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Lo storico Coaloa a Castellamonte

Ricerche inedite sulla figura di Antonio Lebolo (1781–1830)

 

 Sabato 6 settembre, alle ore 16.00, a Castellamonte, sarà posta una targa commemorativa, in ceramica, dedicata al pioniere dell’egittologia Antonio Lebolo (1781–1830) sulla facciata della sua casa natale, alla presenza delle autorità cittadine e di illustri ospiti, tra i quali il casalese  Roberto Coaloa, professore di Storia dei Paesi danubiani e dell’Europa orientale all’Università di Paris IV Sorbonne, studioso di egittologia e biografo di Carlo Vidua (1785-1830), conte di Conzano, il viaggiatore di Casale Monferrato tra i protagonisti dell’acquisizione della collezione di Bernardino Drovetti (1776-1852) per il Museo Egizio di Torino e compagno d’avventura di Antonio Lebolo nell’antica Tebe nel fatidico anno 1820.

La targa commemorativa in ceramica, posta sulla facciata della casa natale del ricercatore castellamontese di antichità egizie, è stata ideata dalla «form@rtist» Luisa Martinotti e realizzata dal ceramista Maurizio Grandinetti.

Il manufatto rievocativo resterà visibile sull’edificio di Via Don Severino Bertola, 6. La cerimonia della posa della targa, organizzata dall’Associazione Terra Mia (associazione culturale presieduta da Emilio Champagne), e con il fattivo contributo della proprietaria dell’edificio, Luisa Martinotti, fa seguito ad una serie di eventi che hanno visto l’avventuroso castellamontese al centro di diverse iniziative per ricordarne la figura e le sue attività. L’opera di ricerca archeologica di Lebolo in Egitto ha anche contribuito in parte alla creazione di quel patrimonio di reperti che Bernardino Drovetti fornì a quello che diventerà il Museo Egizio di Torino, collezione che prese il nome di Drovettiana. Tra le altre iniziative realizzate per ricordare Lebolo, va innanzitutto menzionato un importante convegno, con la partecipazione di qualificati esperti italiani e stranieri (tra i quali ricordiamo Richard E. Bennett, Kerry Muhlestein e Cristina Ghiringhello), presentato a marzo da Terra Mia per delineare e inquadrare storicamente la figura di Lebolo. Inoltre c’è stata l’inaugurazione di un monumento a Lebolo, finanziato dall’amministrazione Comunale e realizzato in terracotta dall’artista Maria Teresa Rosa. L’opera è stata posta nel parco di fronte all’ospedale cittadino. Il manufatto artistico in terra rossa ha trovato collocazione su una grande stele di diorite, generosamente donata dalla ditta Tomaino Marmi di Castellamonte.

L’incontro tra Vidua e Lebolo avvenne nel gennaio 1820 al Cairo. Nel maggio 1820, Vidua trascorse dieci giorni nella Valle dei Re, ospite nella casa di Lebolo al Memnonio. Insieme, visitano il tempio di Ramesse II, dove Belzoni era stato protagonista dell’impresa di portar via il busto colossale del faraone, ora conservato al British Museum. I due piemontesi dibattono sulle imprese di Belzoni e su quelle che hanno preceduto Drovetti negli scavi nella Valle dei Re. Lebolo è ricordato da Vidua in molte lettere, in un promemoria dedicato all’Egitto (destinato a un viaggiatore inglese che Vidua conosce in India) e, soprattutto, nei numerosi taccuini di viaggio, dove i riferimenti a Lebolo meritano un approfondimento, compiuto, finalmente, per questa occasione, da Roberto Coaloa.

L’uomo di Castellamonte è importante nelle imprese in Egitto del conte di Conzano, che scrisse a Pio Vidua di essere infinitamente «grato alle tante civiltà usatemi da questo Canavese-Tebano». Vidua, inoltre, insieme a Lebolo e Jean-Jacques Rifaud, visitò il complesso templare di Karnak e il tempio di Luxor. Non solo, in Italia, all’inizio del 1823, Vidua incontrò nuovamente Lebolo, che nel frattempo frequentava la Milano asburgica, intenzionato a vendere parte delle sue collezioni egizie.

Queste notizie inedite su Lebolo si devono alle ricerche dello storico Coaloa, che aggiunge: «La figura di Lebolo, importante per l’egittologia, scienza che era nata proprio all’inizio dell’Ottocento, quando il piemontese iniziò, con l’ausilio di Drovetti, i suoi scavi nella Terra dei Faraoni, è nota anche per un altro motivo, che lo ha reso soprattutto celebre negli Stati Uniti d’America. Infatti, il ricercatore di antichità egizie di Castellamonte è legato al papiro di Hor, che ha avuto un impatto fondamentale sulla dottrina della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Lebolo ne era stato il proprietario di in una collezione egizia unica nel suo genere che comprendeva statue antiche, sarcofagi, mummie e papiri. Prima della sua morte (19 febbraio 1830), Lebolo preparò un testamento disponendo la vendita di quello che rimaneva della sua collezione, che Vidua, prontamente, in Egitto, aveva giudicato di gran valore. Il documento legale citava undici mummie. Era stato preparato da Giacomo Buffa, il notaio che aveva redatto il testamento e che aveva aiutato nell’inventario. Questo documento, datato 30 luglio 1831, elegge Giovanni Metua amministratore dei beni dei figli di Antonio Lebolo ed elenca i beni del defunto, ovvero le undici mummie consegnate al signor Albano Oblassa in Trieste affinché possa venderle. Le undici mummie furono spedite da Trieste a New York tramite le ditte marittime Maitland & Kennedy e Mc Leod & Gillespie, che facevano spedizioni internazionali. Queste compagnie erano commissionate da Pietro Lebolo attraverso la Oblasser shipping company per vendere le antichità e poi mandare il guadagno agli eredi. A New York, nel 1833, furono acquistate da Michael Chandler.

Nei due anni seguenti Chandler girò la nascente democrazia americana, mettendo in mostra le mummie e vendendone alcune. Nel luglio del 1835 Chandler si recò con le restanti quattro mummie e i papiri associati a Kirtland, allora sede della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni. Chandler vendette la collezione egizia a Joseph Smith (1805-1844), predicatore e guida del Movimento dei Santi degli Ultimi Giorni e il primo presidente della Chiesa. Smith aveva pubblicato nel 1830 The Book of Mormon, raccogliendo a sé migliaia di membri che furono comunemente identificati come mormoni. Secondo la tradizione, Smith avrebbe scoperto che uno di quei rotoli conteneva gli scritti del patriarca biblico Abramo e fu ispirato in quel profetico 1835 a redigere The Book of Abraham, compreso nelle opere canoniche della Chiesa. Fino ad ora la figura di Antonio Lebolo presentava alcune lacune biografiche. Grazie ai materiali inediti di Carlo Vidua, finalmente, si può ricostruire la storia di questo leggendario personaggio di Castellamonte».

FOTO. R. Coaloa