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Prelati monferrini di Aldo Timossi -60-
Luciano Pacomio nato a Villanova Monferrato, rettore dell’Almo Collegio Capranica, vescovo a Mondovì
“…ti sei posto mediatore tra Dio e gli uomini, riversando benefici sul popolo affidato alla tua cura e presentando al Signore le preghiere per il suo bene. Ci felicitiamo grandemente con te, Venerabile Fratello, per l’esercizio impegnativo e fruttuoso del sacro ministero, e per te invochiamo dal Signore ogni bene fausto, felice e salutare”. Con queste parole, nel 2015 Papa Francesco concludeva un lungo messaggio a monsignor Luciano Pacomio, nel 50° di ordinazione sacerdotale, vescovo emerito di Mondovì dal 29 settembre 2017.
Nasce a Villanova Monferrato il 4 novembre 1941, figlio unico di Domenico e Maria Avonto. “Fin da preadolescente non ho desiderato altro che vivere da prete”, dirà in occasione del mezzo secolo di ordinazione. Questa è vocazione, chiamata do Domineddio! Studia nel seminario di Casale, è presbitero dal 29 giugno 1965. Da prefetto dello stesso seminario, perfeziona gli studi presso la Facoltà teologica di Venegono (Milano) dove nel giugno 1966 consegue la licenza in teologia. Titolo arrivato “provvidenzialmente” - scrive lui stesso in uno dei suoi tanti libri, saranno oltre cento e la produzione continua - essendo scelto dal vescovo Giuseppe Angrisani per frequentare il prestigioso Pontificio Istituto Biblico di Roma, dove nel 1968 consegue la licenza in Scienze bibliche. Nel 1972, all'Università di Torino, la laurea in lettere e filosofia.
Intanto, dal 1968 al 1971, è docente di teologia dogmatica e sacra scrittura nel seminario Interdiocesano di Vercelli; nel 1971 incaricato quale delegato vescovile per la scuola e la cultura nella diocesi evasiana, e dall’anno successivo rettore del seminario diocesano e responsabile della pastorale giovanile. Nel 1973 inizia l’insegnamento di sacra scrittura nel seminario di Novara. Si occupa come direttore anche della cospicua biblioteca del seminario.
Un capitolo importante nel percorso di monsignor Pacomio è legato alla lunga collaborazione con l’editrice casalese Marietti, dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, e all’incontro con il futuro cardinale Carlo Maria Martini. Inizia con un appuntamento a Roma, per proporre “con coraggio” a padre Martini, all’epoca rettore del Pontificio Istituto Biblico di Roma, una pubblicazione di introduzione alla Bibbia. C’è stato già un contatto indiretto, attraverso l’invio a Martini di un “lavoretto”, “Dei Verbum – Genesi della Costituzione sulla Divina Rivelazione”, edito ad inizio 1971. Inizia dunque un “rapporto buono, amichevole, pieno di stima”. Uno degli ultimi incontri, il 29 dicembre 1979 a Roma. Stavolta padre Martini è “molto serio, quasi indifferente e frettoloso”. Pacomio è sorpreso, “seppur non toccato dal dispiacere”, ma si spiega quell’atteggiamento quando il giorno dopo, leggendo i giornali, legge che Carlo Maria Martini è stato nominato arcivescovo di Milano: “ero andato alla Gregoriana un’ora prima che fosse resa pubblica la nomina”!
Dal 1981 all’83 è direttore dell’Istituto regionale di pastorale del Piemonte, ma è ancora a Roma che nel 1983 viene chiamato quale rettore dell’Almo Collegio Capranica, dove studiano chierici e sacerdoti di tutto il mondo, per perfezionare la preparazione teologica. Prende possesso dell’incarico l’11 gennaio ’84 e dieci giorni dopo è in udienza da Papa Giovanni Paolo II, che gli consegna le insegne da monsignore con la nomina a canonico della basilica papale di Santa Maria Maggiore, componente del Consiglio Presbiteriale, docente presso la Pontificia università urbaniana.
Gli anni romani sono fatti anche di “piccoli avvenimenti, brevi dialoghi, umili incontri vissuti con papa Wojtyła, san Giovanni Paolo II”, e non è da tutti, né frequente, l’avere a che fare con un Papa molto in fretta canonizzato; scriverà nei “Fioretti di papa Wojtyla” (2023) che “il Papa rivelava, nei rapporti personali e nel quotidiano, umorismo, ilarità, doti da attore e sceneggiatore, persino fine ironia, insieme a viva intelligenza sapienziale, unitamente a una pazienza e misericordia grandi per tutti e a preghiera nutrita quotidianamente, lungamente”.
Nel 1996 lascia la guida del Capranica, nominato il 3 dicembre alla guida della diocesi di Mondovì. Giovanni Paolo II lo consacra lunedì 6 gennaio 1997 nella basilica di San Pietro, co-consacranti gli arcivescovi Giovanni Battista Re (poi cardinale) e Myroslav Stefan Marusyn. “Il Monferrato” riporta una simpatica curiosità: al momento dell'imposizione della mitra si leva un applauso, unico tra i dodici ordinati, tant'è che il Pontefice ricevendolo il giorno dopo in udienza privata scherza sulla “claque personale in San Pietro”.
Domenica 2 febbraio prende possesso della diocesi, accompagnato in duomo dal vescovo di Casale, Germano Zaccheo. “Non trovo - dice nell’omelia - una Chiesa che deve essere fondata: a me tocca riconoscere nelle singole istituzioni cosa il Signore vuole che faccia per stare al vostro servizio. Non so se imiterò San Pio V, Michele Ghisleri, ma mi renderò discepolo, aiutando fratelli e sorelle per una qualità diversa della vita”. Papa Ghisleri, nativo di Bosco Marengo, fu vescovo di Mondovì dal 1560 al 1566.
Un intenso ventennio di governo pastorale inizia con la rimessa in cammino del Sinodo, dopo la sede vacante iniziata nel febbraio 1996 con il trasferimento a Vercelli del vescovo Enrico Masseroni. Fare Sinodo significa per Pacomio “una Chiesa con piccoli cammini fedeli e gioiosi; con modeste persone piene di garbo e di amore nei tanti drammi presenti in ogni comunità; con tante mani, piccole mani, tese per stringersi, fare cordata e passarsi i mattoni che costruiscono la casa comune, nella novità evangelica”. Il nuovo pastore è attento ad ogni angolo del gregge, ad ogni categoria. Per i giovani organizza un sinodo particolare ed ai quali indirizza nel 1999 una “Lettera dei giovani”, libretto di una trentina di pagine unico nel panorama nazionale. Ripetuti esercizi spirituali per i preti e corsi biblici per tutti.
Ogni anno il pellegrinaggio a Lourdes di Savona. Sovente viene riunito il Consiglio pastorale diocesano. Non mancano gli annuali incontri con gli amministratori pubblici, gli operatori nel sociale, gli imprenditori, i sindacalisti, nel segno della ricerca del bene comune.
Segue i problemi dei mass-media, e agli operatori della comunicazione nel 2010, a conclusione di un convegno regionale tenuto a Vercelli, propone una sorta di decalogo che spazia dalla necessità di dialogo con i lettori/spettatori, al “comunicare con uno spettro di finalità ben motivate in sé, mai egocentriche, autoreferenziali, non documentate, affidate a criteri di arrivismo, sensazionalismo”, all’essere “innamorato del bene e del bello”. C’è attenzione anche ai diocesani che operano in terre di missione. Nell’agosto 2002 è in Brasile, e Nova Iguaçù e a Pesqueira, e nella diocesi di Floresta; assicura massima disponibilità a sostenere il legame missionario con quelle Chiese terzomondiali. Il cronista annota che il buon vescovo Pacomio è anche vittima di un’aggressione con scippo a Rio de Janeiro! Ancora in Brasile nel 2010, in occasione dei 50 anni della diocesi di Nova Iguaçu, visitando le comunità affidate a sacerdoti monregalesi. Nel sociale, tra le tante iniziative, l’allestimento di una “cittadella della carità” nell’ex Istituto Pagliano a Mondovì Breo.
Con l’inaugurazione dei restauri pittorici del duomo di San Donato monsignor Pacomio si avvia verso la conclusione il tempo di guida della diocesi. Nel 2015, 50° dell’ordinazione sacerdotale, quasi in sordina celebra a Roma nel carcere di Rebibbia con don Sandro Spriano (ordinato nel 1965 con Pacomio a Casale, cappellano del carcere dal 1991).
Al compimento dei 75 anni presenta le dimissioni e preannuncia il congedo nell’ultima lettera pastorale “Il cammino continua: amatevi gli uni gli altri”. Ha parole di grande umiltà e spiritualità: “Vivissima in me è la costante meravigliosa compagnia “da poveraccio” di tanti veri amici: Maria Santissima, S. Giuseppe, tutti i santi, tanti beati incontrati di persona, gli Angeli, i carissimi defunti, dai miei genitori a quelli che chiamo superiori e benefattori. Vivo la buona attesa, il Buon Dio mi sorregga e con me tutti, donne e uomini, giovani, adulti, anziani che devo servire e amare”.
Continua oggi a servirli, sempre disponibile per le celebrazioni nelle parrocchie del Casalese e non poche volte nell’amato Monregalese.
aldo timossi