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Prelati monferrini (5)

Teodoro Paleologo, figlio di Giangiacomo

Nasce il 14 agosto 1425, probabilmente nel castello di Pontestura, una delle residenze di famiglia, Teodoro Paleologo, figlio di Giangiacomo, marchese del Monferrato, e di Giovanna di Savoia. Ultimo nato, prima di lui quattro fratelli e due sorelle, in un momento critico per il Marchesato: stretto fra Savoia e Visconti, si annunciano tempi grami di contrasti, sconfitte, perdita di prestigio. A nove anni è già a Pavia per seguire le lezioni di lettere classiche del docente e scrittore Antonio Astesano. Nel dicembre 1438 la nomina (s’immagina onorifica, data l’età) a notaio apostolico. Il 20 aprile 1438 nel duomo di Casale riceve i quattro ordini minori (ostiariato, lettorato, esorcistato, accolitato) da Arnaud-Guillaume de Limone, vescovo di Betlemme. Il 10 giugno 1441, nella chiesa di San Francesco a Moncalvo, il vescovo di Acqui Bonifacio II di Sigismondo (in buoni rapporti con i Savoia) gli conferisce il suddiaconato. Arrivano le prime “pingui” commende, nel 1444 quella di San Genuario e l’anno dopo quella dell’abbazia di Grazzano. Nel febbraio 1457 anche Santa Maria di Lucedio diventa commenda, assegnata a Teodoro; un introito non indifferente, che somma rendite e pensioni già riscosse da nobiltà e curia.

Negli anni altre prebende, addirittura in Francia, a Parma, Rieti e Roma, ma non basta. Ai Paleologi monferrini serve inserire nel libro d’oro un porporato. Scrive il medievalista Settia che “sin dal 24 settembre 1454, la sua famiglia aveva provveduto a inoltrare a Roma una supplica tendente a ottenere per lui la dignità cardinalizia. Nel 1464, non appena il governo del marchesato passò al fratello Guglielmo, questi si adoperò presso la S. Sede perché Casale fosse elevata a diocesi; l’opposizione sabauda rese allora impossibile accogliere la richiesta”. Per Teodoro, “che allo splendore della nascita seppe unire un’eminente virtù, congiunta alla modestia, mansuetudine e dolcezza di carattere” (Cardella, Memorie storiche de’ Cardinali, 1793) il cardinalato arriva nel concistoro del 18 settembre 1467. Nell’aprile successivo, la consacrazione e l’assegnazione della diaconia di San Teodoro. La “Istoria” del Monferrato di Fulgenzio Alghisi (1683) ci offre un particolare curioso: Teodoro è uno dei primi cardinali a vestire l’abito e la mantellina color porpora, da poco istituite per completare l’abbigliamento cardinalizio che Papa Innocenzo IV ha iniziato nel 1243, “donando ai cardinali il cappello rosso, per eccitarli ad essere presti a spargere il sangue per la tutela di santa chiesa”.

Dopo una permanenza romana durata meno di tre anni, torna in Piemonte. Ci sono anche gli affari di famiglia e le prebende personali da curare. A Lucedio si sono aggiunte o si aggiungono nel tempo le abbazie di Tiglieto, Santo Stefano Belbo e San Pietro di Acqui, la pieve di Sant’Ambrogio di Frassineto. Torna a Roma per il conclave che inizia il 2 agosto 1471 e una settimana dopo elegge a nuovo pontefice Francesco della Rovere, che assume il nome di Sisto IV. A questo punto il marchese Guglielmo VIII rinnova l’impegno per la diocesi a Casale, nominando Teodoro suo procuratore presso la Santa Sede. Finalmente il risultato viene raggiunto il 18 aprile 1474 con la bolla papale “Pro execellenti praeminentia”.

Gli ultimi anni di una vita che pare lunga ma tale il destino non consentirà, li trascorre tra Roma e il Monferrato.

Di certo si occupa della neonata diocesi, considerato che il vescovo appena nominato, Bernardino Tibaldeschi (famiglia di origini ciociare) ha 24 anni e - scrive il De Conti - “è solamente fregiato degli ordini minori, quindi il pontefice lo deputa amministratore della cattedrale nelle cose spirituali e temporali” fino al completamento degli studi e al compimento dei prescritti 27 anni per poter essere vescovo a pieno titolo. In effetti il giovane Bernardino continua a frequentare l’ateneo di Bologna, lasciando di fatto la sede diocesana vacante, con la supplenza da parte del vescovo di Alessandria nonché di Tibaldeschi che di fatto potrebbe rappresentare la figura di amministratore apostolico.

Scorrendo le diverse cronache del tempo, troviamo il cardinale Teodoro a Casale nel palazzo Tibaldeschi in contrada Acquaroli (diventerà poi residenza della marchesa Anna d’Alençon), ad Acqui per le cure termali, a Saluzzo come decano di Santa Maria, a Lucedio che definisce “abbatia mea”, anche per essere luogo di sepoltura da diversi esponenti della dinastia. La permanenza ad Asti segna il suo destino. Stando al racconto settecentesco del cancelliere Giacomo Giacinto Saletta nella “Descrizione delle città e terre del Monferrato”, durante una cena, cerca di mostrare ad un inserviente come tagliare una pietanza, pare un fagiano, ma si ferisce da solo alla mano con un coltello; sembra roba da poco, il taglio viene trascurato e l’infezione si diffonde nell’organismo, provocando la morte del cardinale il 21 gennaio 1484. Viene sepolto nella chiesa di S. Francesco a Moncalvo.

Aldo Timossi

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