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Monferrato Classic Orchestra- Città di Casale

Piovera... Un vero peccato che non ci sia un bis a prolungare il sogno di mezza estate

Metti un concerto in una notte di mezza estate, quasi davvero un sogno visto la cornice in cui è proposto: siamo nella corte del gigantesco castello di Piovera, alle porte di Alessandria, tra merli guelfi, archi gotici, torri e una marea di grilli. 

E’ qui che si è esibita, domenica 31 luglio, la Monferrato Classic Orchestra che da questa stagione aggiunge al suo nome anche quello della Città di Casale. Una bella promozione del territorio considerando la tournée che sta intraprendendo. La sera prima la formazione si trovava intorno ai 2000 metri di Sauzi di Cesaba   per “musica ad alta quota”. “C’erano 10 gradi” ricorda con un po’ di nostalgia Sabrina Lanzi direttore artistico dell’orchestra. Questa esibizione però è più di una semplice tappa del cartellone: la famiglia dei conti Calvi di Bergolo, proprietaria del castello, e il sindaco di Piovera Giuseppe Francesco Betti, ricordano come sia la quarta volta che la MCO si esibisce nel maniero e, infatti, un pubblico affezionato ha riempito ogni posto. Per il secondo anno il concerto, inoltre, si accompagna al “live painting” di quattro artisti che fissano su quattro grandi tele quello che è l’arte eterea per eccellenza: sono lo stesso “castellano” Nicolò Calvi di Bergolo, Grazia Simeone, Monica Posso e Augustin Incicco. A Beethoven e Brahms, protagonisti della serata, che hanno vissuto un secolo teso verso l’arte totale, la cosa sarebbe piaciuta molto.

Pian piano i grilli si placano, una mano accorta spegne la macchina agricola che nel vicinato emetteva una fastidiosa nota di bordone rischiando di accompagnare tutto il concerto e il sogno comincia a prendere forma.

La Settima sinfonia di Beethoven è uno dei cavalli di battaglia della MCO e il maestro Felix Hornbachner la dirige con mano ferma. L’allegretto si dipana nel suo meraviglioso gioco di contrappunti e frammenti tematici, giusto in tempo per finire sui dieci discreti battiti dell’orologio del castello, perfettamente in tonalità e perfettamente a tempo.

Sicuramente incuriosiscono le Variazioni di Brahms su un tema di Haydn che diventano un equilibrato connubio tra il romanticismo più etereo del maestro di Amburgo e la concretezza tematica di chi l’ha preceduto di un secolo. Il tutto in un dialogo tra archi e ottoni davvero difficile da rendere. Il finale con la sua brillante passacaglia, si salda perfettamente con le danze ungheresi dello stesso autore. Il campanile che batte le 11, ovvefro 23 (sempre intonato e a tempo, ma come fa?), i dipinti coloratissimi scaturiti da questa esperienza, I festoni luminosi che adornano il cortile, tutto ci trasporta davvero in una festa surreale dove non sarebbe strano vedere il re e la regina delle fate.

Il pubblico applaude ed è un vero peccato che non ci sia un bis a prolungare il sogno di mezza estate.

Alberto Angelino