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Il numero 35 di Arte e Storia

Recensione di Pietro Gallo

 Il numero 35 di Arte e Storia presenta una ricca miscellanea sulla poliedrica personalità del canonico Giuseppe De Conti che rivestì un ruolo importante nel panorama culturale non solo casalese negli anni di transizione tra l'Antico Regime , la sua fine per l'arrivo delle armate napoleoniche, e l'inclusione del Monferrato nell'impero napoleonico sino al 1814 .

Anni infuocati ove figli e nipoti dell'illuminismo francese non scrivono più Enciclopedie ma sovvertono anche in Piemonte con Napoleone l'Antico Regime per crearne uno nuovo anche a Casale. Giuseppe De Conti, moderatamente moderato, ne condivide alcune, respingendo con condanna altre più avanzate. Le testimonianze lasciate dal nostro canonico, assieme alle lettere del canonico De Giovanni suo amico, morto nel \1801, (Archivio Storico Comunale di Casale , fondo Vidua 72/236), illuminano la profondità delle trasformazioni napoleoniche. Una fra tutte in campo ecclesiastico l'ingrandimento della diocesi casalese, con ben 460 parrocchie che includeva quelle di Alessandria e Tortona, soppresse nel 1805 con conseguente rimozione dei due vescovi casalesi che le reggevano:Mossi ad Alessandria , Fassati a Tortona.

Prima e durante questi terremoto in cui vengono pure aboliti i conventi e rimodellata la funzione delle parrocchie dal Concordato tra Napoleone e Pio VII', Giuseppe De Conti ne da testimonianza ora esplorata e riportata in luce appunto su Arte e Storia.

Il volume si apre con Barbara Corino che già s'era occupata dello stesso personaggio, e che ora traccia prima la storia della sua famiglia sino alla morte dello stesso, per poi indagare a fondo il suo ruolo, illustrandone le simpatie, moderate, nel giansenismo. Giansenismo che però, si annebbia quando la rivoluzione giunge davvero con la prima discesa di Napoleone in Italia ed il Re sabaudo deve fare le valige, facendo dire al De Conti, per la prima occupazione francese di Casale :'la nostra città di Casale si distinse nella fedeltà con più preoccupazioni delle autorità e dai cittadini, per tener lontano questo male contagioso (Napoleone) e n'ebbe lode dal Re (Barbara Corino Studi Piemontesi vol.XXX fas.2) . In questo ultimo saggio la Corino ammorbidisce i toni, giustamente riconducendo il giansenismo, di cui racconta la genesi e diffusione anche nel Piemonte sabaudo e nel Casalese, alle varie strade assunte da tale movimento che si biforcano da un lato in quello intransigente dell'abate Bonardi originario di Villanova e di Pagani,addottorati nel seminario vescovile casalese da G.A Bergoncini (A. Bersani: L'Abate Bonardi ed i suoi tempi) dall'altro, edulcorato, nel De Conti e di suo fratello Questi quando il loro sodale Gautier, che nel 1789 , colpito da interdetto dal cardinale Costa ,per aver partecipato in Torino al primo governo repubblicano stabilitosi dopo la prima venuta di Napoleone e poi dissolto dall'arrivo degli austro/russi, chiede loro un rifugio sicuro, questi nicchiano , mandandolo a Cherasco , poi a Torino dove reincontra gli stessi De Conti con Giuseppe che non firma nel 1801 una lettera di adesione alla chiesa francese ove si esprimeva solidarietà alle tesi di separazione netta dallo Stato come si sarebbe dovuto votare nel secondo congresso in Francia, poi annullato da Napoleone.

Altro importante contributo è quello di Carla Solarino: 'Giuseppe De Conti e il ritratto di Casale' ove si evidenziano gli influssi del Muratori facendo del De Conti '..un figlio del suo tempo, ...la cui erudizione è frutto di studi bibliografici e fonti documentarie' che riporta la descrizione dei luoghi visitati sempre al modello che più gli sta a cuore: Casale prima delle trasformazioni napoleoniche. La Solarino ricostruisce poi le fortune della letteratura di viaggio che mentre ne primo settecento si caratterizzava sulle indicazioni dei luoghi artistico religiosi più rilevanti, in Italia, da visitare, poi, nel secondo settecento, la guida diventa di carattere generale dai repertori di natura pratico- informativa'. In tal modo si confrontano , prima e dopo, le trasformazioni delle varie città, sia nella topografia, che nello sviluppo di nuove attività industriali.

Per rimanere a casa nostra ricordo appunto come nella prima discesa di Napoleone in Italia, Casale occupata dai francese si vide cambiare i nome dei quattro cantoni in cantoni della fraternità, uguaglianza, libertà, poi comunque aboliti, per riprendere le vecchie denominazioni.

Quando Casale, col Piemonte, divenne francese,ad ogni via fu imposto un nome e ad ogni palazzo un numero, che facevan parte integrante della carta d'identità d'ogni cittadino. Il ritratto di Casale compilato dal De Conti per eventuali visitatori, è realizzato prima del 1805 poiché parla ancora della diocesi originaria con 130 parrocchie e non 460 quando si amplia conglobando appunto Alessandria e Tortona.

A seguire un dottissimo saggio di Evasio Soraci, purtroppo scomparso nel settembre 2023, lasciando così un vuoto profondo nella cultura non solo casalese e nel suo settore, la geografia da lui intesa come strumento per meglio capire come ogni struttura del paesaggio dipenda anche e sopratutto dalla sua storia nell'accezione più ampia. In questa sua ultima testimonianza 'In giro per l'Italia dalla pianura padana al Vesuvio', Soraci seguendo passo a passo il viaggio del De Conti ne ricorda la capacità nel giudicare le varie geografie urbane da lui incontrate, sempre partendo dalla pietra di paragone:l'amata Casale. Totalmente sentita patria sua quando il canonico, come ci racconta Mauro Bonelli nel suo godibilissimo saggio ”Il dialetto, la tradizione ;tra guazzabuglio e genialità”, traduce in monferrino la Gerusalemme liberata del Tasso nell'ultimo decennio del Settecento. Dialetto è linguaggio popolare qui, giustamente sottolinea Bonelli, utilizzato dal nostro canonico per adattare l'opera del Tasso ad un clima di 'giovedì grasso' per strati di popolazione che avevano pochissime occasioni per uscire dal seminato della cultura ufficiale con la dissacrazione di testi della cultura ufficiale .

Nella sezione Documenti, Carlo Aletto con sua usuale competenza e conoscenza della storia casalese ci offre alcune considerazioni su uno scritto del canonico De Conti su' Stato delle abadie e castelli' cercando di precisarne le date in cui furono scritte, avendo trovato due manoscritti gemelli con date diverse .A tale proposito dico la mia:la super diocesi casalese è formalmente governata da monsignor Villaret vescovo di Amiens fiduciario di Napoleone. Villaret è pure il riorganizzatore di tutte le diocesi piemontesi, tenendosi stretta quella casalese, la seconda d'importanza rispetto a quella torinese affidata a all'arcivescovo Giacinto della Torre , già arcivescovo di Cagliari poi vescovo di Acqui nel 1797 ed a Torino nel 1808 .Villaret nella diocesi casalese, non mette piede affidandola al suo vicario generale a monsignor Salina che curerà l'applicazione del nuovo regolamento delle parrocchie che prevede l'abolizione delle 2 collegiate della Cattedrale e di Santa Maria di Piazza, con l'istituzione di un'unica parrocchia facente capo al Duomo. I canonici di entrambe le collegiate si vedono così 'disoccupati' a causa delle norme del Concordato applicate nel 1808 .I Parroci sono stipendiati dal governo , mentre le spese di culto, pagamento sacrestani, manutenzioni, sono addebitate ad un comitato di 30 persone con gli introiti che provengono dalla gestione dei beni fondiari appartenenti alla parrocchia , separando il culto dalle questioni pecuniarie. Con la disoccupazione dei Canonici, senza allora cassa integrazione, prende avvio pure la rovina della seconda collegiata casalese, Santa Maria di Piazza, che abbandonata diviene prima sede del corpo di guardia, poi abbattuta successivamente per far posto alla statua di Carlo Alberto. In questo sfavorevole contesto il nostro ex canonico trova chi gli chiede un quadro espositivo 'Sullo stato delle abbadie e castelli', che Aletto considera realizzati tra il 1809 e il 1811. Tempo in cui a render più neri gli umori del fronte moderato verrà pure la liberazione dal ghetto savoiardo degli ebrei, dando agli stessi i medesimi diritti/doveri degli altri cittadini, e l'istallazione in Casale del Concistoro presieduto da un Gran Rabbino, cui facevano riferimento le comunità ebraiche di Asti ,Acqui, ed Alessandria. L'attività di questo organismo suscitò risentimenti e malcontento di cui ho trovato testimonianza pure in casa De Conti.

Il Canonico soffrirà la disoccupazione per poco, poiché, dopo la caduta di Napoleone , l'istituto canonicale verrà ripreso solo però nel Duomo mentre gli ebrei saranno confinati nuovamente nel ghetto.

Nel numero 35 di Arte e Storia luci ed ombre di questo periodo si riflettono naturalmente sui protagonisti, anche se il nostro canonico De Conti , intellettuale di vaglio, le sa attraversare , sempre con elegante intelligenza, convinto che la ruota della storia non sempre gira come vorremmo. Un bel numero 35 per sottrarlo , 'uomo del suo tempo' al tritatutto della dimenticanza. Ora il canonico Giuseppe De Conti può, nel ritratto appeso nella pinacoteca casalese, guardarci sornione dialogando col nipote Vincenzo De Conti , appeso di fronte, a cui passa il testimone dell'intelligenza, sicuri entrambi che la storia non la fanno solo i vincitori.

 

Pietro Gallo