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Tra storia e leggenda

Principato di Lucedio di Mauro Demichelis
Nel numero in edicola venerdì il ciclo tra storia e leggenda va a nozze col Principato di Lucedio, ecco inizio e fine dell'articolo:
La tranquilla e riposante campagna orizzontale al confine nord delle terre aleramiche probabilmente tutto potrebbe far pensare tranne che essere il palcoscenico di storie spettrali e di misteri irrisolti. Eppure, nulla come l’antico Principato di Lucedio con le sue circostanti, bellissime “grange”, a poca distanza da Trino, e’ da quasi 1000 anni oggetto di vicende che nel corso dei secoli si sono sempre alternate tra storia e leggende. In origine fu una abbazia, fondata nel 1123 in terre desolate, paludose e decisamente poco ospitali da monaci cistercensi provenienti dal monastero di La Ferté a Chalon-sur-Saône, in Borgogna. Le terre furono donate loro dal marchese del Monferrato Ranieri con lo scopo evidente di poter meglio controllare una strategica zona di confine con il sempre più potente comune di Vercelli. A quei tempi gli insediamenti religiosi erano principalmente centri di spiritualità. Ma per Lucedio fu diverso. ....
...la leggenda dello “spartito del diavolo”. Sarebbe la certificazione della presenza del maligno intrappolato nella cripta sigillata della chiesa di Santa Maria. Si racconta di un abbate che avrebbe composto un brano magico capace di bloccare il demonio per sempre nei sotterranei della chiesa.
Lo spartito di questa composizione era stato per secoli sotto gli occhi di tutti ma solo nel 1999., casualmente, venne rinvenuto nell’affresco, visibile ancora oggi, raffigurante un organo disegnato proprio sopra l’ingresso della citata chiesetta della Madonna delle Vigne. La scoperta fatta da studiosi ha rivelato che questo spartito può essere suonato sia nel modo classico che in modo inverso, partendo dal fondo a destra .
Da qui la leggenda che se il brano viene suonato al contrario il sigillo si spezza ed il maligno viene liberato dalla sua prigionia (per chi vuol rischiare, su Youtube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Tm4ctvCfRh8 è anche possibile ascoltare la melodia).
Mettendo da parte le fosche leggende, la storia reale dell’abbazia di Lucedio è sempre stata quella di un monastero fortificato che ha fatto gola a molti. Esauritasi la dinastia degli Aleramici, nel 1457, con Papa Callisto III l’intero insediamento venne posto sotto il patronato dei Paleologi, marchesi del Monferrato, e poi dei Gonzaga subentrati nella reggenza del Monferrato. Fu poi nel 1707 che i Savoia riuscirono ad esercitare presunti diritti cedendoli poi, nel 1784, all’Ordine Mauriziano con la definitiva dispersione della decina di monaci rimasti. Sul finire del ‘700 il monastero rientrò nei decreti napoleonici di soppressione degli ordini religiosi e, caduto l’imperatore, l’intera proprietà venne suddivisa in lotti e ceduta a vari personaggi importanti dell’epoca tra cui il padre di Camillo Cavour, cui toccò la grangia di Leri. Il lotto con il complesso abbaziale di Lucedio passò sotto il controllo del Marchese Giovanni Gozzani di San Giorgio che a sua volta, nel 1861, cedette la tenuta al duca genovese Raffaele de Ferrari di Galliera, al quale i Savoia conferirono il diritto di fregiarsi del titolo di Principe. Nacque così il cosiddetto Principato di Lucedio, denominazione che appare tuttora sul portale d’ingresso della tenuta. Oggi, l’enorme complesso, restaurato alla perfezione, è diventato una splendida azienda agricola condotta dal conte Paolo Salvadori di Wiesenhoff, figlio della contessa Rosetta Clara Cavalli d’Olivola, cui non sembra vero di coltivare e accudire, oltre a 500 ettari di risaie, una storia che non ha ancora cessato di stupire.
Mauro Demichelis
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