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Belzoni, Drovetti e Vidua

Intervento di Coaloa a Torino alla presentazione del libro di Marco Zatterin

A Torino è stato presentato il libro "Il gigante del Nilo. Storia e avventura del Grande Belzoni”. A delinearne la storia l'autore, Marco Zatterin insieme a Christian Greco, giovane direttore del Museo Egizio di Torino. Insieme ai due ospiti anche Francesca Veronese, anche lei giovane talento e curatrice della mostra Belzoni a Padova. Moderatore lo storico e giornalista casalese Roberto Coaloa di cui pubblichiamo l'intervento.  

«Questo affare mi sta moltissimo a cuore. Desidero, che i forestieri non possano più dire: Turin est une ville fort jolie, fort régulière, mais il n’y a presque rien à voir. En fait de beaux-arts on ne s’apperçoit pas encore d’être en Italie. E simili ragioni, che mi è toccato di sentire più d’una volta ne’ paesi forestieri, e che si sono fin ripetute da viaggiatori Inglesi sulle ruine di Tebe». Così scrisse dal Cairo, il 3 agosto 1820, il casalese Carlo Vidua, conte di Conzano, «Al Sig. Cavaliere Cesare Saluzzo». L’«affare» di cui parla il conte viaggiatore è l’acquisizione da parte del Regno di Sardegna della collezione egizia di Bernardino Drovetti, il nucleo originario del Museo Egizio di Torino (per importanza secondo solo a quello del Cairo). 

Vidua chiese rinforzi a Cesare Saluzzo di Monesiglio, figlio di Giuseppe, uno dei fondatori dell’Accademia delle Scienze di Torino. L’uomo di Barbania, ex militare nell’esercito napoleonico, che aveva radunato una delle più importanti collezioni di antichità egizie dell’epoca, era vezzeggiato dalle autorità francesi. Dopo la Restaurazione, la Francia di Re Luigi XVIII, infatti, come altri Stati europei d’allora, la Russia dello Zar Alessandro I in prima fila, capirono l’importanza di impossessarsi di quel patrimonio: un modo per far valere il proprio prestigio culturale nel mondo. 

Vidua, in Egitto, rimane immediatamente colpito dalla qualità della collezione Drovetti. Capisce come sia importante avere una collezione sull’antico Egitto per stabilire qual è il valore dello Stato. Questa riflessione del conte è ben evidenziata da ciò che ebbe a dire nel 1820, quindi quarantuno anni prima dell’Unità d’Italia, che Torino doveva acquistare la collezione Drovetti. E solo se Torino avesse fatto questo, l’Italia sarebbe stato un grande Paese. Il viaggiatore capisce come il futuro di un Paese non possa sussistere senza avere delle radici ben solide e radicate nel passato.

Il 15 luglio 1820, dal Cairo, Vidua scrive all’amico Cesare Saluzzo a proposito dell’acquisto della collezione Drovetti da parte del Regno di Sardegna «per l’Università mediante la cessione di 400 mila franchi in iscrizioni»: «il Piemonte avrà dunque la gloria di conservare, e di mostrare agli stranieri una raccolta unica, e formata da un suo figlio, e sarà l’Italia quella che possederà il primo e il più ampio museo Egizio in Torino, come possede la prima raccolta di sculture Greche e Romane in Roma, e la prima di tutte le gallerie in Firenze. Gl’Inglesi, malgrado enormi spese, non avranno che la seconda collezione Egizia, e non c’è da temere, che col tempo non se ne formi un’altra eguale. – La gran raccolta è fatta, e nel mio viaggio ho avuto occasione di convincermene; e con tutto il desiderio ch’io avea di portarmi in patria solamente una bella statuetta per ricordo del mio viaggio, non ho riuscito a trovarla».

I moti del 1821, l’abdicazione e la morte improvvisa del Re Vittorio Emanuele I, rischiarono di far naufragare il cosiddetto «affare». Nonostante le resistenze del nuovo sovrano, Re Carlo Felice, Vidua riuscì a terminare la difficile impresa: l’atto d’acquisto della collezione, in favore della Regia Università di Torino, reca la data del 24 marzo 1823.

Il destino fece capitare Vidua in Egitto in un particolare momento, importante perché stava nascendo la moderna egittologia, grazie all’intraprendenza di due personaggi dal grande fascino, Drovetti, appunto, e Giovanni Battista Belzoni. 

Il gigante del Nilo fu una sorta di Indiana Jones, assai differente però dagli improvvisati pionieri alla ricerca di guadagni facili, come fu Giovanni Pietro Antonio Lebolo, un vero brigante. Vidua considerò Belzoni un suo collega perché aveva intuito l’importanza dei reperti archeologici della civiltà egizia, come dimostra l’attenzione dedicata al tempio di Abu Simbel. Il 15 marzo 1823, Vidua acquistò a Torino il volume di Jean-Antoine Letronne, Recherches pour servir à l’histoire de l’Égypte. La lettura di quest’opera ispirò nel viaggiatore il desiderio di radunare in un libro le sue iscrizioni antiche. Sul libro di Letronne, ai bordi larghi delle pagine, Vidua annota meticolosamente le puntuali osservazioni fatte dagli altri viaggiatori in Egitto prima di lui, come Belzoni, che non a caso aveva anticipato tutti, pubblicando a Londra, nel 1820, il suo best-seller Narrative of the Operations and Recent Discoveries Within the Pyramids, Temples, Tombs and Excavations in Egypt and Nubia.

Roberto Coaloa

Carlo Vidua sarà ricordato a Torino in un duplice appuntamento venerdì 13 dicembre 2019. Alle 17, presso l'Accademia delle Scienze, nella Sala dei Mappamondi, con la presentazione del nuovo volume "Quando l'Egitto venne a Torino". Alle 18, alla Fondazione Eandi, con un intervento di Roberto Coaloa su Carlo Vidua, i suoi viaggi e le sue collezioni.