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Santi, beati, venerabili, servi di Dio (12)

Vittorio Moietta, nativo di Brusasco, vescovo di Nicastro
Domenica 26 novembre 2023, solennità di Cristo re, il vescovo di Lamezia Terme, Serafino Parisi, annuncia il placet della Santa Sede per l’avvio dell’inchiesta diocesana atta ad acclarare le virtù eroiche di monsignor Vittorio Moietta, nativo di Brusasco, vescovo di Nicastro (ora Lamezia Terme) per soli due anni dal 1961. Notizia molto attesa dai fedeli lametini e da quelli casalesi, diocesi nella quale il prelato visse il sacerdozio durante l’episcopato di Giuseppe Angrisani. Il nulla osta romano coincide con il conferimento del titolo di servo di Dio. La Chiesa ha tempi lunghi, la prima proposta del “processo” risale al 2001, per voce dell’allora parroco della cattedrale di Lamezia, monsignor Antonio Marghella.
Vittorio Lorenzo Moietta nasce a Brusasco, provincia di Torino ma diocesi di Casale, il 7 aprile 1913 da Francesco e Mary Moietta, in una famiglia di quattro figli. Asilo dalle suore salesiane, educazione in ambiente di sincera religiosità, a dodici anni, forse colpito dalla lettura evangelica di Luca, sente che potrà essere uno degli “altri 72” designati da Gesù dopo i 12 apostoli.
Entra nel Seminario di Casale. Il 27 giugno 1937 è ordinato presbitero. Viceparroco a Calliano, Castelletto Merli e Frassinello, quindi parroco a Rolasco-Torcello. Dal 1945 al ’61 direttore spirituale del Seminario maggiore di Casale, formando un’ottantina di sacerdoti, fra i quali i futuri cardinale Severino Poletto e vescovo Luciano Pacomio. Nel 1950 da vita al Gruppo sacerdotale missionario Nostra Signora di Crea, l'anno successivo il Gruppo missionario femminile. Anni di missione infaticabile: duecento corsi di esercizi spirituali, presenza tra gli emigrati e i carrugi di Genova, tra le maestranze nel traforo del monte Bianco. Significativa l'assistenza alle mondine nei territori risicoli: Molinetto di Villanova Monferrato, Torrione di Costanzana, Ronsecco, Lachelle, Langosco, Cozzo, Salasco.
Nel Febbraio 1961, la nomina a vescovo di Nicastro (dal 1986 diverrà diocesi di Lamezia Terme, dall'unione nel 1968 dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant'Eufemia, pur mantenendo la curia la denominazione storica di “Neocastrensis”). Il 24 dello stesso mese, al Quirinale per la cerimonia di prestazione di giuramento. Poi l’udienza con papa Giovanni XXIII; “Il cordialissimo colloquio è durato mezz’ora e il S. Padre è stato largo di suggerimenti ed ha formulato paterni auguri” annota Il Monferrato. Don Carlo Grattarola, suo segretario, oggi monsignore Cappellano di Sua Santità e già rettore a Crea, di quella visita ricorda che il Pontefice gli consigliò di “frenare l’ardore” del suo vescovo, “perché possa durare a lungo”, e aggiunge con rimpianto che “né io ebbi l’ardire di moderare il suo entusiasmo, né durò a lungo”.
Consacrazione episcopale il 19 marzo, in Cattedrale a Casale. Al termine della Messa riceve i simboli del potere gerarchico: la mitra, l’anello dono del vescovo Angrisani, il pastorale omaggio della diocesi castrense. Dell’abbigliamento pontificale indossato per quella Messa, nel gennaio 2023 vengono ritrovate le bianche chiroteche, i guanti ricamati con il cristogramma IHS, abbreviazione del nome greco di Gesù, e la scritta del salmo 46 della Bibbia, “Jacob dilexit”, il Signore ha prediletto Giacobbe. E’ uno dei tanti meriti di un giornalista lametino, Massimo Iannicelli, che da tempo si dedica alla figura di Moietta, cercando documenti, immagini, testimonianze, quasi un “postulatore” laico del processo canonico (e ha pronta una pregevole biografia del presule, ndr).
La popolazione accoglie il nuovo Pastore in modo straordinario, nonostante la pioggia una fiumana di gente lungo tutto il percorso in città. Lui benedice, poi si rivolge alla folla: “Vi do la mia vita. Non vi chiedo nulla. Sono venuto per dare e per portare in silenzio. Sono il vostro vescovo, sono venuto a trovarvi perché vi voglio bene”. E’ il 25 Aprile, data storica, che per Moietta significherà liberare la sua diocesi dallo stato di abbandono e povertà: “ovunque situazioni insostenibili, case inabitabili, bambini che hanno fame e soffrono il freddo, larghe zone di montagna isolate, ammalati, poveri che imprecano, gente spossata da una fatica sproporzionata alla rendita, logorata, (…) una situazione non umana, non cristiana, non più accettabile, (…) i poveri han preso coscienza che bisogna ribellarsi alla miseria”. Già due giorni dopo, dimostrando interesse per le periferie, a bordo di una “500” guidata dal parroco della cattedrale, don Marghella, arriva nella piccola frazione di Magolà, per celebrare la seconda Messa da vescovo, nella chiesetta di Maria Santissima del Soccorso.
Avrà purtroppo poco tempo, ma impegna ogni giorno, ogni energia in quella missione liberatoria. Si reca in visita nei quartieri più poveri della città ed è il primo vescovo a visitare il campo Rom. Organizza colonie estive e campeggi in montagna, crea asili parrocchiali in zone periferiche dove non esistono, incoraggia la fondazione del nucleo Scout con l’aiuto di don Saverio Gatti, fonda il settimanale diocesano “Orizzonti Nicastresi" (direttore don Grattarola). Addolorato dal fenomeno migratorio e dall'abbandono in cui versa il Sud, fonda i centri studi “Il Fuoco” e “G. Toniolo” per formare la gioventù cattolica ad un impegno civile e - nel senso più nobile del termine – politico. Proprio sul versante politico, caldeggia la creazione di un’unica città, Lamezia, nella piana di Sant’Eufemia, cosa che avverrà nel ’68.
Ha modo di partecipare all’apertura del Concilio Vaticano II, del quale intuisce la portata rivoluzionaria e dei cui valori di rinnovamento si sente antesignano. In quelle stesse settimane gli viene diagnosticato un melanoma maligno. A Dicembre ricovero e intervento (purtroppo non risolutivo) a Milano; gli fa visita il cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI, recandogli un crocifisso dono di Papa Giovanni. Tornato in diocesi, prosegue il ministero su una sedia a rotelle, ma il male è inarrestabile. Lascia la missione terrena il primo Aprile 1963, e per sua espressa volontà è tumulato in cattedrale. Nel testamento spirituale si legge. “Era troppo bello correre, lavorare, andare in mezzo ai bimbi... ma corre per Dio chi sa fermarsi quando Dio lo ferma (…) e quando deve portare la croce, non intravede la poesia, ma trova il legno duro, che scheggia le mani e fa sanguinare il cuore. Mi affido alla Misericordia di Dio, nella quale ho sempre creduto”. Sovviene l’invocazione di santa Teresa d’Avila, “Nada te turbe, nada te espante (…), quien a Dios tiene, nada le falta, sólo Dios basta”, niente ti turbi, niente ti spaventi, a colui che ha Dio, non manca nulla, basta solo Dio.
Il 1 aprile 2023, celebrando il 60esimo del trapasso (presente nella cattedrale di Nicastro anche il sindaco di Brusasco, Giulio Bosso) il vescovo Parisi annuncia di “avere in animo con i tempi e le modalità che la Chiesa rigorosamente prevede, di fare quanto necessario all’avvio di un’inchiesta diocesana sull’eroicità delle virtù di questo Pastore, perché - se è volontà di Dio e non solo un nostro pio desiderio- il suo esempio possa un giorno assurgere all’ onore degli altari”. Il successivo 21 Dicembre, dopo il nulla osta vaticano per l’inizio della causa di beatificazione e canonizzazione, un editto vescovile invita i fedeli “a comunicare tutte quelle notizie dalle quali si possano in qualche modo desumere elementi favorevoli o contrari alla fama di santità di Mons. Vittorio Moietta”, da quel momento indicato con il titolo di servo di Dio. Postulatore il cancelliere vescovile, don Marco Mastroianni (mail: postulazionecausamoietta@diocesidilameziaterme.it).
“Quanti hanno conosciuto monsignor Moietta hanno avvertito l’anelito profondo che lo animava di vivere per Dio e come Dio desiderava, questa è santità” commenta monsignor Grattarola. E aggiunge che pare si compia quanto prefigurava il vescovo Angrisani, concludendo il discorso ufficiale in occasione dei funerali: “Su questa tomba non sarete soli, fedeli di Nicastro, a pregare. Dall'estremo lembo dell'Italia, dalla bella terra del Monferrato, converranno qui, sulle ali della preghiera, tante e tante anime (…). Quest'arco di luce canterà l'inno della riconoscenza a chi ci guidò nelle vie del bene, ci insegnò le vie del vero amore, s’ immolò per amore. Esso perennerà nei nostri cuori e nei cuori dei vostri figli, e dei figli dei vostri figli, la memoria benedetta di Colui che vi fu Padre in Cristo, e che in Cristo tutti ci attende”.
aldo timossi (12 - continua)
FOTO. Il vescovo Moietta (a dx) conmons. Evasio Colli, nativo di Lu, già docente al seminario di Casale, all'epoca arcivescovo di Parma.
In preparazione:beato Variara di Viarigi e san Cafasso e beato Allamano di Castelnuovo.