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Prelati monferrini di Aldo Timossi

Giovanni Negri, nato il 14 novembre 1788 a Fontanetto Po all’epoca diocesi di Casale

 

Futuro vescovo di Tortona, Giovanni Negri - uno dei pochi prelati senza ascendenze aristocratiche - nasce il 14 novembre 1788 a Fontanetto Po. All’epoca è ancora diocesi di Casale, con altre comunità del vicariato di Crescentino, che la bolla istitutiva della cattedra evasiana aveva staccato da Vercelli: Trino, Palazzolo, Bianzè, Tricerro, oltre a Morano, Balzola, Villanova, e altre ancora.

Figlio del medico Giovanni Battista e di Margherita De Bernardi, ha i primi rudimenti scolastici da un prete della Savoia, esule in seguito alle persecuzioni della rivoluzione francese, quindi frequenta le scuole pubbliche a Crescentino. Quindicenne, entra nel seminario di Casale, dove veste l’abito clericale e segue gli sudi di retorica e filosofia, quindi passa a Vercelli. Il 12 giugno 1813, a Biella, è consacrato presbitero. Due anni dopo, consegue a Torino la laurea in teologia. Ha una passione anche per le scienze, in particolare matematica e architettura - leggiamo in una cospicua biografia dello storico rosignanese Camillo Cappellaro, edita nel 1997 dalla Fondazione Cassa Risparmio di Tortona, dai cui uffici abbiamo avuto la cortesia di una delle rare copie ancora disponibili - tanto che in tali materie riesce a conseguire i gradi accademici.

Nel marzo 1819 il secondo gradino ecclesiastico. Partecipa ad un concorso per l’ufficio di penitenziere della Curia metropolitana vercellese, risulta primo, con dispensa apostolica per l’età inferiore a quella richiesta entra a far parte del Capitolo eusebiano. Ruolo di tutto rilievo, essendo delegato a confessare nei casi di particolare gravità, di norma sottratti alla competenza del sacerdote ordinario e riservati quindi all'autorità episcopale. Tiene quell’incarico per ben 14 anni, “divenendo in breve, per l’assiduità al confessionale, il direttore spirituale di gran parte della città”.

Come d’uso all’epoca il re Carlo Alberto deve indicare alla Santa Sede un successore per il vescovado di Tortona, vacante dall’ottobre 1831 dopo la morte di monsignor Carlo Francesco Carnevale. C’è un lungo confronto fra Roma e Torino sul nome del futuro vescovo, e solo il 9 marzo 1833 c’è l’accordo sul canonico Negri, “persona dotata di autorità, integrità, zelo per le anime e prudenza”. L’annuncio ufficiale da parte del pontefice Gregorio XVI nel concistoro del 15 aprile e una settimana più tardi, nella chiesa romana della Congregazione della Missione (accanto all’odierna sede del Parlamento, piazza Monte Citorio), la consacrazione da parte del cardinale Giacomo Filippo Franzoni, co-consacranti i monsignori Giuseppe della Porta Rodiani, patriarca di Costantinopoli, e Luigi Bottiglia Savoulx, arcivescovo di Perge,. Durante la stessa celebrazione è consacrato vescovo di Alessandria il torinese monsignor Dionigi Andrea Pasio.

Il 25 luglio 1833 prende possesso della diocesi delegando il vicario generale, mentre il solenne ingresso è fissato per l’8 settembre. Nel frattempo il neo-vescovo torna tra Sesia e Po, partecipando a celebrazioni e manifestazioni nel Vercellese. Il primo di settembre è a Fontanetto, in occasione della festa del santo patrono Bononio da Lucedio, per celebrare, amministrare la cresima, salutare parenti e amici. “Grandiosi apparecchiamenti, archi trionfali , contrade di preziosi tappeti addobbate, parata militare, scelta musica istromentale e vocale, brillante illuminazione generale per due sere consecutive, e sovra ogni cosa affettuosa e concorde esultanza dipinta in viso a tutti”, è la cronaca di quei giorni sulla Gazzetta Piemontese. Il pomeriggio del terzo giorno la partenza, via Trino e Casale, per raggiungere Tortona. Un “maltempo di proporzioni eccezionali” ha ingrossato il Po, non si attraversa, bisogna attendere.

L’arrivo a Tortona il 10 settembre. Niente grandi manifestazioni, essendo il nuovo vescovo “in non buone condizioni di salute”, forse per le fatiche dei giorni precedenti ed il viaggio disagevole. Un padiglione per il saluto, qualche arco trionfale, fuochi d’artificio. E’ lo stesso Negri a confidarsi con un amico, per giustificare una breve parentesi di convalescenza: “in questi primi giorni le cose non vanno male, ma spero di farle andare meglio, intanto il vicario Molinelli lavora come una bestia mentre il vescovo fa vita comoda, ma non sarà sempre cuccagna”!

Fin da subito dimostra di essere vescovo “duro e severo”, devoto e di elevata spiritualità ma anche forte del titolo di “princeps Campi Beati”, principe di Cambiò, ereditato dai predecessori: nello stemma gentilizio si vedono tra le insegne, oltre la mitra e il pastorale, le insegne di commendatore dell’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, e seppur in un angolo, anche la spada. Dopo un anno di osservazione, inizia dal seminario l’opera di rinnovamento. Vengono ripresi i lavori di ampliamento, per una capacità di 240 alunni contro i settanta precedenti, e in tal modo Negri tende a riportare in casa propria gli insegnamenti che sino ad allora i futuri chierici dovevano seguire nella scuola pubblica, il Regio Collegio. C’è contrasto con l’autorità civile, e il vescovo è costretto a difendersi di fronte al Re dall’accusa di “riempire la diocesi di un clero ignorante e mal educato”: occorre aiutare i meno capaci, mentre i docenti pubblici tendono a ghettizzarli quasi come un rifiuto della scuola. In realtà sarà molto severo con i futuri presbiteri, tanto da ricevere un rimprovero dalla Santa Sede, altro che leggerezza! Di fatto, il duro confronto con il regio ministro della pubblica istruzione, Carlo Boncompagni, fa di Negri un “punto di riferimento per l’intero episcopato piemontese e ligure, soprattutto nei momenti di maggior attrito nei rapporti Stato-Chiesa”.

Con il Capitolo della cattedrale, da un decennio in lite con la Curia, cerca di appianare le controversie, induce con pazienza al rispetto delle regole; solo nel 1852 potrà annunciare che pace è fatta! Il rinnovamento arriva anche per gli addetti alla Curia, con la retribuzione proporzionale alla mole di lavoro svolto; saranno più solleciti verso tutti gli atti, evitando il precedente sistema di smaltire le pratiche dei possidenti “per far quattrini”, mentre restavano inevase quelle gratis per i poveri.

Pochi mesi dopo l’insediamento, invia a tutti i parroci un lungo documento-questionario, in preparazione della visita pastorale. La prima visita alle oltre 280 parrocchie con succursali è compiuta addirittura a piedi, ben altro stile rispetto a prelati dei secoli precedenti, in viaggio con carrozze, stoviglie, servitori, segretari. “Percorre tutta la vastissima diocesi senza riguardo a difficoltà di strade, ad asprezza di gioghi alpestri, né a cumulo di fatiche ogni giorno ripetute (…) ripigliava il cammino e portavasi la sera ad altra parrocchia”. Due visite successive lo vedranno a cavallo, per l’età ormai avanzata.

Il 13 giugno 1843 indice il sinodo diocesano, a distanza di ben 130 anni dal precedente. Il risultato dell’assise, stampato nel febbraio 1844, reca 27 capitoli ed è suddiviso in 624 articoli, per ben 245 pagine; si va dalle indicazioni sui sacramenti, a quelle sulle sepolture, dalla nuova ripartizione della diocesi in distretti e vicariati, al modello di vita onesto dei chierici e di monaci e suore, alle confraternite.

Fondamentale l’impegno di monsignor Negri per il completamento dei lavori alla nuova cattedrale, dedicata all’Assunta e a San Lorenzo. Dal 1853 si rialzano le impalcature per l'affrescatura delle volte laterali e centrali realizzata dall'artista Paolo Maggi e l'aggiunta degli ornati, mentre l'antico pavimento, costellato di pietre tombali, viene sostituito con uno di scuola veneziana.

Nonostante sia ormai ottantunenne, è presente dal 1868 anche ai lavori del Concilio ecumenico vaticano I°, quello che stabilisce tra l’altro l’infallibilità del Papa. Inizia il cammino celeste a mezzodì del 19 gennaio 1874. I suoi resti riposano nella cattedrale tortonese, in un sarcofago fra quelli del predecessore Carlo Francesco Carnevale e del successore Vincenzo Capelli.

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