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Ascesa e caduta di una stella. La vita e i film di Lino Ventura

Una grande figura del cinema del Novecento nella biografia di Coaloa

Nel 2019 cadrà il centenario della nascita di una grande figura del cinema del Novecento, dell’attore più amato dai francesi, Lino Ventura, nato a Parma il 14 luglio 1919. In 34 anni di attività, la star ha girato 74 film.

A ricordarcelo, a farci letteralmente conoscere Ventura, è la splendida biografia, appena uscita in Italia (completa della poco nota filmografia), dello storico e scrittore casalese Roberto Coaloa, Ascesa e caduta di una stella. La vita e i film di Lino Ventura (La Lepre Edizioni, pagine 192, € 16,00). Tra i primi a recensire il volume (l’unico in Italia su Ventura) è stato il giornalista e critico Pino Farinotti, autore di dizionari di cinema e docente di cinematografia, che ha osservato: «Roberto Coaloa, classe 1971, è autore attivo nell’ambito della Cultura, c maiuscola. Gli si deve un saggio, Guerra e rivoluzione su Tolstoj, una serie di testi dedicati al Risorgimento e alla Grande Guerra, è slavista, traduttore e critico letterario, specialista dell’Austria-Ungheria. Scenari seri, accademici nell’accezione migliore. Che un autore decida di esplorare altri registri, di cambiare categorie non è mai una cattiva notizia. Coaloa deve aver avuto una motivazione forte, e, dopo aver letto il libro, ti schieri dalla sua parte».

La biografia racconta non agiograficamente la storia (davvero eccezionale) di Ventura, che muore a sessantotto anni nel 1987. A Parigi il ricordo di “Lino” è vivissimo. Nota Coaloa: «A Parigi, nel nono arrondissement, un decennio dopo la sua morte, è stata dedicata a Lino un’intera piazza». Come attore, Ventura ha girato capolavori assoluti della storia del cinema: Touchez pas au grisbi (Grisbì) di Jacques Becker (1953), Ascenseur pour l’échafaud (Ascensore per l’inferno) di Louis Malle (1957), Classe tous risques (Asfalto che scotta) di Claude Sautet (1959), L’armée des ombres (L’armata degli eroi) di Jean-Pierre Melville (1969), Le clan des siciliens (Il clan dei siciliani) di Henri Verneuil, La bonne année (Una donna e una canaglia) di Claude Lelouch (1973), Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi (1976), Garde à vue (Guardato a vista) di Claude Miller (1981), Cento giorni a Palermo di Giuseppe Ferrara (1984).

La vicenda umana di Lino Ventura è interessante non solo per la carriera d’attore. È esemplare anche della storia dell’emigrazione italiana del Novecento.

Lino, all’anagrafe «Angiolino, Giuseppe, Pasquale», è figlio di Giovanni e di Luisa Borrini. Il 7 giugno 1926, Luisa e il piccolo Lino, abbandonati da Giovanni, arrivano a Parigi. La vita del piccolo migrante è difficile, umiliante, penosa. Il riscatto avviene con lo sport, dopo aver partecipato in Francia alla Resistenza. Nel 1953, «per caso», Ventura è scelto dal regista Jacques Becker (allievo di Renoir) per una parte importante da contrapporre al mitico Jean Gabin. Nasce una nuova stella del cinema: Lino Ventura conquista spettatori e critici al suo primo film, Touchez pas au grisbi (Grisbì). I francesi sono incantati da questo atletico italiano, che ha rischiato di morire fucilato durante la Seconda guerra mondiale, per aver disertato l’esercito di Mussolini e aver fatto parte - con il soprannome di «L’Italien» - alla guerra partigiana sotto l’occupazione tedesca. Benché impegnato gloriosamente nella Resistenza, Ventura non mancò di allacciare una sincera amicizia, difesa sempre a spada tratta, con José Giovanni, accusato viceversa di collaborazionismo, in losche vicende marsigliesi, nei più neri fra tutti i giorni della storia francese. Con Giovanni l’attore farà i film più riusciti: Le rapace (Il rapace) del 1968, Dernier domicile connu (Ultimo domicilio conosciuto) del 1969, Le ruffian (Una cascata tutta d’oro) del 1983. 

È strano notare come la figura di Ventura, una star del cinema mondiale, sia stata sinora completamente snobbata in Italia! Proprio lui che ci tenne a conservare la cittadinanza italiana, rifiutando le onorificenze francesi e accettando quelle italiane. Per un’incredibile bizzarria, infatti, solo nel Bel Paese, Ventura è considerato «un attore francese», mentre per il resto del mondo Lino è l’attore italiano per eccellenza. Coaloa cerca di spiegare la ragione di questa stranezza mostrando come i film italiani di Ventura, con registi come Rosi e Ferrara, fossero troppo “moderni” o “politici” per la critica cinematografica italiana, attenta in quegli anni più ai registi e alle loro scelte letterarie e stilistiche che agli attori, alle sceneggiature e al cinema tout court. 

Sposato a Odette, padre di quattro figli, Ventura, dal 1966, aiuta i bambini diversamente abili e le loro famiglie con i suoi soldi, cercando fondi con manifestazioni pubbliche. Ha creato istituti di ricerca medica e l’associazione umanitaria «Perce-Neige», che sopravvive, dopo la sua morte, come Fondazione. L’associazione nacque nel 1966 dopo un appello di Ventura alla televisione francese: «C’è dunque questo problema fondamentale che tormenta le notti insonni di tutti i genitori: quando noi moriremo, che ne sarà di loro?». «Loro» sono i bambini portatori di handicap mentale. Ventura, in Francia, anticipava di cinquant’anni la legge sul dopo di noi, approvata in Italia solo nel 2016. 

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