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Prelati monferrini di AldoTimossi

Lelio Ardizzone (35) - Nasce il 1 luglio 1629 da nobile Famiglia feudale, trasferita a Casale dal Vercellese (Trino?)
Lelio/Lalius (o Elio) Ardizzone è vescovo di Casale nell’ultimo scorcio del ‘600, sul finire di un lungo periodo di guerre e difficoltà han coinvolto e coinvolgono la diocesi per quasi tutto il secolo.
Nasce il 1 luglio 1629 da nobile Famiglia feudale, trasferita a Casale dal Vercellese, probabilmente da Trino, nel 1599. Conte di san Martino, si è laureato in legge a Torino. Ha vissuto alla corte dei Gonzaga. Figura controversa. Nelle sue note sulla nobiltà, il conte Carlo Guglielmo Miroglio di Moncestino lo descrive come affarista, impegnato a mettere insieme un grosso patrimonio sfruttando le disgrazie altrui; “venutagli poscia fantasia di essere vescovo, l'ha ottenuto perché figuratosi nel suo cervello ciò che pare impossibile, tanto lo raggirò che lo rendette possibile”. Nomina fulminea, da laico a vescovo, non inconsueta all’epoca; un esempio è Carlo Borromeo, futuro grande santo, nipote del papa Pio IV, che a nove anni riceve l’abito clericale, a dodici è abate, a 22 cardinale diacono!
Altre fonti trattano monsignor Lelio con più benevolenza. Lo storico e docente torinese Alberto Lupano scrive: “I suoi ritratti suggeriscono idee miti e cordiali. Fu un buon presule, circondato però da una sorta di incomprensione generale. Garbava poco ai casalesi. Non riusciva a ottenere obbedienza nemmeno dalla famiglia naturale”.
La consacrazione come presbitero l’8 settembre 1661. Il 13 maggio 1680, la nomina a vescovo di Casale e cinque giorni dopo, la consacrazione da parte del cardinale Carlo Pio di Savoia, co-consacranti l’arcivescovo di Benevento, Giuseppe Bologna, e il vescovo di Fossombrone, Giambattista Zeccadoro. Quando la notizia arriva a Casale, in città è d’obbligo che tutte le chiese suonino le campane a festa, in particolare a Santa Maria di Piazza, della cui Collegiata è stato prevosto. Si organizza un solenne Te Deum in cattedrale, ma sono preannunciate defezioni, tanto che il Capitolo di sant’Evasio - l’altra Collegiata cittadina, nel cui ambiente la nomina è stata peraltro poco gradita - deve minacciare “la sospensione della messa” per chi non dovesse parteciparvi. Nel tempo non saranno inconsueti gli scontri tra i canonici di sant’Evasio e quelli di santa Maria di Piazza. Il nuovo eletto tarda a prendere possesso della Cattedra - si è messo in viaggio in carrozza da Roma, ma evidentemente compie alcune tappe intermedie - limitandosi a mandare un delegato/vicario, che giunge a Casale all’inizio di giugno. Finalmente, un paio di settimane più tardi, anche il neoeletto è in città, “in incognito” ci dice il De Conti nelle sue “Notizie storiche”, in sostanza arriva quasi di nascosto.
Inizia un ventennio di governo pastorale. Sul sito BeWeb della Conferenza episcopale si legge che “la sua personalità è molto apprezzata, in quanto coniuga attitudini al governo, derivate dagli studi canonici, alla devozione spirituale del suo popolo”. In effetti risulterà molto attivo, tra l’altro ligio alle norme stabilite dal Concilio di Trento (1545-1563) che hanno prescritto l’obbligo per i vescovi delle visite pastorali non sporadiche. Le svolgerà in due periodi (1680-1685 e 1698). Non mancano contrasti, sia con il potere politico, sia con l’ambiente religioso locale. Nel 1692 deve abbandonare la città e rifugiarsi nel castello di Pomaro - marchesato acquisito dalla Famiglia nel 1685 - per contrasti con il governatore francese che lo accusa di intendersela con il nemico spagnolo. E’ in lite con i Savoia per un problema di autorizzazione alla vendita di carni durante la Quaresima. Ha il suo daffare nel mantenere buoni rapporti tra presbiteri secolari e comunità regolari dei tanti Ordini presenti in città, basti pensare che una grande processione nell’aprile 1689 finisce a schiaffi e calci tra fraticelli e canonici, intervento finale del bargello con le guardie, e minacce di galera.
Il vescovo Ardizzone cessa di vivere la notte del 2 novembre 1699, appena sessantenne. Il giorno prima della morte, alcuni parenti sono entrati nel palazzo vescovile, spogliandolo di ogni cosa, e lasciando il monsignore “in una misera stanza, con un miserabile letto”.
Quattro giorni dopo, rivestito dei paramenti pontificali, le solenni esequie in duomo , con “sepoltura in sancta sanctorum, vicino alla sedia vescovile”.
aldo timossi
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Ultimo pubblicato martedì 31 novembre: Paolo Vincenzo Leardi