Gli ultimi anni sono quasi una corsa all’ulivo. Ottengono l’etichetta di “Città dell’olio” Moncalvo e Olivola, e questo secondo comune si aggiudica il sostegno della Fondazione Cassa Risparmio Alessandria per la promozione dell’olio extravergine, con la seconda edizione di “Evo-Wine Day”.

Rosignano Monferrato, nell’ambito del progetto “Saperi e Sapori in Monferrato”, il prossimo ottobre vedrà la piantumazione di un grande uliveto nell’area comunale Castellari.

A Trino, un’azienda con uliveti tra Ozzano Monferrato, Valcerrina e Moncalvo, dal 2021 si è addirittura dotata da un grande frantoio.

Da un’indagine recentissima, emerge che oggi in Piemonte si stimano circa 350 ettari coltivati a ulivo, per un totale di 200/250 mila piante. Prodotto ancora marginale ma ritenuto ottimo per qualità. Rispettando il proverbio secondo cui “l’euli bun a ven sempe a gala”, l’olio buono vien sempre a galla.

aldo timossi