Notizia »

Medaglia d'onore alla memoria all'internato Brunetti

Il ricordo del figlio

Ad Alessandria, in Prefettura, è avvenuta la cerimonia della consegna di due medaglie d'onore alla memoria di due internati nei lager tedeschi: il casalese Luigi 'Gino' Brunetti (l'ha ritirata il figlio Mauro) e Carlo Mazza di Viguzzolo (l'ha ritirata il nipote Andrea).

 Brunetti, nato il 1 dicembre 1919 ad Aulla in provincia di Massa Carrara nel 1939 era stato assegnato ad un reparto di sussistenza grazie al suo mestiere di panettiere. Partecipa alla campagna di Grecia è di stanza ad  Argirocastro e poi nei pressi della città di Jannina.

L’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio,   un reparto tedesco fa prigioniero il suo reparto e  e lo invia in un campo di prigionia in Germania vicino alla citta di Dresda. Come altri seicento mila uomini dell'esercito diventa un Internato Militare Italiano senza alcuna protezione da parte delle convenzioni internazionali per i prigionieri di guerra. Inizia così per lui una dura lotta per la sopravvivenza.  "Per diversi mesi - è la testimonianza del figlio - papà viene inviato al lavoro coatto in una fabbrica di alluminio dove le condizioni di lavoro sono pessime. La lavorazione del metallo avviene in grandi vasche e i prigionieri, armati di lunghe barre di acciaio, rimescolano il metallo in modo tale che le scorie in superficie vengano eliminate. Le pochissime protezioni causano molti incidenti...Fortunatamente, ancora una volta grazie alle sue doti di panettiere, viene richiesto da una famiglia tedesca proprietaria di un forno per la cottura del pane. E’ la sua salvezza. La famiglia si dimostra benevola e, avendo già perso due figli in guerra e con un terzo al fronte, vede in lui quasi un altro figlio. Uno dei ricordi più vivi che ho è un aneddoto raccontato da papà che riguardava il proprietario del forno. Siamo nel gennaio 1945 e ormai le forze Alleate hanno cinto d’assedio la Germania: a Ovest gli Alleati e a Est i Russi. Viene emanato un ordine di mobilitazione generale per tutti i cittadini abili alla difesa del suolo germanico. Il capofamiglia ha un fucile e lo consegna a mio padre dicendogli di pulirlo. Non avendo stracci a portata di mano papà gli chiede di dargli qualcosa per farlo. Il tedesco strappa la bandiera con la svastica e gliela porge  e gli fa vedere la foto del terzo figlio, dato per disperso e la cui morte gli era stata confermata pochi giorni prima.

Finalmente ad Aprile del ’45 i Russi irrompono nel campo e liberano tutti i prigionieri. Papà comincia così la sua lenta marcia verso casa, attraverso Germania ed Austria per arrivare fino al passo del Brennero, dove esiste un primo centro di raccolta. Soltanto nel Gennaio del 1946 papà riuscirà a riabbracciare i suoi cari...."

Ha ancora detto Mauro Brunetti: "Papà è morto a causa di una malattia incurabile nel marzo del 1996, pochi giorni prima della nascita di mia figlia Marta. Il suo augurio per le generazioni future era di non dover mai provare ciò che la sua generazione aveva dovuto subire".

Il prefetto Romilda Tafuri ha giustamente parlato di un riconoscimento ai militari che vennero internati a lavorare come schiavi "perchè non vollero piegare la testa".

Lo studente del Balbo di Casale Luigi Toso ha letto una riflessione sulla deportazione e la Shoah.

l-a-