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Cultura in Sinagoga

Mostra di Porta - Coro Gesher

L'attività della Comunità Ebraica di Casale Monferrato riprende domenica 19 maggio, dopo una piccola pausa dedicata in realtà prima al finissage della mostra dei Lumi a Matera, poi ad un viaggio che ha portato diversi Casalesi in Israele anche alla ricerca di tracce dell'ebraismo monferrino. Ora si ritorna in vicolo Salomone Olper con due appuntamenti dedicati all'arte in due diverse forme

 

Marco Porta: una riflessione sul tempo

Il primo alle 11 del mattino, in Sala Carmi, vede l'inaugurazione della mostra dedicata alle ultime opere di Marco Porta che saranno esposte in comunità fino al 30 giugno.

 

Una mostra che segna il ritorno ad una esposizione monografica di questo personaggio casalese, professore di matematica, ma ben conosciuto a livello internazionale per la propria produzione artistica. Il soggetto di quest'opera è in un certo modo il tempo, come si legge nella presentazione che ne fa Silvia Mazzucco presentando la mostra. Le opere che Marco Porta presenta in questa occasione fanno parte di un progetto più ampio, a cui ha deciso di dedicare la fase più matura della propria esperienza creativa, incentrato proprio sull’attestazione del suo invecchiare e, in un certo senso, sullo “studio” dei cambiamenti dovuti al tempo. Porta ci propone due diverse serie di oggetti artistici, accomunate dall’avergli richiesto l’uso di capacità motorie - camminare - o di sensi - la vista - destinati a indebolirsi col passare degli anni. Il processo creativo si fonda su due gesti elementari, tra i primi che impariamo a fare da bambini, la cui ripetizione, si fa sempre più difficile con l’avanzare dell’età.

 

La prima serie di opere che possiamo ammirare è, dal punto di vista materico, ciò che di più classico esiste nella storia dell’Arte: pittura a olio su tela. Anticonvenzionale è invece il modo in cui queste tele sono realizzate, cioè camminando su uno strato di colore in precedenza distribuito sul supporto, in modo da ricoprirlo uniformemente. Nel fare tutto questo, inoltre, Marco si pone dei limiti ben precisi: la misura delle tele, la cui superficie è all’incirca di quattro metri quadrati, corrispondente alla metratura minima che per legge deve avere una cella carceraria, e il colore steso sulla tela, rigorosamente nero, in modo che il risultato del suo atto sia il meno decorativo possibile. Marco Porta vi cammina e lascia impronte. Le stesse impronte, però, diventano, a ogni suo ripercorrere avanti e indietro la tela, sempre più indistinguibili, quasi una texture, tanto che difficilmente saremmo in grado di capire da che cosa abbiano avuto origine i segni lasciati sul colore. Porta, inoltre, conta il numero di passi che esegue sulla tela a cui sta lavorando - ed è proprio il loro numero a dare il titolo all’opera - e fa un’equivalenza in chilometri, a quantificare la distanza percorsa, che è simile a quella delle lunghe camminate che ama fare all'aperto. L’azione del camminare è però, qui come in carcere, assoluta, privata di tutte le finalità che le possono essere associate, ma resta la prova del fatto che si è vivi e padroni del proprio movimento. Per la seconda serie di opere esposte, realizza vari disegni su carta, basati sulla fitta ripetizione di linee disposte in senso radiale. In questo caso è la sua vista a essere messa alla prova, perché egli lavora, in questo caso, senza gli occhiali che usa portare di solito. Di nuovo, l’artista conta le linee che disegna, e si rende conto che, da quando ha iniziato a dedicarsi a questo progetto, è sempre più difficile tracciarle in modo netto, preciso e distinguibile, soprattutto quando il disegno si infittisce. Tutti i disegni della serie sono stati eseguiti in Comunità Ebraica, che Marco ha frequentato dialogando più volte con le persone di passaggio. Queste opere, dunque, implicano una doppia necessità, quella del vedere ma anche quella di avere qualcuno con cui parlare. E quando quest’ultimo viene a mancare, il disegno non può essere terminato, come nel caso della tavola dedicata a Viky Victoria Ofra Acik, prematuramente scomparsa proprio mentre la serie era in corso di realizzazione. All'inaugurazione sarà presente l'artista.

 

Cantiamo intorno al Mondo.

Pomeriggio invece dedicato al mondo dei suoni con un nuovo appuntamento della rassegna Musica in Sinagoga, alle 17 ,nella sala di preghiera cinquecentesca di cui si festeggiano i 50 anni dal restauro. Protagonisti di questo concerto dal titolo “Cantiamo intorno al Mondo” sarà il Coro Gesher in collaborazione dei l'Opera Ragazzi e il coro dell'Istituto comprensivo di Casale In...cantiamo3. Uniti sotto la direzione di Erika Patrucco che, per l'occasione, imbraccerà anche il suo violoncello, vedremo inoltre come solisti anche Giacomo Indemini alla viola, Klaudia Shima al violino e Elisa Racozzi al violoncello.

Il titolo del concerto ci suggerisce un viaggio intorno al nostro pianeta con uno sguardo anche al passato. Come è nello spirito del Coro Gesher anche questo concerto vuole mettere in evidenza il valore della musica capace di fare da “ponte” tra culture diverse. La prima parte del concerto sarà dedicata alla musica barocca con l'esecuzione di compositori quali J.S.Bach e di Henry Eccles, la seconda a brani della tradizione popolare di varie provenienze.

 

GIACOMO INDEMINI Nato a Torino nel 1997, ha iniziato lo studio del violino nel 2006. Attualmente frequenta presso il Conservatorio di Torino il 10° anno del Corso di Viola tenuto dal Maestro Mauro Righini, ed è uditore nella classe di composizione del Maestro Giulio Castagnoli. Ha ottenuto riconoscimenti come violista in occasione di concorsi e manifestazioni musicali, tra cui il 2° premio alla 8° Rassegna “F. Mendelssohn” del 2016. Ha suonato in diversi gruppi cameristici e nella Orchestra del Conservatorio, con la quale si è esibito in numerose produzioni concertistiche. Ha inoltre partecipato a più edizioni di manifestazioni internazionali quali “MiTo” e “Mozart Nacht und Tag”.  

FOTO. Un'opera di Porta