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Prelati monferrini di Aldo Timossi -66-

Giacomo Carnario da Trino, braccio destro del cardinale Guala Bicchieri, poi vescovo a Vercelli.

 

I “novecento anni di storia di Lucedio”, raccolti in pregevole volume di oltre 270 pagine, a cura di Giorgio Gaietta (già dirigente Servizio Parchi della Regione Piemonte) e Paolo Salvadori di Wiesenhoff, ci consentono di approfondire la vicenda di Giacomo Carnario, vescovo di Vercelli nel ‘200, nativo di Trino. Alla base del campanile nell’abbazia locediense, una semplice lapide in pietra grigio scuro ne ricorda la sepoltura e assicura che “il suo ricordo è una benedizione per noi”.

Figlio di Pietro e Rufina, nasce intorno al 1180. Si legge nelle “Rerum Patriae” di Andrea Irico che “la Casa Carnaria, in Tricerro e in Trino era assai nobile e ricca”. Sul cognome di Giacomo gli storici hanno dato versioni discordi, per alcuni si deve aggiungere un “Vialardi” (Ughelli precisa “de Violardis”), come peraltro riportato anche sulla lapide sepolcrale. Nel volume appena citato, Paola Lamberti – architetto, da tempo impegnata per il recupero e valorizzazione del sito di Lucedio - chiarisce: la mamma “Rufina quasi sicuramente appartiene alla famiglia Vialardi, una delle casate nobiliari più importanti del Vercellese”. Che il personaggio abbia aria un poco aristocratica, lo vediamo anche dal ritratto presente nella galleria dei vescovi dell’arcidiocesi di Vercelli, e avuto grazie alla cortesia dell’architetto Daniele De Luca, direttore dell’ufficio Beni culturali; un prelato dallo sguardo serio, naso affilato e pizzetto pretenzioso alla Richelieu!

E’ il caso di aggiungere che i Vialardi hanno importanti proprietà nel Casalese, in primis Villanova Monferrato, borgo-franco dal 1197 grazie anche all’intervento di un nobile Giacomo; è memento di quella nascita, l’attuale stemma comunale, che reca in basso le bande rosse su fondo dorato, già blasone dei Vialardi.

A conferma che in famiglia la pecunia non manchi, Giacomo può compiere gli studi superiori all’estero, nella prestigiosa sede di Liegi, attuale Belgio ma all’epoca principato vescovile con grande autonomia, sede di una delle migliori scuole capitolari. Una cultura ampia, non solo nel campo della teologia e del diritto, ma estesa a discipline scientifiche, come si può dedurre dalla notizia che, sul punto di essere nominato vescovo, lascerà tutti i suoi libri di arti, fisica, medicina e di teologia agli studenti poveri dell'università (“studium”) vercellese.

Tornato in Italia, lo troviamo a Roma, come “auditor”, in sostanza segretario del cardinale Leone de’ Brancaleoni, prelato della Curia papale, vicino al pontefice Innocenzo III, come risulta dalla sottoscrizione di molte bolle ad iniziare dal 1202 e fino al 1224. In tale veste, accompagna il cardinale in diverse legazioni. Nel 1204 presso il re di Ungheria, Emerico, per avere conferma dell’amicizia con la Santa Sede.

Subito dopo eccolo in Bulgaria per la consacrazione dell’arcivescovo Basilio al rango di patriarca e per ricevere dal giovane sovrano Joannitza il giuramento di fedeltà a Roma, in segno di unione della Chiesa bulgara con quella romana. Tre anni dopo, troviamo Carnario in Germania, accompagnatore di Brancaleoni e del cardinale Ugolino di Anagni (futuro papa Gregorio IX). La missione deve tentare di risolvere la lotta per la successione imperiale tra Filippo di Svevia e Ottone di Brunswick; la vicenda si concluderà nel 1209 (secondo viaggio in Germania), dopo l’assassinio di Filippo e con l’incoronazione di Ottone.

Per una decina d’anni il brillante presbitero trinese viaggia tra Roma e Vercelli. Ha modo di essere apprezzato da un cardinale nativo di Vercelli, Guala Bicchieri, probabilmente già conosciuto molti anni prima, come canonico del capitolo della Cattedrale di Sant'Eusebio, e più tardi quale legato pontificio del nord Italia. E’ quasi certa anche una precedente relazione di amicizia tra le famiglie nobiliari Vialardi e Bicchieri. E’ con il cardinale durante il soggiorno in Inghilterra nel periodo 1216-1219, nei tempi della lotta dei baroni contro re Giovanni, e del braccio di ferro con Luigi VIII di Francia che aspira al trono inglese. Tornato a Roma, ottiene il titolo di Suddiacono apostolico e per alcuni anni è ancora al fianco del Bicchieri.

A fine giugno 1227 viene aperto ad Anagni, nel palazzo di Stefano di Ceccano, il testamento del cardinale, morto un mese prima. Il “Magister Jacobus” è indicato quale esecutore testamentario, quindi torna a Vercelli per espletare tale compito.

Inizia il lungo periodo di permanenza vercellese, come canonico di Santa Maria Maggiore già dal 1219 e, dal 1227/8, quale prevosto di Sant’Eusebio, le due articolazioni del Capitolo della cattedrale vercellese. IL 4 novembre 1235 muore il vescovo Ugo di Sessa, e per Giacomo si apre la via della promozione. La nomina alla cattedra episcopale arriva quasi subito, o secondo qualche fonte solamente qualche mese più tardi, considerando che in un atto del marzo 1236 risulta come “vescovo eletto”, e addirittura sarà citato come tale ancora nel settembre successivo. E’ un momento difficile. I contrasti tra il nuovo presule e il Comune sono subito aspri, sia per la politica decisamente filoimperiale seguita da Vercelli, sia per i tentativi del potere politico locale di esautorare la giurisdizione comitale del vescovo. Il 30 aprile 1235 Gregorio IX conferma con propria bolla interdetto e scomunica già lanciati da Ugo da Sessa contro il podestà vercellese. I reggitori della città continuano con “superbia furiosa” a compiere atti ostili verso le immunità ecclesiastiche, e il 3 settembre 1237 si riconfermano sui Vercellesi scomunica e interdetto decisi a Roma e delegati all'arcivescovo di Novara. Il perdono con assoluzione arriva l’anno dopo, previa sottomissione della comunità ai voleri del Papa.

In virtù della tempestosità del tempo e dei contrasti locali, Carnario non è molto presente, preferendo risiedere nella più sicura e fedele Santhià. Presenze sporadiche o assenza continua, gli storici non sono concordi; un cenno significativo potrebbe essere quello del Mandelli (“Il comune di Vercelli nel Medio Evo studi storici”, 1857) che relativamente all’anno 1241 scrive: “il Vescovo De Carnario continua a risiedere in Santhià”.

Per quanto riguarda l'attività pastorale, da ricordare che appoggia e benefica i Francescani, avendo forse conosciuto il fondatore san Francesco nel 1210, a Roma, in occasione dell’approvazione pontificia della Regola. E’ amico dei Domenicani, grazie anche alla pregressa frequentazione con Giordano di Sassonia, successore di San. Domenico nel 122 come Maestro generale dell'Ordine. Presta attenzione agli Ordini religiosi femminili, favorendo la sistemazione dei monasteri delle suore cisterciensi e delle Umiliate di sant’Agata.

Monsignor Carnario muore il 15 febbraio 1241 a Santhià. Peraltro lo storico Giuseppe Cappelletti in “Chiese d’Italia” (1838) indica il decesso “nel monastero di Lucedio, ove s’era fissato a dimora, nella cui chiesa abbaziale viene sepolto, dinanzi all'altare di santa Maria Maddalena, siccome raccogliesi dall'antico martirologio di quel monastero” conservato a Milano nella biblioteca ambrosiana. “Huomo riguardevole, humile, saggio, liberale, e prudente” - così si legge nelle “Vite de’ vescovi di Vercelli”, repertorio edito nel 1643 da Aurelio Corbellini – nel lungo, minuzioso testamento redatto nel 1234 benefica molti soggetti. Particolare attenzione agli ospedali di Santo Spirito (nato nel 1214 alla periferia di Vercelli), Sant’Andrea (fondato nel 1224 da Guala Bicchieri), San Bartolomeo ((a poca distanza dalla città verso occidente). Non dimentica alcune chiese dalle quali ha ottenuto incarichi e canonicati durante i viaggi in Belgio e Inghilterra.

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