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Personaggi della Diocesi

Da Varengo-Gabiano, don Valentino Cassini

Son trascorsi 150 anni, da quando la prima missione salesiana partì da Torino per raggiungere l’Argentina. Un gruppo di dieci, con alcuni monferrini, in particolare un sacerdote di Varengo-Gabiano, don Valentino Cassini. Figure poco note e altrettanto poco ricordate, ma fondamentali per la presenza dei Salesiani in quella lontana terra.

Don Bosco ebbe a salutarli l’11 novembre 1875, nella basilica torinese di Maria Ausiliatrice. Si realizzava, secondo le agiografie, un sogno il futuro santo che aveva fatto a 9 anni: “Mi trovavo in una regione selvaggia, totalmente sconosciuta. Incontrai alcuni uomini quasi nudi, di straordinaria altezza e statura, con un aspetto feroce. Vidi apparire un gruppo di missionari, si avvicinarono ai selvaggi con il volto felice”. Sarebbero stati i futuri missionari!

Della prima spedizione facevano parte un chierico, 5 sacerdoti e 4 coadiutori. Tra di loro, con Cassini: Vincenzo Gioia, nato ad Alessandria nel 1854, cuoco e maestro calzolaio; Giuseppe Fagnano, nato nel 1844 a Rocchetta Tanaro, “dottore di belle lettere”; Giovanni Cagliero, presbitero, futuro cardinale, nato a Castelnuovo d’Asti nel 1838; Giovanni Battista Baccino, sacerdote, nato nel 1851 a Giusvalla (confine tra Liguria e Acquese, già Marchesato di Monferrato) vocazione adulta avendo interrotto la scuola per aiutare la propria famiglia nel lavoro dei campi.

Valentino Cassini, nato il 10 aprile 1851 a Varengo (all’epoca comune autonomo, solo nel 1928 aggregato a Gabiano Monferrato) era stato presentato dai genitori a don Bosco nel 1863, in occasione di una delle “passeggiate” del futuro santo tra le colline monferrine. Condotto all'Oratorio torinese di Valdocco, si era entusiasmato dell’ambiente e dell’allegria che vi regnava, e aveva iniziato il percorso di studi verso il sacerdozio. “Sempre di una esattezza e osservanza ammirevoli, umile, pio, sincero, pieno di fede e di carità, amante della povertà, obbediente fino all’eroismo e lavoratore instancabile”.

L’ordinazione quasi in extremis, alla vigilia del viaggio. Saputo che il 3 ottobre 1875 il vescovo di Vigevano Pietro Giuseppe De Gaudenzi avrebbe tenuto sacre ordinazioni nella parrocchiale di Sannazzaro dei Burgundi, don Bosco concorda una trasferta in quella chiesa con il chierico e “discepolo prediletto” Valentino, per ottenerne la consacrazione “e così averlo pronto alla prima partenza dei suoi missionari in America”.

Qualche settimana per imparare un poco di lingua castigliana, quindi (3 novembre) a Roma per l’udienza di saluto da Papa Pio IX. A metà novembre, congedo da Valdocco e prima tappa a Marsiglia, quindi l’imbarco sul piroscafo “Savoie”, “lasciando in patria una madre inconsolabile e fra il rimpianto di una moltitudine di giovani artigiani di cui aveva cura”. Confessa di partire contento e felice in cuore per seguire la volontà di Dio; poi un attimo di smarrimento all’ultimo minuto, ma don Bosco lo rincuora: “Caro don Valentino, parti tranquillo, ci rivedremo, te lo assicuro”.

In Argentina, assegnato al collegio di San Nicolas de los Arroyos, provincia di Buenos Aires, riproduce il clima di Valdocco. Nominato prefetto ed economo del collegio, è instancabile, unendo l’impegno educativo a lunghi giri a cavallo per trovare le piccole comunità rurali. Nel 1877, trasferimento a Buenos Aires, prevosto nella chiesa degli italiani. Al tempo stesso, segue come prefetto la scuola di arti e mestieri nel quartiere cittadino di Almagro, dove ad inizio ’900 sorgerà la grande basilica di Maria Ausiliatrice.

Torna per poco tempo in Italia nel 1887, per accompagnare monsignor Cagliero (vescovo di Magido dal 1884) al letto di Don Bosco morente, così realizzandosi la predizione della partenza: “ci rivedremo”. Durante la breve parentesi ha modo di arrivare a Varengo per sostituire il parroco. Vi torna nel 1896 per abbracciare ancora una volta la vecchia madre. L’anno successivo accompagna in California don Michele Rua, futuro beato e primo successore di don Bosco (il terzo sarà il beato Filippo Rinaldi nativo di Lu Monferrato, seguito da don Pietro Ricaldone di Mirabello). A San Francisco collabora nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo ed è parroco della chiesa del Corpus Domini.

Nel 1903 è ancora in Argentina, al collegio di Bahia Blanca, e vi rimane fino al 1905, quando è destinato alla chiesa di S. Carlo di Buenos Aires, in qualità di viceparroco. E’ questo il più “laborioso campo d'azione di don Cassini, dove si guadagnò la stima di tutti i parrocchiani, che ne ammiravano l'anima piena di abnegazione per il ministero sacerdotale, al quale attendeva generosamente, anche a costo di penosi sacrifici. Non sapeva mai ricusarsi, quando si trattava di salvare un'anima, non disse mai “non posso”, e ciò fino agli ultimi giorni”.

Domineddio lo chiama a se’ il 26 ottobre 1922. Circondato dai superiori della casa, se ne va benedicendo e ripetendo il nome santo che aveva imparato a ripetere all'Oratorio, “quanto sei buona, Maria Ausiliatrice”. “Se l'opera benefica dei Missionari - ebbe a scrivere “El Pueblo” di Buenos Aires -fosse debitamente valorizzata, se si avessero convinzioni adeguate dell'efficacissima azione civilizzatrice e patriottica di questi uomini ammirabili, che si consacrano all'educazione della gioventù povera ed abbandonata, se giungesse fino a loro la gratitudine del paese, a cui servono disinteressatamente, generosamente, si dovrebbe perpetuare nel marmo o nel bronzo anche la memoria di don Valentino Cassini, del virtuoso sacerdote, che della carità si fece uno stemma e del sacrifizio un dovere » . Di fatto un santo sacerdote. Ed è forse riduttivo.

aldo timossi

FOYO. Don Cassini  (primo a destra seduto) con don Rua in California.