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Sala Carmi: il dramma di Rodi

Una grande deportazione collettiva

C’è una comunità ebraica trasversale a lingue e continenti, che si identifica con un luogo fisico dove di ebrei non ce ne sono più. E’ quella di Rodi (Grecia, Dodecaneso, ndr), formata dai pochi testimoni ancora viventi dei 1.873 ebrei dell’isola inviati ai campi di sterminio, da coloro che hanno preso il mare poco prima di quel fatale agosto del 1944, tristemente consapevoli che nemmeno la tranquillità e la bellezza di quest’isola   li avrebbe protetti, e soprattutto dai loro discendenti che riconoscono un’appartenenza collettiva nella memoria tramandata nelle loro famiglie. Sono centinaia, vengono da Belgio, USA, Italia, Sudafrica, Israele…, qualcuno parla ancora il misto di ebraico e spagnolo tramandato da cinque secoli, qualcuno assaggia per la prima volta le ricette greche dei nonni.

E’ questo senso di sovra-identità comune ciò che colpisce di più del documentario di Marco Di Porto “I figli del vento”, al centro di una giornata, domenica 21 aprile, che la Comunità Ebraica di Casale Monferrato ha voluto dedicare a questa tragedia in una affollata e prtecipe sala Carmi aprendo di fatto le celebrazioni per gli 80 anni di una delle più grandi deportazioni collettive avvenute in territorio Italiano.

La prossima Giornata Europea della Cultura Ebraica avrà come tema la famiglia – spiega Daria Carmi in rappresentanza della Comunità casalese – e questo appuntamento potrebbe rientrare in questa narrazione. Perché tutti si sentono figli di quest’isola, quasi per osmosi, ma per Marco è anche la storia della ricostruzione della sua famiglia”.

Un intreccio interessante: Di Porto, arrivato sull’isola nel 70° anniversario della deportazione, con lo scopo di documentare per la rubrica “Sorgente di Vita” proprio la prima riunione di questa comunità cosmopolita originaria di Rodi, vi trova anche gli elementi per completare il puzzle sulla vita di suo nonno Salomone Galante, uno dei circa 150 ebrei dell’isola sopravvissuti ad Auschwitz. La sua storia diventa il nucleo del romanzo “Una voce sottile” e una vera guida per ricostruire le vicende della Comunità rodiese dalla felice e secolare convivenza con turchi, greci e italiani fino all’inferno. “Alle soglie del 25 aprile è importante ricordare come questo evento abbia a che fare con le responsabilità dell’Italia e del fascismo” continua Daria Carmi.

E in effetti le ricerche di Di Porto mettono in luce una vicenda che non fa onore al Paese che governava il Dodecaneso, prima nel cedere il controllo dell’isola ai tedeschi dopo ‘8 settembre del 1943 (le forze italiane erano 40.000, contro 8.000 tedeschi) poi nel compilare con zelo le liste dei residenti ebrei da passare ai nazisti.

Di Porto ricostruisce i documenti e sottolinea il disegno squisitamente criminale nel costruire la gigantesca macchina logistica necessaria per mandare a morte quasi 2000 persone di una innocua isola, facendogli compiere un’odissea di tre settimane.

Qualcuno ricorda che dal 1936 al 1940 è stato governatore di Rodi un casalese: Cesare Maria De Vecchi, quadrumviro della Marcia su Roma e solerte applicatore delle leggi raziali.

Ricordi che la memoria ha il dovere di fissare: questa estate, per gli 80 anni dalla deportazione, la grande Comunità degli ebrei di origine rodiese tornerà a riunirsi e le immagini de “I figli del vento” fanno venire a tutti una gran voglia di essere con loro.

Alberto Angelino