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Lorenzo Cremonesi alla Comunità Ebraica

“Guerra infinita”

Il destino ce l’ha messa tutta per portare Lorenzo Cremonesi alla Comunità Ebraica di Casale Monferrato. C’è un’affinità, diciamo hobbistica, perché il giornalista ama pedalare sulle colline della zona, poi c’è un legame con la cultura del luogo: la nonna Ester scriveva per lo storico Bollettino della Comunità Ebraica di Milano. È lei che ha propiziato la formazione di Cremonesi in Israele e, da lì, l’inizio della sua carriera di inviato speciale. Infine, c’è il caso vero e proprio che lo ha fatto incontrare a Courmayeur con Roberto Gabei, Presidente della Fondazione Casale Ebraica ETS, il quale lo ha invitato in vicolo Olper.

Quindi, eccoli insieme domenica 22 gennaio, non in sala Carmi ancora occupata dall’istallazione di Arcangelo Sassolino, ma in un’inedita collocazione al primo piano del Museo Ebraico che comunque fatica a contenere le tante persone arrivate per l’occasione. Sul tavolo tra i due c’è il corposo volume “Guerra Infinita” (Ed Solferino): 560 pagine autobiografiche che riassumono la lunga carriera in un mestiere epico quanto sempre più raro: quello di un giornalista che non ha paura di trovarsi su un campo di battaglia.

Certo, fare gli opinionisti a casa propria è più facile, ma si capisce ascoltando Cremonesi che non è una questione di coraggio quanto di verità. Essere lì, facendo domande a governanti, soldati e profughi è l’unico modo per trasmettere la realtà di quello che sta succedendo. Anche quando va contro i propri pregiudizi.

“Stare sul campo ti dà il privilegio di poter cambiare idea. – spiega Cremonesi - Nel 2003 in Iraq pensavo che se fossimo riusciti a rendere democratico quel paese avremmo avuto un effetto domino, ma mi sono reso conto che era un fallimento totale e l’ho voluto raccontare. Quando ci fu l’attacco all’Ucraina credevo che i Russi avrebbero vinto in una settimana, ma poi i profughi cominciarono a raccontarci che i soldati nemici saccheggiavano i loro frigoriferi e andavano nei garage a rubare la benzina per i loro tank. Era evidente che non erano preparati”.

Già, l’Ucraina. Il libro copre quarant’anni di lavoro al fronte, tra Israele, Libano Siria, Iraq, Afganistan, ma inevitabilmente i ricordi si concentrano sulla notte tra il 24 e il 25 febbraio del 2022: le peripezie di Cremonesi per arrivare sul “campo” e la consapevolezza che questa guerra non era come le altre. “Ho varcato la frontiera tra la Polonia e l’Ucraina risalendo una corrente di donne e bambini… - ricorda - Ai lati della strada gli oggetti che si erano rivelati troppo pesanti da portare”. Ci tornerà a breve “E’ attesa una nuova offensiva russa. Putin ha dato via a una nuova narrazione: non sono più i Russi ad essere gli aggressori, ma gli aggrediti e questa diventa una nuova guerra patriottica”.

Ascoltare Cremonesi è affascinante. Nel museo le teche dei Rimonin destinati alla Torah incorniciano racconti che stanno al pari con la loro lunga storia. Il giornalista ricorda l’intervista a Zelensky, gli incontri con i Talebani, la lunga chiacchierata con Paolo Dall’Oglio, il gesuita probabilmente ucciso nel suo visionario progetto di dialogare con l’ISIS.

Parole che hanno il pregio di ricordarci quanto questa “Guerra infinita” sia qualcosa che ci riguarda direttamente. “Noi Europei ci eravamo illusi che la difesa della pace fosse garantita dai negoziati, e invece dobbiamo renderci conto che c’è chi accetta di morire per la propria libertà”. E’ lo stesso destino cieco che ti obbliga a scappare e allora, a fare la differenza, sarà quello che metti nello zaino tentando di raggiungere la frontiera.

a.a.