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Un grande amico, Giovanni Sisto.

Il ricordo di Elio Gioanola

Il mio ricordo di Giovanni Sisto risale al lontano 1948, quando avevo 14 anni e lui era un giovane professore di letteratura italiana al liceo “Plana” di Alessandria.

Era l’estate di quell’anno e io, accompagnato da mio padre, nato una ventina d’anni prima nello stesso paese di lui, a Mirabello Monferrato, lo vedevo per la prima volta pieno di soggezione, perché era un insegnante di alto livello e un personaggio noto per essere stato un valoroso partigiano nella Resistenza combattuta poco tempo prima.

Ricordo un giovane di modesta statura, pallido, afflitto da una tosse persistente, molto strana per la stagione estiva in cui l’incontro avveniva, che mio padre spiegò al ritorno come residuo della vita vissuta nelle intemperie, durante gli inverni in montagna, come militante nella guerra di resistenza contro i nazifascisti.

Io ero un ragazzo molto timido, che coltivavo una grande passione per la lettura e temevo di vedere ostacolata quella vera vocazione nella prospettiva di diventare orafo, come quasi tutti i miei coetanei, perché la mia famiglia non era agiata e i tempi indicavano quel mestiere come sicuro e redditizio. Devo dire che appena mi ebbe data un’occhiata e sentito dei miei risultati scolastici, il professore non esitò un minuto a esortare mio padre a farmi proseguire gli studi, indicando anche il liceo classico come la scuola più adatta per me.

Valeva la pena affrontare sacrifici economici in vista dell’istruzione superiore che quegli studi assicuravano, e pazienza se la mia famiglia doveva affrontare spese impreviste, come quelle dei numerosi libri da comperare, compresi i carissimi dizionari di latino e di greco. Non ho mai dimenticato quel suggerimento che salvò la mia vocazione: non avrei potuto fare una vita diversa da quella che ho fatto, piena di lettura e di scrittura. Giovanni Sisto divenne da quel momento il mio punto di riferimento assoluto, e termo proprio che senza il suo intervento così deciso e pronto, la mia vita avrebbe potuto prendere un’altra strada.

Mai da allora cessò di essermi vicino e di aiutarmi concretamente, come quando riuscì a farmi avere, dopo che avevo vinto il concorso a cattedre di italiano e latino nei licei, il posto di ruolo a Genova, quando invece  ero stato designato a Cosenza. A lui sottoponevo le mie prime prove di scrittura, che generosamente mi pubblicava su “La Provincia di Alessandria”, la pubblicazione mensile che con la sua direzione era diventata una vera e propria rivista di cultura. Presto i nostri rapporti erano diventati molto amichevoli, tanto che abbastanza presto volle passare al confidenziale “tu”.

Purtroppo aveva sofferto, come comandante di un brigata partigiana cattolica, il freddo e la fame di quegli anni terribili a ne recava le conseguenze, ora che la pace era tornata e aveva ritrovato il posto d’insegnamento.

I miei parenti di Mirabello ci avevano informati delle sue condizioni e il barba Centino, sarto come gli altri zii del paese, che era imparentato con la famiglia di Sisto, ci rivelò che era in attesa di una difficile operazione. Di lì a qualche tempo infatti il professore aveva subito un pesante intervento chirurgico, che lo aveva privato di uno dei polmoni e costretto ad una lunga convalescenza, dalla quale non avrebbe mai più potuto uscire del tutto, ma che non  fiaccò la sua coraggiosa resistenza. Da quando infatti era stato scelto come Presidente della provincia, interpretò il suo incarico con una dedizione e passione veramente straordinarie, nel nome dei valori cristiani spesso interpretati, in maniera strumentale, da molti esponenti del partito che formalmente a quei valori si rifaceva.

Devo dire che era stato anche molto deluso, quando fu eletto deputato, dalla politica sempre più preda di rivalità e di interessi personali, al punto che decise di ritirarsi dalla vita  del partito a cui aveva dato tanto, con grande generosità. Per  questo ho sempre pensato che Giovanni  sia stato molto più cristiano che democristiano e si sia impegnato sempre a trasferire nella vita politica gli ideali ai quali aveva sacrificato la sua gioventù. E in effetti  la sua vocazione più autentica è stata quella del letterato prestato all’attività pubblica, perché lui era in fondo un insegnante e uno scrittore, a cui l’impegno amministrativo tolse molto spazio prezioso. Per questo aveva guardato a me come fossi un suo discepolo, a cui aveva delegato il compito di fare quello che a lui era stato parzialmente impedito, cioè dedicarsi completamente come me, agli studi letterari. Non che non abbia, per intervalla, trascurato del tutto l’intimo richiamo alla scrittura, a cui ha potuto dedicare purtroppo soltanto il tempo sottratto agli impegni civici. Riuscì infatti a firmare, al di là delle scritture strettamente operative,i lavori di autentico valore poetico, a partire dal bellissimo “Fontanavecchia” (1966), dedicato al paese di nascita e d’infanzia, “San Francesco vivo” (1977), “Io sottoscritto povero peccatore” (1979), “America latina continente della speranza” (1981), “Quel tragico ottobre 1944” (1987).

Ma la vita di Sisto è stata segnata, e sacrificata, dalla dedizione ai doveri primari per poter essere offerta totalmente, come sarebbe stato auspicato, ai piaceri della letteratura. 

Elio Gioanola