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Prelati monferrini di Aldo Timossi -69-
Octobonus de Bellonis di famiglia benestante valenzana vescovo a Ventimiglia
Nel duomo di Ventimiglia non esiste più la sepoltura con lastra marmorea incisa, di un vescovo del ‘400, Octobonus de Bellonis. La conferma, dall’Ufficio Beni culturali di quella diocesi; “oltre un secolo fa sono stati posti in essere ripristini della facies romanica che hanno avviato alla dispersione e distruzione decine di arredi”. Se quel marmo fosse ancora visibile, la traduzione dovrebbe correggere un marchiano errore anagrafico: il prelato, indicato come “DE VALENTIA VIENNENSIS DIOECESIS”, non è per nulla francese, non è nato nella città di Valence, diocesi ora soppressa di Vienne, bensì nell’alessandrina Valenza, o forse a Casale.
La famiglia Bellone (Belloni per qualche fonte) è famiglia benestante valenzana, lo attesta un’autorità come il Crollalanza nel suo “Storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili” del 1886. Sono proprietari anche del castello di Monte, già dell’abate di Sant’Ambrogio di Milano e poi dei Cattanei; nel 1776, la Marchesa Delfina del Carretto vedova Bellone lascerà castello e altri beni all’Ordine Mauriziano di Torino “con obbligo di erigere un ospedale”, che aprirà nel 1782.
Ottobono nasce intorno al 1370/75 da Paolo. Sul luogo di nascita, la fantasia si è sbizzarrita. C’è chi lo dice “anche Moncalierese, benché originario Valenzano”, chi precisa “forse nato a Moncalieri”, chi (“Dizionario biografico” Treccani) è certo che “nacque a Moncalieri”.
Nella “Storia di Ventimiglia” (1886), città dove sarà vescovo, citando la lapide sepolcrale, Girolamo Rossi lo definisce “originario di Valenza nel Delfinato”. Va di fantasia la versione “Dell'historia di Piemonte del sig. Ludovico della Chiesa”, edita nel 1606: Ottobono “di Belluno”. Fa peggio un prestigioso volume di “Acta Concilii Constanciensis” edito in Germania nel 1896, che definisce Ottobono come “prepositus ecclesiae Orodiensis”, prevosto di una diocesi sita in Ungheria!
Confortano rispetto alle origini comunque piemontesi, citando il nome di Valenza, due preziosi documenti dell’epoca, i diplomi di licenza e dottorato, pubblicati nel 1905 nelle oltre mille pagine in tre volumi del “Codice diplomatico dell'università di Pavia - raccolto dal sac Rodolfo Maiocchi”. Il 24 marzo 1396, “Enrico vicario (Enrico Dina vicario del vescovo Guglielmo Centueri; N.d.A.), con il consenso dei dottori sottoscritti, ha rilasciato pubblicamente la licenza in diritto civile al signor Ottobono de Belonis di Valenza, presentato dai dottori Baldo da Perugia e Cristoforo Castiglioni, esaminato dai dottori (…) e da tutti approvato”. Due anni dopo, 1 settembre 1398, nella cattedrale di Pavia, il vescovo Centueri in persona consegna il dottorato in utroque iure (diritto civile e canonico) a Ottobono, presentato dal docente in sacra teologia fra Bonifacio da Alessandria.
Da ultimo, il parere dello storico casalese per eccellenza, Vincenzo De Conti, che nelle sue “Notizie della Città di Casale del Monferrato” scrive di “Ottobono della nobile e antica casa Bellone di Casale”.
Concluso felicemente il cursus universitario, per Ottobono si apre la strada della carriera forense, la vocazione religiosa arriverà più avanti. Forse grazie all’aiuto degli ex docenti religiosi e dello stesso vescovo pavese, si fa conoscere nell’ambiente pontificio. Quelli di inizio ‘400 sono ancora i tempi dello scisma d’occidente. Nel 1412, la Chiesa si trova ad avere addirittura tre successori di Pietro: Gregorio XII a Roma, Benedetto XIII (antipapa) ad Avignone, Giovanni XXIII (antipapa) con sede a Bologna. In quell’anno, il Bellone risulterebbe al servizio pontificio, come “auditore del sacro palazzo apostolico”; con rimando alla vetero-romanità, Tommaso Vallauri (“Oratio de studio historiae patriae”, 1836) lo definisce “iudex sacrarum cognitionum”. Certamente si è fatto avanti con i Savoia, tanto che nel 1412, conclusa la guerra tra questi e il Marchese di Monferrato per il controllo del Monregalese, è delegato dal duca Ludovico Savoia Acaja per una missione presso il Re dei romani e futuro Imperatore, Sigismondo di Lussemburgo. Si tratta di ottenere l’approvazione formale dell’Università di Torino, avviata con un primo “studium” nel 1404. Sigismondo approva e un dipinto del pittore torinese Felice Storelli (1778 - 1854) immortala il momento in cui Bellone, con il vescovo Aimone da Romagnano, consegna a Ludovico il diploma di Sigismondo.
Da Buda (ora Budapest), ha portato anche un successo personalissimo: la nomina a conte palatino, con facoltà di creare notai, legittimare figli naturali, ecc. L'anno successivo, in occasione della discesa in Italia di Sigismondo, ha modo di riprendere i contatti con la sua corte e di entrare direttamente al suo servizio. Viene incaricato già nel 1413 di condurre trattative in alta Italia - avranno esito positivo - intese ad agevolare la campagna reale in corso contro i Visconti di Milano. Lo stesso anno gli è attribuita la facoltà di richiedere nel Regno d'Arles, in Savoia e in Piemonte l'omaggio feudale e di concedere in contropartita feudi e regalie. Qualche mese più tardi parte per la Spagna; deve consegnare a Ferdinando I d'Aragona l’invito di Sigismondo a partecipare ad un concilio a Costanza, destinato a mettere fine allo scisma, che si concluderà nel 1417, con l’uscita di scena dei tre pontefici in carica e la regolare elezione di Papa Martino V.
Il successo come negoziatore gli viene riconosciuto da tutte le parti, addirittura re Ferdinando scrive a Sigismondo che il Bellone “si è comportato con tanta diligenza, con tanta eleganza e con tanta instancabilità nei doveri dell'ambasciata” che non può che “elogiarne la diligenza”. Anche la Santa Sede ne apprezza l’opera, e il 18 febbraio 1422 lo premia con la nomina a vescovo della diocesi di Ventimiglia, succedendo al defunto Tommaso Rivato. Non smentendo la fama di persona attiva e decisa, e diversamente dalle abitudini del predecessore, che sembra non abbia mai messo piede in diocesi, prende residenza nel castello di San Pietro a Sospello (poco distante da Ventimiglia, oggi aldilà del confine francese, ma all’epoca legato ai Savoia) e dimostra di voler governare con energia intanto l'amministrazione del vescovato. Si preoccupa personalmente di tutte le questioni, amministrative e disciplinari, della diocesi, rivolgendo la sua particolare attenzione all'amministrazione dei beni della mensa vescovile. Mai trascura l’aspetto spirituale; “inculcava senza posa la predicazione della divina parola, e oltre di darne egli stesso l'esempio, invitava i più valenti predicatori a spargerla in mezzo al suo popolo, come avvenne con fra Bernardino da Siena”. Per ridare vigore alla religiosità, in zone già soggette ad anti-vescovi durante il periodo dello scisma, istituisce una collegiata di canonici nella chiesa di Tenda, eretta dai conti Lascaris, e nell’antico borgo di Penna (oggi, Pienne) fa costruire la chiesa di s. Marco. “Richiedeva l’esatta osservanza dei decreti disciplinari della chiesa - annota il Rossi - né risparmiava le censure a chi se ne dipartiva, come avvenne contro il preposito della sua cattedrale, che avea osato dar sepoltura ad una femmina incolpata di avere esercitata pubblicamente l'usura”.
Nel 1431 vorrebbe essere presente al Concilio, che si apre a Basilea, destinato a trattare l'unione della Chiesa cattolica con quella ortodossa, ma è ormai anziano e delega un suo procuratore. Gli anni successivi gli riservano non pochi guai. Nel 1439 l’ennesima tornata conciliare dichiara decaduto Papa Eugenio IV, eleggendo al suo posto Felice V (Amedeo VIII di Savoia), Bellone dichiara fedeltà ad Eugenio e ciò deve procurargli non pochi guai all’interno delle gerarchie ecclesiastiche. La salute sta intanto peggiorando. Negli ultimi anni è molto attivo il vicario generale Giuliano De-Giudici. Il 7 febbraio del 1452 è l'ultimo giorno della sua vita terrena, “cui fece grande corteo il pubblico lutto”.
aldo timossi
FOTO.La collegiata Notre-Dame de l'Assomption di Tenda istituita dal vescovo Bellone