Notizia »

le visite pastorali - di Aldo Timossi

Per il fatto di essere paese di confine della Diocesi di Casale - poco più a nord-ovest inizia Vercelli - Morano sul Po ebbe decenni orsono il singolare privilegio di essere la prima comunità ad essere visitata da nuovi Vescovi.

Il 13 ottobre 1940 (un anniversario che meriterebbe ricordo, per un grande, coraggioso Pastore; n.d.a.) il treno speciale da Torino, con monsignor Giuseppe Angrisani, fece tappa alla stazione moranese, dove il nuovo Pastore sulla cattedra di Sant’Evasio volle salutare quella prima rappresentanza dei suoi fedeli, accolto dalle Autorità locali e della Commissione Diocesana. A Morano tornerà per la sua ultima visita, domenica 23 maggio 1971, celebrando il rito della Cresima.

Una settimana dopo, ancora la comunità moranese rappresentò la prima tappa in Diocesi del nuovo vescovo, monsignor Carlo Cavalla, accolto dal saluto del sindaco, Mario Vaghetto, e quindi “accompagnato a Casale da una rappresentanza del Capitolo della Cattedrale e da un lungo corteo di macchine”.

Se in questi pur piccoli momenti di vita ecclesiale, si avverte lo spirito di stretta unione di cuori tra il Vescovo ed i fedeli della propria Diocesi, ben diverse cronache possiamo leggere per le visite pastorali dei secoli passati. Emerge talvolta la figura di un vescovo che visita il suo popolo ostentando potere, un vescovo-ispettore e preoccupato di rivendicare onori e diritti, a costo di poco costruttive liti giurisdizionali.

Leggiamo anche nel sito web dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana, che l’Archivio storico della Diocesi di Casale (curato quasi amorevolmente da Manuela Meni, cui si deve anche il riordino dell’archivio esistente nella Casa di riposo casalese), comprende circa 35mila unità archivistiche (fascicoli-registri-volumi), con estremo cronologico addirittura dall’anno 1020, ed un numero consistente di carte riguarda le visite pastorali dei vescovi succedutisi sulla Cattedra di Sant’Evasio, una miniera di notizie che, già da sole, potrebbero fare un buon capitolo di storia del Monferrato.

In effetti, la vista del Vescovo alle parrocchie ha sempre rappresentato una sorta di ispezione, spirituale ma anche più prosaicamente fisica - “visitatio rerum et hominum”, delle cose e delle persone - riguardando anche la situazione degli edifici ecclesiastici, dei conti, degli archivi, dei cimiteri, nonché il comportamento dei religiosi ed il loro rapporto con l’autorità civile. Il Concilio di Trento specificò, tra gli scopi, quelli di estromettere eventuali eresie e correggere i cattivi costumi. Ben più di recente, l’Esortazione apostolica “Pastores gregis” di San Giovanni Paolo II, ha sottolineato la visita come espansione della presenza spirituale del Vescovo tra i suoi fedeli, momento di incontro e ascolto delle persone. E proprio dall’Unità pastorale 1, intitolata al nome dal santo Papa polacco – territorio che comprende Villanova Monferrato, Balzola, Morano Po, nonché le frazioni di Terranova e Casale Popolo – ci viene l’esempio del nuovo spirito della visita.

Il vescovo monsignor Gianni Sacchi ha iniziato il 12 gennaio 2020 nella parrocchiale di Villanova, accompagnato dal vescovo emerito monsignor Luciano Pacomio e dal moderatore dell’UP, canonico Mario Fornaro. Ha concluso due settimane più tardi a Morano, dopo aver dato vita – con il canonico Sandro Luparia e il parroco Taddeo Rapala -  ad una fitta serie d’incontri con Famiglie, giovani e anziani, scolari, sindaci, forze dell’ordine, consigli parrocchiali pastorali ed economici, realtà associative, aziende. Incontri cordiali, dialogo, riflessione, preghiera.

 Per i secoli passati, varie cronache ci offrono, singolare contrasto, scorci di visite sfociate in liti e rivendicazione di prerogative. Senza badare troppo alla misura delle spese imposte alle realtà locali, mentre invece oggi il nuovo canone 398 del diritto canonico stabilisce che il vescovo deve fare “attenzione a non gravare su alcuno con spese superflue”.

Non sappiamo quanto costò in moneta ai Casalesi il “sommo giubilo” con il quale fu ricevuto, nel gennaio 1107, il papa Pasquale II, di ritorno dalla Francia dove aveva sistemato il contrasto per le cosiddette investiture. Immaginabile che il “giubilo” e gli “uffizi d’amore” per una visita addirittura apostolica abbiano richieste spese significative, considerato che lo storico De Conti sottolinea, non a caso, le “strettezze economiche di quei tempi calamitosi”. In cambio degli onori, “perpetue indulgenze”, protezione per i Canonici, “papale benedizione ai popoli accorsi in Casale”, la consacrazione della chiesa cattedrale.

Passano alcuni secoli, durante i quali i vescovi perdono non poco di quella autorità che avevano nel governo temporale. Sono però pur sempre dei potenti, specie agli occhi della parte più umile della popolazione, anche perché sovente figli di famiglie della nobiltà al potere e della ricca borghesia. Esiste un vero e proprio cerimoniale per le visite del Vescovo. Un trattato in tre parti, edito nel 1682, conta oltre mille pagine, e specie per la prima visita dettaglia ogni momento, dall’ingresso in città sulla cavalcatura, cavallo o mula, ai baldacchini, tappeti, percorsi infiorati. Pur raccomandando modestia e parsimonia, per il Vescovo itinerante si spende non poco, specie quando la visita dura diversi giorni! Tocca ai parroci metter mano al borsellino, salvo essere rimborsati in denaro o natura dalla popolazione, con fieno, granaglie, olio, vino, uova. 

Per la diocesi di Casale, nel 1567 viene eletto vescovo il mantovano Ambrogio Aldegati. E’ accolto in città “con grande onore e solennità”, e da li a qualche mese inizia la sua visita pastorale, descritta nei particolari dal De Conti, specie per quanto riguarda la chiesa cattedrale, ben diversa da quella attuale. E’ un tripudio di altari e statue. “Visitò primieramente la cappella di S. Evasio, posta a sinistra di essa chiesa, coll'altare di marmo, con molte statue, cioè quella di s. Evasio in mezzo, a destra quelle di s. Antonio e s. Rocco, a sinistra quelle di s. Bernardino e s. Sebastiano; più sopra, in mezzo, quella di s. Emiliano, a destra s. Proietto, ed a sinistra s. Natale, e più sopra quella della B. V. Maria”. Prosegue il giro minuzioso degli altari, e in sostanza la visita si rivela un censimento dell’esistente!

Allorchè la visita si allarga al contado, con seguito di covisitatori, staffieri, cameriere, cuoco, personaggi vari, non sempre tutto fila liscio. Spesso nell’occhio del ciclone è l’abbazia di Grazzano. Ne sa qualcosa, nel 1645, il vescovo Scipione Agnelli, cui l’abate Guglielmo Callori rifiuta l’accesso al tempio, vantando antichi privilegi, confermati addirittura dalla Santa Sede. Ci riprova nel 1725 Pier Secondo Radicati, al tempo spesso definito come “vescovo Coconato” per via della nascita in quel di Cocconato. Pastore evidentemente non dimentico di nobili origini, quelle che danno potere, è però costretto, proprio a Grazzano, a far rompere dai chierici l’inferriata di una finestra e rompere a colpi di scure una porta, così entrando con la forza nell’immobile e occupare le camere da letto per passarvi la notte. La visita si conclude asportando dal magazzino otto sacchi di grano, quale rimborso per le spese!

In effetti monsignor Coconato non è nuovo a tali forzature. Già nel 1712, a Occimiano, non era riuscito a far aprire la porta della chiesa dei Crociferi (gli odierni Padri Camilliani), replicando con l’interdetto per il tempio e la scomunica per i religiosi! Stranamente diverso il trattamento per l’accesso alla parrocchia di Odalengo. E’ il 1723, e spedisce una lettera a quella comunità, dicendo – scrive De Conti – che “essendosi la sua divina Maestà compiaciuto, dopo 23 anni di vescovato, di porlo in istato di poter far la visita pastorale in questo luogo, ordina a detta Comunità di non far spese superflue, ma parca mensa e niun regalo”.

Ben diversa la vicenda che, nello stesso anno della disavventura grazzanese, lo vede protagonista per definire la visita al convento francescano di Monte Sion, a Mombello. Evidentemente a quei religiosi il Vescovo non ispirava simpatia, dunque fanno trovare nel convento tre sacerdoti estranei, che iniziano una lunga querelle con il delegato vescovile, conclusa con la scomunica dei sacerdoti e di alcuni laici, e l’interdetto alla chiesa. Pentiti dell’accaduto, nei giorni successivi i Francescani porgono scuse al vescovo, e le censure sono ritirate.

Evidentemente il Radicati non ha un buon rapporto con abbazie e chiese conventuali, perché la diatriba su visita e oneri relativi si ripete nei confronti dei Cisterciensi di Lucedio. Siamo nel 1726, e l’abate risponde che non intende sostenere alcuna spesa, anzi, proprio non ha intenzione di ricevere il Vescovo nel monastero. Monsignor Cocconito inizia comunque il pellegrinaggio. Da Casale raggiunge Pobietto, poi si dirige a Leri. Passando per Lucedio, trova la porta dell’abbazia sbarrata, “con un uomo armato di sentinella”. Visitata Leri, “lautamente trattato dagli affittavoli”, torna a Lucedio e qui riesce ad entrare in chiesa, entrando però da una porticina secondaria. Gli onori non sono certo degni del Pastore, il turibolo per incensare è spento, calice e suppellettili “assai vili”, una sedia “assai ordinaria”. Onta grande, in tempi nei quali il monsignore si sposta, per più giorni, con codazzo di collaboratori e inservienti, portandosi magari al seguito vasellame di pregio, spesso ricevuto da folle osannanti e con gran sparo di mortaretti, ospitato per le notti in letti con baldacchino e ricca biancheria! Solita conclusione: interdetto per il tempio e sospensione del parroco, sostituito da quello della vicina Darola.

Si litiga per le spese anche per la successiva visita alle grange di Saletta e Torrione, e stavolta a …tirare sul prezzo è il marchese Giovanni Pio Lodovico Mossi di Morano, la cui famiglia darà alla Chiesa, singolare combinazione, un vescovo, monsignor Vincenzo Maria ((1752–1828). Stanco di essere bistrattato, nella primavera 1728 il Radicati decide di portare le lagnanze addirittura al Pontefice. Benedetto XIII lo riceve e ne ascolta le ragioni, basate sul tentativo esterno di pregiudicare i diritti della Chiesa, nonché sui continui insulti alla dignità vescovile. Gli risponde però di avere pazienza, perchè dalla Corte di Torino han fatto sapere che il Re, indispettito dall’eccessivo zelo del monsignore nei rivendicare diritti e giurisdizioni, lo considera indesiderato nei propri Stati. In effetti, già durante la visita a Leri, i fittavoli che lo avevano ricevuto con grande festa, erano stati ripresi e castigati dai ministri del Re. Risultato dell’accesso a Roma, monsignor Coconato deve accettare il trasferimento alla diocesi di Osimo, dove morirà l’anno successivo! 

Ben diversa accoglienza dimostrano, i diocesani, nei confronti del cardinale Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano, in visita alla parrocchia di Frassineto nel maggio 1765. Invitato a Casale dal Vescovo, al suo arrivo è “incontrato da moltissime carrozze in gala, dal vicario generale, e salutato collo scarico de moschetti, e di dodici pezzi di cannone, col suono generale di tutte le campane della città, incontrato dal Capitolo in cappamagna, omaggiato davanti al palazzo vescovile da uno schieramento di soldati”.

Da questo momento, difficile trovare notizie su “insulti alla dignità vescovile” da parte delle popolazioni. Mala tempora non currunt più per l’Ordinario diocesano. Le visite periodiche si svolgono nel dovuto rispetto. Per tutte, una piccola cronaca - “Il Monferrato” del 28 settembre 1873 - riguarda Tonco, dove “il Municipio, sindaco in testa, tutto sellato e bardato, andò a ricevere ufficialmente monsignor Ferrè. Non mancava nulla, v’era persino la guardia nazionale in gran parata”. Ormai, aggiunge in altra edizione il giornale, “l’Episcopato italiano esercita grande influenza, specie sull’aristocrazia e sulla popolazione delle campagne, dove per lo più la visita pastorale del vescovo è un avvenimento festeggiatissimo”. 

aldo timossi

FOTO. Ingresso del vescovo Angrisani: 19 ottobre 1940-