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Verdi gremito per la Cattaneo

Dialogo con il giornalista Gad Lerner

Teatro Verdi interamente gremito domenica scorsa a Pontestura, per salutare l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, di rientro nel Monferrato per dialogare con il giornalista Gad Lerner, sulla sua ultima pubblicazione “Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo”. Un’opera letteraria in cui la Cattaneo, già professore ordinario di Medicina Legale presso l’Università di Milano e direttore del Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense, attraverso le esperienze che la vedono coinvolta con l’Ufficio del Commissario Straordinario per le persone scomparse nell’identificazione dei migranti morti in mare, in particolare per i naufragi di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e del 18 aprile 2015,  racconta come si possa “morire di speranza”.

Un libro per raccontare il tentativo di poche persone, più che di un Paese,  di dare un nome alle vittime dimenticate da tutti e come, i loro corpi, testimonino la violenza e la disperazione del di questo tempo, che troppe volte scorre indifferente al male “altrui”. Una pubblicazione si va oltre l’aspetto tecnico-scientifico, per aprirsi ad una visione umana e sociale, che mai dovrebbe prescindere dalla trattazione delle vite e delle morti umane e, soprattutto, mai dovrebbe fare distinzione tra le nazionalità delle stesse. Eh si, parrebbe di parlare di cose ovvie, eppure non è così. Ancora oggi sono in molti, parlando dei naufraghi provenienti dai Paesi in guerra del contenente Africano, a dire: “ma chi vuoi che li cerchi?”. Come se, per origine, non fossero degni di considerazione, di diritti e di dignità. “Dietro a tutto questo” racconta la Cattaneo, “credo ci sia una profonda ignoranza. Davanti a un’Europa che si dichiara liberale, ci troviamo ancora a parlare di negrieri. “Se ci fossero traghetti e voli charter, che per altro costano molto meno, i soldi non andrebbero ai negrieri, a cui i politici continuano a regalare spazio” ha aggiunto Lerner. “I pochi fondi che ci sono, vengono gestiti anche male” ha aggiunto la Cattaneo, precisando tuttavia, che solo le Fondazioni hanno finora sostenuto l’identificazione dei morti. “Ogni giorno tra i problemi burocratici e quelli politici,  c’è chi ti porta via un pezzo di stomaco, ma risalire all’identità delle persone è un fatto non solamente tecnico-scientifico, altresì sociale e umano, che si estende alla salute mentale dei vivi”.  

Qual è la visione religiosa della medicina legale? “Contrariamente a quanto può apparire” spiega l’anatomopatologa, “l’autopsia è una forma di rispetto, perché contribuisce a ricostruire una storia e dare dignità all’individuo”.  Recuperare l’identità dei profughi morti in mare, vuol anche dire poter produrre certificati di morte, senza i quali, gli orfani minori, non possono venire ricongiunti ai parenti. E’ così che l’apparente macabro mestiere, sebbene raccontato nel volume ricorrendo a meticolosi dettagli visivi e olfattivi, diventa motivazione e convinzione, oltre che “una danza intorno alla morte, l’esatto contrario di ciò che si vede in tv”. Come non entrare dunque in relazione con il cinismo praticando questo mestiere? “Partiamo dalle legge: ai morti dobbiamo dare un nome e una sepoltura. Poi siamo anche medici, con un giuramento da osservare e il bisogno di dare dignità. Tuttavia”, ha concluso il medico legale, “ci sono anche dei risvolti positivi, quelli che parlano di solidarietà e gesti d’amore che ruotano intorno a queste vicende. Sono sempre esperienze che ti cambiano e che ti trasmettono una convinzione in più”.

 Chiara Cane