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Prelati monferrini di Aldo Timossi -68-

Il vescovo Guala Bondoni, da Trino - Deposto nel 1182

 

A dispetto del cognome, il vescovo Guala Bondoni (da “bonus dominus”, uomo onesto, dabbene) 65esimo successore di Sant’Eusebio sulla cattedra vercellese, non gode di buona fama. Se per un verso è ricordato per aver fatto buone cose, d’altro canto le cronache rammentano che non ha mai trascurato il tornaconto personale e dei familiari.

Nasce “di padre e madre nobilissimi” nei primi decenni del dodicesimo secolo. Tempi difficili per il Piemonte. Si creano i liberi comuni, c’è lotta contro l’Impero e spesso le truppe imperiali devastano tante comunità, le fazioni di guelfi e ghibellini sono in lotta fra loro, c’è rivalità fra potentati civili e potere della Chiesa. Racconta Aurelio Corbellini in “Vite de’ vescovi di Vercelli” (1643): “Nello stesso tempo erano due Guala in Vercelli, uno de’ Bichieri, e l’altro de’ Bondoni; ambo nobili, uno di Burolo e l’altro di Ronsecco; ambo feudatari, uno cardinale e l’altro vescovo”.

Sul luogo di nascita c’è qualche riserva. Il suo nome appare chiaramente come “Guala Bondonus episcopus vercellensis” in una tabella di santi e illustri religiosi nativi di Trino, compilata nel ‘700 dal grande storico Gian Andrea Irico per la sua opera “Rerum patriae”. All’epoca gli aristocratici Bondoni sono già ben presenti in alcune comunità del Trinese, ma Ronsecco è un piccolo villaggio, noto come “Rivasica” e ancor prima “Runcumsiccum” (traducibile come riva asciutta, canale in secca), addirittura una fonte attuale lo definisce “villaggio di capanne”. Appare quindi più probabile una dimora in quel di Trino, che a metà ‘200 è già centro con robuste mura e castelli di epoca longobarda.

Compiuti i primi studi, entra nel Capitolo di Sant’Eusebio, che officia la chiesa cattedrale, formato da ventiquattro canonici; è attivo in città anche il Capitolo di S. Maria, formato da otto canonici; si tratta di corpi non del tutto separati, tanto che per l’elezione di alcune cariche come il prevosto o preposito si ritrovano insieme. Anche il giovane Bondoni ha dunque la dignità di canonico, e negli stalli della cattedrale trova altri due Guala: il già ricordato Bicchieri, e un Capelli, “memorabile per le sue degne azioni e nobili operati”. La carriera prosegue con l’elezione a prevosto della chiesa di San Bartolomeo, alla periferia sud-ovest della città, fuori delle antiche mura. Qui vive “con religiosa pietà” un gruppo di persone, quasi tutte di origine aristocratica, uomini e donne, senza particolari regole e formalità; “personaggi in concetto di santità”, si legge nei “Discorsi historiali concernenti la vita, et attioni de' vescovi di Vercelli, espressi da Marc'Aurelio Cusano, canonico di Vercelli” (1676).

La prepositura consente al giovane canonico di “esercitarsi in azioni più che mai virtuose, e d’instradarsi, per giungere alla cristiana perfezione”. E’ un ambizioso, s’immagina cerchi appoggi tra guelfi e ghibellini, ed ecco arrivare la promozione, con la nomina episcopale nel 1170, da parte di Papa Urbano III (Uberto Crivelli). E’ il Cappelletti (“Le chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni”) a informarci che viene consacrato dal vescovo di Milano e futuro santo, cardinale Galdino della Sala.

Non è dato sapere se la nomina sia stata decisa dal Capitolo o direttamente da Papa Alessandro III. Di certo c’è di mezzo la mano delle famiglie signorili, vecchie e nuove, che - scrive Alessandro Barbero in “Terre d'acqua : i vercellesi all'epoca delle crociate” - hanno costituito “un vero e proprio comitato d’affari all’ombra della Chiesa eusebiana, così influente che arriva ben presto a piazzare i propri uomini nel Capitolo cattedrale e addirittura sulla cattedra episcopale”. Guala Bondoni è tra quelli indicati di tessere la “trama degli affari e delle concessioni a condizioni di favore” nei confronti di amici e familiari.

In effetti, uno dei primissimi atti da vescovo è la nomina del fratello Jacopo quale avvocato (“Capitano della Giurisdizione”) della Chiesa eusebiana, nonché titolare del nuovo feudo di Ronsecco. Anche la trattativa per stabilire pace fra il comune di Vercelli e il Marchese del Monferrato parrebbe macchiata - secondo lo storico vercellese Carlo Dionisotti - dal tornaconto personale, avendo venduto allo stesso marchese alcuni beni di proprietà della diocesi. E ancora il Dionisotti aggiunge un poco chiaro affare con Ottone, conte di Biandrate, e la famiglia Avogadro, per il feudo di Lenta.

Non sarebbe però corretto sottolineare solamente alcuni aspetti negativi. Negli anni sulla cattedra eusebiana, assai intensa risulta la sua attività pastorale e politica. E’ quasi una difesa d’ufficio, ben basata sui documenti dell’epoca, quella racchiusa in una lunga relazione, presentata dallo storico Gianmario Ferraris in occasione del congresso storico vercellese del 2002. “Gli anni di governo episcopale di Guala – scrive Ferraris - se analizzati dal punto di vista della sua attività pastorale, lo rivelano come un ecclesiastico attento a promuovere o a riformare i fermenti religiosi che proprio nella seconda metà del secolo XII animarono la società vercellese. Ne sono esempio i suoi interventi per riorganizzare i centri di accoglienza per malati e per pellegrini, nati dal cuore del movimento religioso laicale”.

Sono attive in città di strutture sorte dall’inizio del ‘200, come la chiesa e ospedale del Santo Sepolcro, retti dai monaci Vallombrosiani; un altro ospedale non meglio identificato gestito dai monaci dell’abbazia di Fruttuaria; l’”ospedale dei poveri” annesso alla periferica chiesa di San Graziano; l’ospedale di Sant’Eusebio, dedicato anzitutto ai pellegrini (qui passa la via Francigena o Romea). Più recenti, gli ospedali di San Silvestro, di San Bartolomeo, di San Lazzaro o dei lebbrosi. In via di realizzazione l’ospedale di S. Paolo alla Sesietta, in periferia nei pressi dell’omonimo torrente, al quale il vescovo dedica particolare attenzione. In generale - aggiunge Ferraris - “uno degli aspetti più interessanti dell’episcopato di Guala è proprio il suo intervento nei confronti di esperienze religiose istituzionalmente incerte, che il presule cercherà di dirottare verso soluzioni istituzionali più sicure”. Pur potendo essere definito come vescovo fondamentalmente “affarista”, attento alle fortune della sua famiglia e del suo gruppo sociale, Guala dedica dunque ampie energie nell’indirizzare verso un controllo ecclesiastico più serrato le espressioni della religiosità delle opere che anche nella sua diocesi si presentano cariche di incertezze.

Tra le iniziative nel campo ecclesiastico, le cronache ricordano l’impegno per il santuario di Oropa. All’epoca esistono un priorato con il titolo di San Bartolomeo, e una cappelletta nella quale si tramanda che Sant’Eusebio, in analogia per quanto fatto a Crea, abbia collocato una statua della Madonna. I monaci presenti pare vi dedichino poca attenzione, tanto che i pellegrini si fan sempre più rari. Il vescovo da nuovo vigore al nascente santuario, mandandovi un gruppo di Cisterciensi dall’abbazia di Santa Maria di Lucedio.

Guala Bondoni esce di scena nel 1182, forse deposto dall’arcivescovo di Milano, il quale lo allontana dalla sede - scrive il Cappelletti - “perché ne dilapidava le rendite”. O forse per rinuncia, volendo sottrarsi alle critiche e “trasferendosi poscia in Roma, ove sostenne onorifiche cariche”, o secondo qualche fonte restando a Vercelli come semplice canonico. Non si conosce la data in cui termina il cammino terreno.

aldo timossi - 68