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Prelati monferrini di Aldo Timossi
Giuseppe Maria Langosco, vescovo di Alba, nato a Stroppiana nel 1722
LANGOSCO GIUSEPPE MARIA
“L’illustre e storica famiglia dei conti di Langosco, deriva dai potentissimi conti palatini di Lomello”, territorio eretto in contea fin dalla metà del decimo secolo. Giuseppe Maria, vescovo di Alba nel decennio 1778-1788, è figlio del ramo di Stroppiana, “paisello” dove nasce il 20 ottobre 1722 dal conte Marc’Antonio.
La famiglia è presente in quel feudo del basso Vercellese dal 1252, quando i Langosco - già stabilitisi in centri come Casale, Villanova Monferrato e Vercelli - si alleano con i Tizzoni e s’impadroniscono di Stroppiana, “innalzando un forte castello”. Tre secoli più tardi, arriverà il riconoscimento a contea. Tra gli antenati di Giuseppe Maria, non pochi nomi illustri, da Girolamo, “fisico medico, dedito alla speculativa, ed anche poeta”, a Gian Tomaso, gran cancelliere del duca sabaudo Emanuele Filiberto (“Testa di Ferro”) e suo ambasciatore in Germania e Inghilterra a metà ‘500.
Si collega alla stretta collaborazione con il Savoia la vivace vicenda di Beatrice, figlia di Gian Tomaso. E’ giovane “molto bella e intelligente”, tanto da far colpo sul duca, che “colto d’amore” non disdegna di uscire spesso dalla residenza (provvisoria, accanto al duomo torinese, essendo in costruzione il palazzo reale) per recarsi poco distante, presso palazzo Chiablese, abitazione del cancelliere. “Con astuzia adotta la scusa di consegnargli voluminosi incartamenti di affari di stato, de' quali chiede pronto parere affine di tenerlo occupato nel suo studiolo, e riservare a sé la libertà di goder de' vezzi di Beatrice”. Dalla frequentazione nascono tre figli: Ottone, morto bambino; Beatrice (come la mamma e, quanta poca fantasia, come la madre del duca) alla quale viene assegnata una ricca dote di 30.000 scudi d'oro; Matilde, la sola legittimata. L’affettuosa amicizia della Stroppiana, per la quale il duca fa addirittura coniare una medaglia, viene premiata assegnandole in sposo il facoltoso conte Scarampi di Vesime.
Tornando al nostro giovane Giuseppe Maria, poche le notizie sul primo mezzo secolo di vita. E’ ordinato presbitero il 7 aprile 1749, e un anno dopo consegue la laurea in sacra teologia. Poco più tardi appare nell’elenco dei canonici della cattedrale di Sant’Eusebio. Carriera veloce, considerata probabilmente anche l’estrazione aristocratica, in poco tempo arriva alla dignità di arcidiacono, cui aggiunge più avanti quella di vicario generale della diocesi. E’ un periodo importante per la cattedrale di sant’Eusebio, oggetto da inizio secolo di un robusto rifacimento: La storia dell’arte sottolinea il robusto ruolo avuto, per il compimento di quella fabbrica, dal vescovo Giovanni Solaro di Villanova (1743-1768) e “dall’autorevole arcidiacono”, cui si deve tra l’altro la donazione, nel 1775, di una pala d’altare (367 x 205 cm.) raffigurante il “Ritrovamento della vera croce”, opera del pittore bolognese Gaetano Gandolfi.
La promozione arriva per monsignor Langosco nel 1778. Oltre un anno prima, ha rinunciato alla cattedra di Alba l’anziano vescovo Paolo Nicolò Giacinto Amedeo Vagnone. Il primo aprile 1778 il re di Sardegna, Vittorio Amedeo III, sottoscrive la scelta del vicario vercellese per la sede episcopale albese, e il 20 luglio arriva il placet pontificio. Una settimana più tardi (per qualche fonte, il 26 settembre) a Roma, la solenne consacrazione da parte del cardinale Hyacinthe-Sigismond (Jean-François), titolare di San Giovanni a Porta Latina, assistito da Orazio Mattei, arcivescovo titolare di Colossi (Grecia), e dal vescovo di Montalto delle Marche, Francesco Antonio Marcucci.
Alba sta per avere il 69esimo vescovo…o forse 82esimo! In effetti le cronotassi esistenti partono da un san Dionisio, in cattedra dal 350, nominato, sarà combinazione, dal patrono di Vercelli sant’Eusebio. Per lo storico Giuseppe Cappelletti (“Le chiese d’Italia”, vol.14 – 1838) si tratterebbe di errore. In realtà, primo vescovo sarebbe stato san Benedetto, nel 680, e l’aver citato figure precedenti è dovuto a confusione tra Alba e Albano Laziale, o addirittura con la francese diocesi di Alba Helvirorum. Cappelletti stesso dubita però di tale indicazione, non escludendo qualche prelato in epoca precedente il 680; altre fonti confermano l’incertezza, citando però come primo titolare della cattedra albese, dal 499, un Lampadio. Ad Alba si è sempre rimasti convinti, laici e clero, di Dionisio!
Di certo monsignor Langosco Stroppiana non ha preoccupazioni di numero, quando l’8 novembre 1778, giorno di pioggia dirotta, fa ingresso in diocesi, accolto in duomo e poi in vescovado con grandi feste, dopo oltre un anno di sede vacante. Il Comune stampa per l’occasione un opuscolo di una settantina di pagine, dal titolo esplicito “Applausi…”. Il capitolo della cattedrale gli dedica un lungo sonetto che, premettendo al nome il titolo di “vescovo e conte”, ne magnifica “i domestici pregi e delle tante virtù lo stuolo che in tuo cuor si annida”; cita la “benefica man”, pronta a soccorrere povere madri e “orfani piangenti”. Doti che l’eletto avrebbe voluto tenere nascoste, ma che “il magnanimo re, che de’ sabaudi eroi tutte in se sol le glorie aduna”, Vittorio Amedeo III, seppe far emergere dal “non dovuto oblio”. E pazienza se la città di Vercelli, che ha perso tanto bravo sacerdote, “mesta e pensosa il suo destin rampogna”.
Del decennio trascorso ad Alba le notizie van cercate qua e là con il proverbiale lanternino. “Pieno di zelo pastorale, visita la sua vasta diocesi, che si estende anche oltre Ormea”. Per sua iniziativa e verosimilmente a proprie spese (le cronache scrivono di “sua generosità”) il palazzo vescovile - piazza monsignor Grassi - è ampliato nell'ala est con l'aggiunta di una nuova struttura, denominata Lazzaretto, e contestualmente viene risistemato il grande giardino. Istituisce la processione generale con il Santo Legno della Croce, ai primi di maggio, per la benedizione delle campagne. Approva gli statuti capitolari della collegiata di Ceva. Fonda la cappellania di santa Petronilla, a beneficio e servizio del duomo. Nel 1781, autorizza la costruzione di un santuarietto (di fatto si realizzerà molto più tardi) dedicato alla Madonna del Buon Consiglio, alla periferia di Castiglione Tinella, nel luogo dove esisteva un pilone con dipinto della Madonna, e dove la tradizione vuole sia avvenuto il miracolo del dono della vista ad una giovane del luogo cieca dalla nascita. Nello stesso anno, con l’intervento di tutte le Compagnie religiose e delle autorità cittadine, benedice solennemente il nuovo Cimitero detto di San Rocco, presso la confluenza del Cherasca col Tanaro, che sarà soppresso nel 1858 perché “continuamente vessato dalle inondazioni”. Monsignor Langosco Stroppiana termina il cammino terreno il 13 dicembre 1788, e viene tumulato in cattedrale, nel sepolcreto dei vescovi, sotto la Cappella del SS.mo Sacramento.
aldo timossi
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