Notizia »

Crea, di Aldo Timossi (parte 2)

1931: Una funicolare per Crea - Gli orari della corriera
E’ quasi un miracolo, se il Santuario di Crea arriva in buono stato al passaggio tra Ottocento e Novecento. In realtà, a metà secolo la politica anticlericale del Regno di Sardegna, dapprima abrogò il riconoscimento civile a numerosi ordini religiosi, in seguito incamerò i beni ecclesiastici, per far fronte alle ingenti spese per la terza guerra l’indipendenza. Per Crea dove dal 1820 c’erano i Francescani, nel 1859 il vescovo Nazari di Calabiana costituì la “Società per la ristorazione del Santuario”, avviando diversi restauri. Ci fu addirittura un interesse dei Savoia, con il principe Oddone Eugenio Maria di Savoia, ultimo duca di Monferrato, che concepì l’idea di far erigere una grande cappella, dedicata alla “Disputa di Gesù con i dottori”.
La morte prematura del diciannovenne principe, nel 1866, mise la parola fine al progetto. Nello stesso anno, la famiglia conventuale dovette chiudere, e i beni di Crea passarono al demanio statale, venendo però restituiti alla Mensa vescovile sei anni dopo, sotto il vescovo Pietro Maria Ferrè. Nel frattempo – scrive un anonimo “Alpinista” sul giornale dell’agosto 1878 – rimase quasi recluso nella propria cella l’ex guardiano, padre Costantino  Cerri, attorniato da “dodici ragazzi dai 10 ai 15 anni, che col tempo furono ridotti ad otto; costoro presero possesso del monastero, e dopo la messa del mattino spandevansi pel monte ad occuparsi nei lavori agricoli”, non si sa bene di qual coltura!  
La venerata statua varca la soglia del Novecento con una novità: sul capo della Madonna e del Bambino, dall’agosto 1890 sono posate due corone d’oro, realizzate dall’orefice torinese Balbino. Purtroppo, corone e altri monili ex voto, prendono il  volo nella notte di giovedì 19 settembre 1912, quando i ladri, rubate una scala e alcune funi nella vicina cascina di tal Luigi Meda, entrano in chiesa e fan razzia. Ladri ignoranti, perché trascurano tele del Moncalvo e di Macrino d’Alba, “bastava che essi ne avessero asportata la tela, per vendere detti oggetti d’arte a prezzi favolosi”. Ovviamente “l'audace furto, sul quale indaga il brigadiere Codolini dei Carabinieri di Cerrina, ha impressionato assai le popolazioni”. “Il Monferrato” dovrà occuparsi altre volte di ruberie al Sacro Monte. Già nell’ottobre 1936, allorchè, “i ladri sacrileghi, forse disturbati nella delittuosa impresa, poterono impossessarsi soltanto d’un Crocifisso e di qualche candelabro in bronzo”. Agosto 1961, sparisce “una cassetta, posta ai piedi della statua della Madonna, contenente numerosi oggetti d’oro lasciati dai fedeli come ex voto”. Ben più grave, l’episodio del gennaio ’64, che “Il Monferrato” racconta sotto il titolo “Profanato il Santuario di Crea”. Ad appena due giorni da un furto nella chiesa casalese di Oltreponte, entrando nel tempio alle 5,30 per preparare la prima Messa, il sacrestano fra Alberto Fausone (cui nel 1977 sarà attribuita l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica - N.d.A.) scopre che “ignoti ladri sono penetrati forzando una porta ed hanno scassinato il Tabernacolo, impadronendosi dell’Ostensorio e della Pisside nonché delle Ostie consacrate”. Gli oggetti sacri sono fatti ritrovare, qualche giorno dopo, nella chiesa di Sant’Anna, a San Mauro Torinese. Nessuna traccia delle ostie consacrate, forse utilizzate – ma il giornale non azzarda ipotesi – per qualche rito esoterico. Ladri in azione anche nel dicembre ’69, quando sono svuotate o danneggiate le cassette delle elemosine di ben tredici cappelle del Sacro Monte; stavolta le indagini dei Carabinieri di Ponzano portano a individuare gli autori del furto, in tre giovani di Moncalvo, rei confessi, che si salveranno però dal carcere grazie all’amnistia. Originale, l’episodio dell’agosto 1970, quando, dalle bacheche del Museo, spariscono alcune decine di preziose monete antiche, e i malviventi, prima di andarsene, “rubano anche un pollo al guardiano del Sacro Monte, Armando Bisoglio”!
Al di sopra della cronaca nera, già dal tempo della prima, grande guerra, e i pellegrinaggi s’infittiscono. Quasi ogni famiglia ha un uomo alla fronte, la preghiera è unica consolazione, si chiede alla “Madonna bruna” la grazia di un ritorno a casa. Come scriveva qualche anno addietro sul giornale il corrispondente da Moncalvo, “a stomaco digiuno si consumano dai più grandi  quantità d’ostie in chiesa”, si fa il giro delle cappelle e ad ognuna di essere “ci si ferma per curiosità, per dire un pater e un ave”, poi si pranza, qualcuno più fortunato nel ristorante albergo che fu già di Giuseppe Bessio, la maggioranza “all’ombra di antiche piante, nelle macchie, nei prati”.
Nel maggio 1916 è ormai svanita l’illusione di una guerra lampo, ma sorprendentemente “Il Monferrato” annuncia un grande vertice di politici “del circondario e delle regioni limitrofe per deliberare la costruzione di una Cappella commemorativa della guerra 1915-1916”! Si presenta un progetto, redatto da Francesco e Lorenzo Coggiola.
La guerra non è lampo, continua, la proposta rimane sulla carta, e Crea vede trasformato in cannoni il concerto di campane, collocate nel 1848 al posto di quelle già disperse durante l’epoca napoleonica.  Torneranno sul rinnovato campanile a Ferragosto del 1929, consacrate dal vescovo diocesano Albino Pella, e da monsignor Evasio Colli, nativo di Lu Monferrato e vescovo di Acireale. Ben otto bronzi, dalla piccolina di 120 chili, al “campanone” di 970, donato dal cementiere Natale Ferrari e dedicato ai Caduti della guerra mondiale: “Ai forti che nella guerra eroica per l’Italia morirono nel nome di Maria, canto le glorie e le ridico ai vivi”.  
 
Il 9 maggio 1931, sotto il titolo “Una funicolare per Crea”, il giornale informa che “il rappresentante d’una nota Casa estera per costruzioni di funicolari, si è recato in compagnia d’un ingegnere al Santuario di Crea onde studiare il progetto di una funicolare a cremagliera che dalla Madonnina salga al Sacro Colle”. Dal sopralluogo emerge però che il terreno non è adatto per posare un binario stabile, e comunque un tratto così piccolo non sarebbe redditizio. Seduta stante s’immagina un tracciato comprendente alcune località limitrofe, da collegare con funicolare, dalla stazione ferroviaria di Serralunga fino a Moncalvo, circa sette chilometri, con cinque stazioni, passando ovviamente dal Santuario e da Ponzano. Impresa definita come “ardita”, a tal punto che l’idea resta tale, e per salire al colle non resta che la carrozzabile! Se ne riparlerà nel settembre 1950, quando - leggiamo nel sempre comodo e provvidenziale archivio storico de “Il Monferrato” – “si dice che il Santuario sarà forse reso più comodamente accessibile, con un progetto di funivia Serralunga-Crea che sarebbe in gestazione, e ci auguriamo che il progetto divenga realtà, poichè non mancano nel nostro Monferrato località di altitudine rispettabile che, opportunamente valorizzate ed attrezzate, potrebbero diventare ottime stazioni di soggiorno e di cura, anche d’estate”.
Ovviamente, già all’inizio degli anni Trenta i mezzi pubblici non mancano, segno che il colle è ben frequentato. ....
aldo timossi
(2 – continua)
La prima puntata è stata pubblicata sul numero di  martedì 3 marzo la seconda di venerdì 6